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Evoluzione delle imprese nei paesi OCSE e non OCSE dal 2018 al 2023

 

L’insieme di dati presentato copre un arco temporale dal 2018 al 2023, con alcune lacune per certi paesi e anni, e riguarda il numero di imprese suddivise per classi dimensionali (da 1 a 249 addetti e 250 o più addetti) in diversi paesi, sia membri dell’OCSE che non membri. Questa distribuzione consente di osservare non solo l’andamento complessivo del numero di imprese, ma anche la stabilità o la variabilità della composizione dimensionale nei vari contesti economici, evidenziando differenze strutturali e tendenze di lungo periodo.

A livello generale, la grande maggioranza dei paesi mostra una predominanza schiacciante delle imprese di piccola e media dimensione (1-249 addetti), con le aziende di grandi dimensioni che rappresentano una frazione molto ridotta del totale. Questa caratteristica è coerente con la struttura tipica della maggior parte delle economie sviluppate e in via di sviluppo, dove le PMI costituiscono la spina dorsale del tessuto produttivo e occupazionale. Tuttavia, ciò non significa che il peso delle grandi imprese sia irrilevante: in molte economie, pur essendo poche in termini numerici, esse generano una quota sproporzionata di valore aggiunto, esportazioni e investimenti in R&S.

Prendendo ad esempio paesi come Austria, Belgio, Danimarca o Estonia, si nota una sorprendente stabilità dei valori, con variazioni annuali ridotte e un rapporto pressoché costante tra piccole e grandi imprese. L’Austria, ad esempio, passa da 25.024 imprese nel 2018 a 31.721 nel 2022, con le grandi imprese che oscillano sempre intorno alle 500 unità. In Belgio, la dinamica è simile, con una crescita moderata e continua, mentre in Danimarca i valori si mantengono intorno alle 15.500 unità totali, con meno di 200 grandi imprese. Questi casi suggeriscono mercati maturi e relativamente saturi, dove la demografia imprenditoriale non subisce shock rilevanti e le variazioni dipendono più da fattori incrementali che da trasformazioni strutturali.

Al contrario, alcuni paesi mostrano variazioni più marcate, spesso legate a eventi macroeconomici o cicli interni. La Francia, ad esempio, registra una crescita costante dal 2018 (203.013 imprese) al 2023 (258.280 imprese), con le grandi imprese che aumentano leggermente ma restano poco sopra le 1.400 unità. Anche la Turchia è un caso interessante: passa da 395.816 imprese nel 2018 a 465.755 nel 2022, un aumento di circa il 17%, segno di un’espansione significativa del tessuto imprenditoriale, nonostante un contesto economico complesso.

Altri paesi, invece, evidenziano cali o stagnazione. L’Italia, ad esempio, mostra una diminuzione costante, passando da 377.730 imprese nel 2018 a 339.881 nel 2023. Il calo riguarda principalmente le imprese più piccole, mentre quelle con oltre 250 addetti aumentano leggermente, da 1.387 a 1.572. Questo potrebbe essere interpretato come un processo di selezione naturale del mercato, in cui molte micro e piccole imprese cessano l’attività mentre le grandi consolidano la propria presenza. Un trend simile, anche se meno accentuato, si osserva nel Regno Unito, dove il numero totale scende da 138.194 a 133.375 nello stesso periodo.

Il caso della Germania è peculiare. I valori oscillano senza un trend netto di crescita o calo, ma con variazioni significative da un anno all’altro. Si passa da 206.043 imprese nel 2018 a 220.608 nel 2020, per poi tornare a poco più di 201.000 nel 2023. Questa variabilità potrebbe essere in parte legata a cambiamenti nei criteri di rilevazione o a fluttuazioni economiche temporanee, ma anche al fatto che in Germania esiste un forte nucleo di imprese medie ad alta specializzazione, meno soggette a mortalità ma esposte alla ciclicità dei mercati internazionali.

Nei paesi dell’Europa centrale e orientale, i dati mostrano in diversi casi una crescita lenta ma costante. La Polonia, ad esempio, parte da 233.522 imprese nel 2018 e arriva a 241.239 nel 2023, con le grandi imprese stabili attorno alle 1.600 unità. La Slovacchia registra un incremento più marcato, passando da 77.954 a 89.372 imprese nello stesso periodo. In entrambi i casi, la crescita sembra trainata da un tessuto produttivo in espansione e da un contesto favorevole all’avvio di nuove attività, con un ruolo importante delle PMI.

Alcuni dati indicano anche cambiamenti improvvisi che meritano attenzione. La Serbia, ad esempio, mostra una quasi costanza tra il 2018 e il 2020, ma un raddoppio apparente nel 2021, passando da circa 15.600 a oltre 32.000 imprese, per poi calare leggermente. Questo salto potrebbe essere il risultato di una riclassificazione statistica, di un cambiamento nei criteri di conteggio o di un’ondata di registrazioni aziendali in risposta a incentivi governativi. Un fenomeno analogo, anche se meno estremo, si nota in Romania, dove tra il 2020 e il 2021 il numero di imprese aumenta da circa 56.500 a oltre 76.700.

Nei paesi extra-OCSE inclusi nel dataset, le tendenze sono molto variegate. Il Brasile, per gli anni disponibili, mostra un calo costante tra il 2018 e il 2020, seguito da un aumento nel 2021. La Bosnia ed Erzegovina evidenzia una crescita graduale da 10.600 imprese nel 2018 a 12.149 nel 2023. Alcuni microstati o piccole economie, come Malta o Cipro, presentano numeri estremamente stabili, con variazioni di poche decine di unità all’anno.

Un aspetto trasversale a quasi tutti i paesi è che il numero delle grandi imprese resta straordinariamente stabile nel tempo, con oscillazioni minime anche in contesti di forte crescita o calo delle imprese totali. Questo conferma che la creazione o scomparsa di aziende con oltre 250 addetti è un fenomeno raro, spesso legato a fusioni, acquisizioni o crisi aziendali di particolare rilevanza, mentre il dinamismo del tessuto imprenditoriale si concentra quasi esclusivamente nel segmento delle PMI.

Le differenze tra paesi in termini assoluti riflettono ovviamente le dimensioni dell’economia, ma non sempre. Alcune economie relativamente piccole, come la Repubblica Ceca, registrano numeri elevati (oltre 180.000 imprese), mentre altre di dimensioni comparabili, come Portogallo o Grecia, si attestano attorno alle 57.000-69.000 unità. Questo può dipendere dalla struttura settoriale, dal grado di informalità economica e dalle modalità di registrazione delle attività.

Analizzando il periodo pandemico 2020-2021, si osservano reazioni differenti. In alcuni paesi, come Francia e Turchia, il numero di imprese cresce anche durante il 2020, suggerendo una resilienza notevole o un effetto di registrazioni legato a nuove opportunità di business. In altri, come Italia o Regno Unito, la flessione è più evidente e si inserisce in un trend già in corso. In contesti come Canada e Nuova Zelanda, i dati presentano interruzioni o cambi di formato, ma non mostrano cali drastici per gli anni rilevati.

Il dato relativo alle economie baltiche è interessante: Estonia, Lettonia e Lituania presentano numeri relativamente contenuti ma in crescita costante, con incrementi proporzionalmente significativi. La Lituania, ad esempio, passa da circa 21.000 imprese nel 2018 a quasi 25.000 nel 2023, un aumento di oltre il 15% in cinque anni.

Complessivamente, questa serie storica mette in evidenza tre dinamiche principali. Primo, la stabilità del numero di grandi imprese in quasi tutti i contesti, indipendentemente da cicli economici o shock. Secondo, una tendenza alla crescita moderata del numero di PMI nella maggior parte dei paesi, con alcune eccezioni di calo strutturale come in Italia o nel Regno Unito. Terzo, la presenza di salti o variazioni anomale in certi casi, probabilmente dovuti a modifiche metodologiche più che a cambiamenti reali del tessuto produttivo.

L’interpretazione di questi dati richiede dunque cautela: le cifre riflettono non solo la realtà economica, ma anche le definizioni adottate, i criteri di inclusione e la capacità di registrazione statistica di ciascun paese. Tuttavia, il quadro complessivo conferma che il cuore dell’attività economica mondiale resta saldamente nelle mani delle imprese di piccola e media dimensione, e che i cambiamenti più rapidi e visibili avvengono proprio in questo segmento, mentre le grandi aziende, pur numericamente poche, continuano a rappresentare un pilastro stabile e difficilmente scalfibile delle economie nazionali.

 

Fonte: OCSE

Link: data-explorer.oecd.org/vis?fs[0]=Topic%2C1%7CEconomy%23ECO%23%7CCorporate sector%23ECO_COR%23&pg=0&fc=Topic&bp=true&snb=43&df[ds]=dsDisseminateFinalDMZ&df[id]=DSD_SDBSBSC_ISIC4%40DF_SDBS_ISIC4&df[ag]=OECD.SDD.TPS&df[vs]=1.0&dq=A..ENTR.C._T%2BS1T249%2BS_GE250.&pd=2018%2C&to[TIME_PERIOD]=false&vw=tb





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