I dati sulle ore lavorate dagli occupati nel
settore manifatturiero tra il 2018 e il 2022 mostrano l’andamento di uno degli
indicatori più diretti della capacità produttiva effettivamente messa in campo
dalle imprese, distinto dal mero conteggio delle unità di lavoro a tempo pieno
perché misura la quantità reale di lavoro prestato. L’analisi complessiva
evidenzia variazioni legate a fattori macroeconomici, cicli produttivi,
organizzazione interna e soprattutto agli effetti della pandemia di COVID-19,
che nel 2020 ha prodotto una riduzione significativa delle ore lavorate in
diversi paesi, seguita da recuperi parziali o totali nei due anni successivi.
La Germania, con valori costantemente superiori agli 11 miliardi di ore annue,
rappresenta il caso più rilevante in termini assoluti, riflettendo sia la
dimensione del settore manifatturiero sia la struttura industriale fortemente
orientata all’export. Nel 2018 il monte ore totale era pari a circa 11,9
miliardi, con una ripartizione di circa 4,6 miliardi nelle imprese fino a 249
addetti e 7,28 miliardi nelle grandi imprese. Il 2019 segna un lieve aumento
del totale a 11,97 miliardi, ma con un calo nella componente delle PMI e una
crescita nelle grandi. Nel 2020 l’impatto della pandemia è evidente con una
contrazione a 10,96 miliardi di ore, soprattutto nel segmento delle grandi
aziende. La ripresa è visibile nel 2021 e 2022, con un ritorno a oltre 11,5
miliardi di ore, trainato in misura quasi equilibrata dalle due classi
dimensionali. In Francia i dati sono disponibili solo dal 2021, quando il
totale delle ore lavorate è pari a 5,23 miliardi, con circa 1,96 miliardi nelle
PMI e 3,27 miliardi nelle grandi imprese. Nel 2022 si registra un incremento a
5,36 miliardi, con un aumento in entrambe le categorie, indice di una ripresa
solida e diffusa. In Italia il monte ore parte da 5,44 miliardi nel 2018 e
cresce leggermente nel 2019 a 5,47 miliardi, con una distribuzione intorno ai
due terzi nelle PMI e un terzo nelle grandi imprese. Il 2020 segna una forte
contrazione a 5,03 miliardi, dovuta ai blocchi produttivi e alle restrizioni,
con una riduzione più pronunciata nelle imprese di minori dimensioni. Nel 2021
si osserva un recupero a 5,51 miliardi e nel 2022 si supera la soglia di 5,68
miliardi, con una crescita trainata soprattutto dalle PMI, segnale della
resilienza del tessuto produttivo diffuso. La Spagna presenta un andamento
simile: nel 2018 si contano circa 3,22 miliardi di ore, salite a 3,29 miliardi
nel 2019. Il 2020 porta a una caduta a 3,02 miliardi, con un calo più netto tra
le PMI. Nel 2021 si torna a 3,29 miliardi e nel 2022 si arriva a 3,34 miliardi,
recuperando quasi completamente i livelli pre-crisi. L’Austria mostra una
sostanziale stabilità, passando da 1,049 miliardi di ore nel 2018 a 1,056
miliardi nel 2021 e nel 2022, con un lieve calo nel 2020 a 1,012 miliardi. La
quota delle PMI oscilla tra il 40 e il 42% del totale, con un ruolo costante
nella performance complessiva. In Belgio la dinamica è più marcata: da 662
milioni di ore nel 2018 si passa a 676 milioni nel 2019, per poi scendere a 625
milioni nel 2020, segnale di un impatto significativo della crisi sanitaria. Il
recupero è graduale, con 628 milioni di ore nel 2021 e 675 milioni nel 2022,
quest’ultimo valore vicino al massimo del periodo considerato. I paesi baltici
mostrano valori assoluti molto più bassi ma dinamiche simili. In Estonia si
parte da 185 milioni di ore nel 2018, si cresce leggermente nel 2019, si scende
a 183 milioni nel 2020 e si risale fino a 191 milioni nel 2022, con una quota delle
PMI stabilmente superiore al 75% del totale. In Lettonia si parte da 170
milioni di ore nel 2018, si arriva a 186 milioni nel 2022, con una prevalenza
della componente delle imprese di minore dimensione. In Lituania il totale
varia tra i 339 milioni del 2020 e i 361 milioni del 2022, con un trend in
ripresa costante dopo la contrazione pandemica. La Finlandia mantiene un
profilo molto stabile, con valori attorno ai 490–500 milioni di ore e un’equa
distribuzione tra PMI e grandi imprese, senza variazioni brusche nemmeno nel
2020, segno di una tenuta produttiva significativa. In Portogallo si passa da
1,25 miliardi di ore nel 2018 a 1,27 miliardi nel 2019, per poi scendere a 1,17
miliardi nel 2020 e risalire a 1,24 miliardi nel 2021 e 1,24 miliardi nel 2022.
Anche qui le PMI contribuiscono per oltre il 70% del monte ore, confermando la
centralità delle strutture produttive diffuse. Nei Paesi Bassi i valori
oscillano tra 1,07 miliardi di ore nel 2018 e 1,09 miliardi nel 2022, con un
calo nel 2020 a 1,05 miliardi e una ripresa successiva. La quota delle PMI
resta poco sotto i due terzi del totale. In Grecia il totale delle ore lavorate
cala da 522 milioni nel 2018 a 506 milioni nel 2020, ma nel 2022 segna un
aumento rilevante a 595 milioni, segnalando una ripresa più vigorosa rispetto
alla media europea. In Irlanda, nonostante alcune lacune nei dati iniziali, si
nota un incremento da 444 milioni di ore nel 2020 a 513 milioni nel 2022, segno
di una ripartenza dinamica del settore manifatturiero. Nei paesi più piccoli
come Lussemburgo, Cipro e Malta i valori assoluti sono modesti ma significativi
in rapporto alla dimensione economica. Il Lussemburgo passa da 58 milioni di
ore nel 2018 a 55 milioni nel 2022, con una lieve contrazione complessiva.
Cipro mostra una crescita costante da 60 milioni nel 2018 a quasi 66 milioni
nel 2022. Malta, pur con oscillazioni dovute a variazioni statistiche e
specificità produttive, aumenta da circa 37 milioni di ore nel 2021 a oltre 41
milioni nel 2022. L’analisi congiunta dei dati conferma che la pandemia ha
inciso in maniera trasversale sul monte ore lavorate in tutta Europa, con cali
concentrati nel 2020 e recuperi tra 2021 e 2022, ma con velocità e intensità
diverse a seconda della struttura industriale, del peso delle PMI e della
capacità di adottare strategie di continuità operativa. I paesi con settori
manifatturieri più orientati a produzioni essenziali o ad alta automazione
hanno mostrato riduzioni meno accentuate, mentre quelli con catene del valore
più esposte alle interruzioni internazionali o con forte dipendenza dalla
manodopera diretta hanno subito contrazioni più ampie. La ripartizione tra PMI
e grandi imprese evidenzia come, in molti contesti, le prime abbiano assorbito
una quota maggiore dello shock iniziale, ma abbiano poi guidato il recupero,
soprattutto nei paesi dove il tessuto produttivo è diffuso e radicato
localmente come Italia, Spagna e Portogallo. Al contrario, in economie dove le
grandi imprese hanno un peso predominante, come Germania e Francia, il recupero
è stato più omogeneo tra le due classi dimensionali, ma con una maggiore
stabilità complessiva dovuta alla capacità di queste aziende di gestire meglio
la volatilità della domanda e le interruzioni della supply chain. L’andamento
delle ore lavorate nel manifatturiero tra il 2018 e il 2022 fornisce quindi una
misura concreta degli effetti della crisi sanitaria e della resilienza del
settore, evidenziando sia fragilità strutturali che punti di forza legati alla
diversificazione, all’innovazione e all’organizzazione del lavoro.
Fonte: OCSE
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