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PMI e grandi imprese a confronto nel valore aggiunto dell’industria europea

 

L’analisi dei dati relativi al valore aggiunto al costo dei fattori per il settore manifatturiero nei paesi europei tra il 2018 e il 2022 evidenzia dinamiche complesse e differenti a seconda del contesto nazionale e della dimensione d’impresa. Il valore aggiunto rappresenta una misura chiave della ricchezza generata dal processo produttivo, poiché esprime la differenza tra la produzione totale e i consumi intermedi, ovvero ciò che rimane per remunerare lavoro, capitale e imposte nette. Esaminando l’intero quinquennio si osservano impatti significativi della pandemia da COVID-19 nel 2020, seguiti da fasi di ripresa con diversa intensità, a seconda della resilienza dei sistemi produttivi, della specializzazione industriale e delle politiche economiche adottate. In Austria, il valore aggiunto totale è passato da circa 61 miliardi nel 2018 a oltre 71 miliardi nel 2022. Dopo una contrazione nel 2020, il paese ha mostrato una progressiva ripresa guidata in particolare dalle grandi imprese, che hanno contribuito per oltre due terzi al valore complessivo. Le piccole e medie imprese hanno comunque registrato una crescita costante, anche se più contenuta. In Belgio si rileva un andamento simile, con un incremento del valore aggiunto da circa 59 miliardi a oltre 73 miliardi. Anche qui, le grandi imprese si confermano protagoniste, pur con un contributo significativo da parte delle PMI, la cui quota si è mantenuta attorno al 30 per cento. Il caso dell’Estonia è interessante per le dimensioni più contenute ma per la tenuta costante del sistema manifatturiero. Il valore aggiunto è salito da 3,3 miliardi a 4,4 miliardi tra il 2018 e il 2022, con un ruolo decisivo delle PMI che rappresentano oltre il 70 per cento del valore totale. La Finlandia presenta un’evoluzione piuttosto stabile, con una crescita del valore aggiunto che supera i 35 miliardi nel 2022, rispetto ai 29 miliardi del 2018. Anche in questo caso, il contributo maggiore proviene dalle grandi imprese, sebbene le PMI abbiano mantenuto una presenza stabile e crescente. In Francia, l’andamento è più marcato. Dopo un calo nel 2020, il valore aggiunto ha superato i livelli pre-pandemici, passando da 241 miliardi nel 2018 a 276 miliardi nel 2022. Le grandi imprese, come atteso in un contesto produttivo fortemente concentrato, contribuiscono per oltre i due terzi, ma le PMI mantengono una presenza rilevante, stabile in termini assoluti e in leggera crescita. La Germania, cuore manifatturiero d’Europa, mostra i valori assoluti più elevati: da circa 650 miliardi nel 2018 si passa a oltre 773 miliardi nel 2022. Anche qui si registra un calo nel 2020, seguito da una forte ripresa. Le grandi imprese dominano, con oltre il 70 per cento del valore aggiunto, ma anche le PMI crescono, passando da 171 miliardi a quasi 197 miliardi. In Grecia, il valore aggiunto è cresciuto in modo notevole, pur partendo da valori più contenuti: da 11,8 miliardi nel 2018 a quasi 17 miliardi nel 2022. Le PMI contribuiscono in maniera consistente, rappresentando circa la metà del valore complessivo, il che indica un tessuto imprenditoriale diffuso e resiliente. In Irlanda, la crescita è ancora più marcata, grazie alla presenza di grandi multinazionali. Il valore aggiunto è salito da 103 miliardi nel 2018 a 175 miliardi nel 2022. Le grandi imprese sono responsabili di quasi tutto il valore prodotto, mentre le PMI hanno un ruolo molto marginale. L’Italia mostra un’evoluzione significativa. Il valore aggiunto totale passa da 246 miliardi a oltre 306 miliardi, con una ripresa solida dopo la contrazione del 2020. Particolarmente rilevante è il contributo delle PMI, che supera la metà del valore complessivo, confermando il ruolo centrale di questo segmento nel sistema produttivo italiano. Anche in Lettonia e Lituania si osservano tendenze positive. In Lettonia, il valore aggiunto cresce da 2,5 a 3,9 miliardi, con le PMI che forniscono circa il 60 per cento del valore. In Lituania si passa da circa 5 miliardi a oltre 9 miliardi, con un aumento equilibrato tra imprese piccole e grandi. Il Lussemburgo presenta valori modesti ma in crescita. Il valore aggiunto è passato da 3,1 a 3,4 miliardi, con una quota predominante delle grandi imprese. Nei Paesi Bassi, il valore aggiunto aumenta sensibilmente, passando da 74 miliardi a oltre 100 miliardi nel 2022. Le PMI contribuiscono con circa il 45 per cento del valore, a indicare una struttura produttiva relativamente bilanciata. In Portogallo si registra una crescita costante da 22 a 28 miliardi, con le PMI che rappresentano circa i due terzi del totale, sottolineando un’economia industriale molto distribuita. Anche la Slovacchia mostra segnali positivi: da circa 14,8 miliardi nel 2018 si arriva a 18,9 miliardi nel 2022. Le grandi imprese dominano il quadro, ma le PMI mostrano una crescita progressiva. In Slovenia, il valore aggiunto sale da 8,8 a 12 miliardi, con una ripartizione quasi equilibrata tra PMI e grandi imprese, segno di un sistema industriale variegato e dinamico. La Spagna segue un percorso di ripresa simile agli altri grandi paesi. Il valore aggiunto sale da circa 120 miliardi a 145 miliardi. Le grandi imprese hanno un peso maggiore, ma le PMI mostrano una crescita significativa, arrivando a oltre 66 miliardi nel 2022. Tra i paesi non OCSE, Cipro e Malta registrano andamenti positivi. Cipro vede crescere il valore aggiunto da 1,2 a 1,4 miliardi, con un forte ruolo delle PMI. Malta passa da 900 milioni a oltre un miliardo, con una progressiva ripresa anche delle grandi imprese, che avevano un ruolo marginale fino al 2020. In sintesi, il valore aggiunto manifatturiero europeo ha mostrato una capacità di recupero dopo la crisi del 2020, ma con intensità differenti. I paesi con una forte presenza di grandi imprese hanno registrato recuperi più rapidi, ma anche i sistemi basati su PMI hanno saputo reagire, specialmente in contesti caratterizzati da flessibilità e reti territoriali solide. Il confronto tra le classi dimensionali evidenzia una tendenza consolidata: le grandi imprese generano generalmente la maggior parte del valore aggiunto, ma le PMI svolgono un ruolo chiave in termini di resilienza, occupazione e coesione economica. La fase successiva per il settore manifatturiero europeo sarà determinata dalla capacità di integrare digitalizzazione, sostenibilità e competitività internazionale, elementi cruciali per rafforzare il valore aggiunto in un contesto globale sempre più complesso.

Fonte: OCSE

Link: https://data-explorer.oecd.org/vis?fs[0]=Topic%2C1%7CEconomy%23ECO%23%7CCorporate%20sector%23ECO_COR%23&pg=0&fc=Topic&bp=true&snb=43&df[ds]=dsDisseminateFinalDMZ&df[id]=DSD_SDBSBSC_ISIC4%40DF_SDBS_ISIC4&df[ag]=OECD.SDD.TPS&df[vs]=1.0&dq=A.CYP%2BMLT%2BITA%2BSVK%2BESP%2BSVN%2BPRT%2BNLD%2BLUX%2BLTU%2BLVA%2BIRL%2BGRC%2BDEU%2BFRA%2BFIN%2BEST%2BAUT%2BBEL.VAFC.C._T%2BS1T249%2BS_GE250.&pd=2018%2C&to[TIME_PERIOD]=false&vw=tb

Definizione di valore aggiunto. In termini molto semplici, il valore aggiunto corrisponde alla differenza tra la produzione e qualsiasi consumo intermedio; dove il consumo intermedio totale dovrebbe sempre essere valutato ai prezzi di acquisto. In alternativa, il valore aggiunto può essere descritto come la somma del margine operativo lordo e della retribuzione dei dipendenti. Come per la produzione, la valutazione del valore aggiunto può essere effettuata secondo una qualsiasi delle seguenti quattro valutazioni: costi dei fattori, prezzi base, prezzi di mercato e prezzi alla produzione, a seconda del trattamento applicato alle imposte indirette e ai sussidi. La definizione di valore aggiunto è coerente con quella descritta nel Sistema dei Conti Nazionali del 1993 (paragrafi 6.4-5).







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