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Investimenti in terreni industriali: strategie e tendenze nel manifatturiero europeo

 

L’analisi degli investimenti lordi in terreni nel settore manifatturiero tra il 2018 e il 2022 mostra un quadro molto eterogeneo tra i diversi paesi europei, sia in termini di livello assoluto che di andamento nel tempo, influenzato da fattori strutturali, ciclici e, in modo marcato, dagli eventi straordinari degli ultimi anni. In generale, gli investimenti in terreni rappresentano una componente piuttosto ridotta del totale degli investimenti manifatturieri, ma la loro dinamica può fornire indicazioni preziose sulle strategie di espansione fisica, sugli approcci alla localizzazione produttiva e sulla fiducia degli operatori industriali nel contesto macroeconomico e immobiliare.

Partendo dalla Germania, che si conferma tra i principali investitori in termini assoluti, si osserva un valore di 1 296,5 milioni nel 2018, seguito da una contrazione a 841,4 milioni nel 2019, probabilmente legata a un rallentamento generale della domanda industriale e a un clima di incertezza globale dovuto alle tensioni commerciali internazionali di quegli anni. Nel 2020, in piena pandemia, il valore risale a 1 210,9 milioni, segnale di operazioni di acquisizione o di riconfigurazione logistica nonostante la crisi sanitaria, per poi crescere ulteriormente nel 2021 a 1 500,6 milioni e raggiungere nel 2022 il massimo del periodo con 1 858,4 milioni. Questo andamento suggerisce un rafforzamento delle strategie di posizionamento produttivo e un probabile effetto dell’incremento dei prezzi dei terreni industriali nelle aree strategiche.

L’Italia parte nel 2018 con 520,7 milioni e mostra un trend costantemente positivo, con 592,9 milioni nel 2019, 822,2 milioni nel 2020, un balzo significativo nel 2021 a 1 324,8 milioni e un ulteriore incremento nel 2022 fino a 1 372 milioni. La crescita, soprattutto negli ultimi due anni, potrebbe riflettere non solo l’espansione fisica della capacità produttiva, ma anche investimenti legati a politiche di rilocalizzazione di filiere produttive e al rafforzamento delle infrastrutture industriali, sostenuti da incentivi pubblici e fondi europei del PNRR. L’aumento nel biennio 2021-2022 coincide inoltre con un mercato immobiliare industriale più dinamico e con un maggiore orientamento verso la proprietà diretta dei siti produttivi.

La Spagna presenta valori significativi e in crescita costante: da 660,3 milioni nel 2018 a 809,4 milioni nel 2019, una lieve flessione nel 2020 a 727,3 milioni, seguita da un deciso recupero a 863,9 milioni nel 2021 e un ulteriore incremento a 961,3 milioni nel 2022. Qui si evidenzia una resilienza notevole, con un rimbalzo rapido dopo l’impatto pandemico. È probabile che parte di questi investimenti sia legata all’espansione di poli logistici e di stabilimenti di produzione in settori trainanti come l’automotive, l’agroalimentare e le energie rinnovabili.

I Paesi Bassi mostrano un andamento meno volatile ma con livelli più contenuti rispetto a Germania, Italia e Spagna. Nel 2018 si registrano 190,1 milioni, con una lieve flessione negli anni successivi fino a 150,4 milioni nel 2020, e poi una ripresa a 215,4 milioni nel 2021. Il 2022 vede un leggero calo a 209,8 milioni. Questa stabilità relativa può essere spiegata dalla minore disponibilità di nuovi terreni industriali, dalle politiche di pianificazione territoriale restrittive e dall’elevata densità di utilizzo del suolo nei Paesi Bassi, che rendono le operazioni di acquisizione più selettive e spesso più legate a ristrutturazioni di siti esistenti che a espansioni ex novo.

Il Belgio, con valori tra i 142,4 milioni del 2020 e i 255,7 milioni del 2018, evidenzia un calo marcato nel triennio iniziale, con un minimo durante la pandemia, seguito da un parziale recupero negli anni successivi. Gli importi restano comunque relativamente bassi rispetto ai grandi paesi manifatturieri, e ciò può essere correlato alla dimensione più ridotta del mercato e a una strategia industriale orientata maggiormente alla riqualificazione di aree esistenti piuttosto che all’acquisizione di nuovi lotti.

Un caso peculiare è la Francia, che non presenta dati per il triennio 2018-2020, ma registra nel 2021 un improvviso e ingente investimento di 6 884,8 milioni, salito a 7 442,6 milioni nel 2022. Questi valori sono di gran lunga superiori a quelli di tutti gli altri paesi e fanno ipotizzare operazioni straordinarie di acquisizione di grandi aree industriali o di riconversione di spazi su vasta scala, forse legate a progetti strategici nazionali o a piani di rilocalizzazione industriale in risposta alle vulnerabilità emerse nelle catene di approvvigionamento globali durante la pandemia.

Analizzando i paesi di dimensioni più ridotte, si osserva come l’Austria mantenga valori relativamente stabili tra 125,1 milioni e 189,1 milioni, con un picco nel 2022. L’Estonia, pur partendo da valori molto bassi, presenta una sostanziale stabilità intorno ai 13 milioni annui. La Finlandia mostra invece una forte variabilità, con un minimo di 14,5 milioni nel 2020 e un massimo di 69,9 milioni nel 2022, segno di progetti di investimento più sporadici ma di maggiore entità. La Grecia registra una crescita notevole dal 2020 in avanti, passando da 47,1 milioni a 219,7 milioni in due anni, probabilmente sostenuta da programmi di attrazione di investimenti esteri e da incentivi all’industrializzazione.

L’Italia e la Germania condividono una caratteristica comune: una crescita piuttosto lineare negli ultimi anni, che riflette sia la ripresa economica post-pandemia sia la necessità di adeguare e ampliare le infrastrutture produttive. Tuttavia, la Germania mantiene valori assoluti più elevati e un’incidenza maggiore di operazioni di grande scala, mentre l’Italia mostra una dinamica più progressiva, probabilmente distribuita su un numero più ampio di imprese di media dimensione.

Il contesto complessivo tra il 2018 e il 2022 è influenzato da vari fattori macroeconomici e geopolitici. Prima del 2020, la crescita moderata degli investimenti in terreni era sostenuta da cicli di espansione industriale e dalla disponibilità di credito a basso costo. L’arrivo della pandemia ha temporaneamente rallentato l’attività in molti paesi, ma in diversi casi, come in Italia, Germania e Spagna, il 2020 non ha rappresentato un punto di minimo assoluto, segno che alcuni investimenti erano già pianificati e sono stati portati avanti nonostante le difficoltà. Il biennio 2021-2022 ha visto un’accelerazione in molti paesi, sostenuta da politiche fiscali espansive, fondi di stimolo e un rinnovato interesse verso la sicurezza delle catene di fornitura, che ha spinto molte aziende a consolidare la proprietà di terreni strategici.

L’aumento generalizzato dei prezzi dei terreni industriali, in particolare in aree vicine ai principali nodi logistici e ai corridoi di trasporto europei, ha probabilmente contribuito alla crescita dei valori monetari registrati. Inoltre, la transizione verde e l’espansione di settori come le batterie per veicoli elettrici, l’idrogeno e le tecnologie rinnovabili hanno creato nuova domanda di spazi industriali, spingendo le imprese ad assicurarsi terreni per futuri sviluppi.

In sintesi, i dati mostrano come gli investimenti in terreni nel manifatturiero, pur rappresentando una quota limitata degli investimenti totali, abbiano assunto una rilevanza strategica crescente negli ultimi anni. Le dinamiche variano notevolmente da paese a paese in funzione della dimensione del mercato, della disponibilità di aree industriali, delle politiche di pianificazione e delle strategie di sviluppo settoriale. I grandi paesi industriali come Germania, Italia e Spagna mostrano un incremento costante e significativo, mentre la Francia emerge come un caso eccezionale con investimenti di scala straordinaria nel biennio 2021-2022. Paesi di minori dimensioni economiche mantengono valori più contenuti ma talvolta caratterizzati da picchi legati a specifici progetti. Nel complesso, la tendenza 2018-2022 suggerisce che il possesso e lo sviluppo di terreni industriali siano diventati un tassello importante delle politiche di resilienza e competitività industriale europea, in un contesto di trasformazioni tecnologiche, energetiche e geopolitiche profonde.

 

Fonte: OCSE

Link: https://data-explorer.oecd.org/vis?fs[0]=Topic%2C1%7CEconomy%23ECO%23%7CCorporate%20sector%23ECO_COR%23&pg=0&fc=Topic&bp=true&snb=43&df[ds]=dsDisseminateFinalDMZ&df[id]=DSD_SDBSBSC_ISIC4%40DF_SDBS_ISIC4&df[ag]=OECD.SDD.TPS&df[vs]=1.0&dq=A.CYP%2BMLT%2BITA%2BSVK%2BESP%2BSVN%2BPRT%2BNLD%2BLUX%2BLTU%2BLVA%2BIRL%2BGRC%2BDEU%2BFRA%2BFIN%2BEST%2BAUT%2BBEL.GFLA.C._T%2BS1T249%2BS_GE250.&pd=2018%2C&to[TIME_PERIOD]=false&vw=tb

 

Investimenti lordi in terreni. Gli investimenti lordi in terreni includono gli acquisti di terreni, giacimenti sotterranei, foreste e acque interne. Qualora il terreno venga acquistato insieme agli edifici esistenti e il valore delle due componenti non sia separabile, il totale viene registrato in questa voce se si stima che il valore del terreno superi il valore degli edifici esistenti. Se si stima che gli edifici esistenti abbiano un valore superiore al terreno, il totale viene registrato tra gli investimenti lordi in edifici e strutture esistenti. Sono inclusi anche i terreni semplicemente migliorati mediante livellamento, posa di condotte o realizzazione di sentieri o strade. Sono esclusi i terreni acquisiti attraverso eventi demografici (aziendali) quali fusioni, acquisizioni, scorpori e scissioni.






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