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In vent’anni il sovraccarico abitativo in Italia si è dimezzato: dal 12% medio del 2004 al 6% del 2022



 

 

 

·         In Italia il sovraccarico abitativo cala del 50%, migliorando la sostenibilità economica delle famiglie.

·         Nord e Centro mostrano maggiore stabilità, mentre il Sud resta più vulnerabile ai costi abitativi.

·         Puglia e Veneto guidano il miglioramento, Basilicata e Campania evidenziano ancora criticità strutturali persistenti.

 

 

I dati relativi al sovraccarico del costo dell’abitazione in Italia dal 2004 al 2022 mostrano un quadro complesso e articolato, che riflette le profonde trasformazioni economiche, sociali e territoriali avvenute nel Paese negli ultimi due decenni. Il sovraccarico abitativo, inteso come la quota di popolazione che spende una parte eccessiva del proprio reddito per la casa, rappresenta un indicatore chiave delle condizioni di benessere e di sostenibilità economica delle famiglie. L’analisi dei valori riportati per le varie regioni italiane consente di individuare tendenze generali, differenze territoriali significative e momenti di crisi che hanno inciso in modo diversificato sul territorio nazionale. Nel complesso, si osserva un calo generalizzato del sovraccarico tra il 2004 e il 2022, anche se non in modo uniforme e con alcune oscillazioni legate ai cicli economici e alle dinamiche del mercato immobiliare. Le regioni del Nord mostrano una tendenza più marcata alla riduzione, segno di una maggiore resilienza economica, mentre il Mezzogiorno registra una diminuzione più contenuta o irregolare, dovuta alla persistenza di fragilità strutturali.

In Piemonte, il dato passa da un 12 per cento nel 2004 a un 6 per cento nel 2022, con una variazione assoluta di meno 6 punti e una variazione percentuale del 50 per cento. Ciò indica un miglioramento sensibile delle condizioni abitative, probabilmente legato alla stabilità del mercato immobiliare regionale e a un reddito medio più elevato rispetto alla media nazionale. La Valle d’Aosta, pur con una popolazione ridotta, mostra un andamento altalenante ma complessivamente favorevole, con una riduzione totale del 100 per cento rispetto ai valori iniziali, segno di un contesto socioeconomico forte e di una capacità delle famiglie di sostenere le spese abitative. In Liguria, il sovraccarico scende da 14,6 a 7,6, con una contrazione del 47,9 per cento. Tale miglioramento, tuttavia, si accompagna a oscillazioni notevoli nel tempo, dovute probabilmente alla forte incidenza del mercato immobiliare turistico, che rende le dinamiche dei prezzi molto variabili, specie nelle aree costiere e urbane. In Lombardia la riduzione è del 35,7 per cento, con un passaggio da 12,6 a 8,1, segno di una regione in cui l’alto reddito medio e la maggiore stabilità occupazionale hanno permesso di contenere l’incidenza dei costi abitativi nonostante la pressione dei grandi centri urbani come Milano.

Il Trentino-Alto Adige mostra un miglioramento netto, con una riduzione del 34,7 per cento, passando da 11,5 a 7,5. La regione presenta un mercato abitativo fortemente regolato e politiche pubbliche di sostegno all’alloggio ben strutturate, che probabilmente hanno contribuito a mantenere il fenomeno sotto controllo. Il Veneto, con una riduzione del 65,8 per cento, rappresenta uno dei casi più virtuosi. Il calo da 12,3 a 4,2 indica un miglioramento sostanziale, dovuto sia alla crescita del reddito disponibile sia alla presenza di un tessuto produttivo stabile che ha ridotto l’impatto della crisi economica del 2008 più rapidamente rispetto ad altre regioni. Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna seguono traiettorie simili, con riduzioni rispettivamente del 32,1 e del 57,6 per cento. In entrambe le regioni si nota la capacità di reagire positivamente agli shock economici, sostenute da un mercato del lavoro relativamente solido e da una tradizione di edilizia sociale e cooperativa che ha alleggerito il peso delle spese abitative sulle famiglie. La Toscana registra una riduzione del 48,6 per cento, segno che la regione ha saputo bilanciare la pressione del mercato immobiliare turistico con politiche di sostegno al reddito e un contenimento della crescita dei prezzi in molte aree interne.

L’Umbria e le Marche mostrano riduzioni rispettivamente del 61,9 e del 55 per cento, valori che testimoniano un progressivo miglioramento della sostenibilità abitativa. Tuttavia, si tratta di regioni caratterizzate da un tessuto economico più fragile, e le oscillazioni negli anni centrali della serie indicano una vulnerabilità più elevata nei periodi di crisi economica. Il Lazio, regione fortemente polarizzata dalla presenza di Roma, vede una diminuzione del 46,7 per cento, ma resta su livelli medio-alti rispetto ad altre aree. La capitale, con il suo mercato immobiliare complesso e il peso crescente degli affitti, contribuisce a mantenere elevata la quota di famiglie che faticano a sostenere i costi abitativi. Scendendo lungo la dorsale appenninica, l’Abruzzo mostra un calo del 46,5 per cento, con una progressiva riduzione del sovraccarico abitativo nonostante la crisi sismica e i suoi effetti sull’offerta abitativa in alcune aree. Molise e Basilicata presentano dati più irregolari: nel primo caso la riduzione è del 44,9 per cento, nel secondo del solo 10,5 per cento, segno che la Basilicata non ha beneficiato in modo significativo dei miglioramenti osservati altrove, forse per via della stagnazione demografica e del minor dinamismo economico.

Nel Mezzogiorno emergono differenze importanti. La Campania parte da un livello molto elevato, 15,5 per cento, e pur riducendo il valore a 9,4 nel 2022 registra ancora uno dei tassi più alti d’Italia. La riduzione del 39,3 per cento indica un progresso, ma la persistenza di un sovraccarico significativo riflette i problemi strutturali del mercato abitativo regionale, dominato da redditi bassi e costi relativamente alti in rapporto alla capacità di spesa. La Puglia, invece, si distingue per la maggiore contrazione percentuale tra tutte le regioni, con un calo del 68,4 per cento, passando da 11,1 a 3,5. Questo risultato eccezionale suggerisce che la regione ha sperimentato un forte miglioramento del rapporto tra reddito e costo dell’abitazione, forse grazie a una crescita del reddito disponibile, a un mercato immobiliare più accessibile e a un minore impatto della speculazione. La Calabria riduce del 34,9 per cento, con un andamento oscillante che riflette le difficoltà economiche e sociali persistenti, mentre la Sicilia, pur mostrando una riduzione del 31,6 per cento, mantiene valori ancora alti nel 2022, pari all’8,2 per cento, evidenziando le tensioni tra la domanda e l’offerta di abitazioni in contesti urbani come Palermo e Catania. La Sardegna, infine, riduce il proprio valore del 41 per cento, ma mostra andamenti molto irregolari, probabilmente legati al peso del turismo e alle dinamiche stagionali che influenzano i prezzi delle abitazioni e degli affitti.

Nel complesso, la tendenza nazionale è chiaramente orientata alla diminuzione del sovraccarico abitativo, con un miglioramento che si consolida nel lungo periodo, anche se con differenze territoriali marcate. Il periodo di maggiore riduzione si colloca tra il 2007 e il 2015, quando l’impatto della crisi economica globale e la successiva contrazione dei prezzi immobiliari hanno contribuito a rendere gli alloggi relativamente più accessibili, almeno per chi non ha subito una perdita di reddito significativa. Tuttavia, la ripresa economica e il successivo aumento del costo della vita, specie negli ultimi anni del periodo considerato, hanno rallentato il ritmo del miglioramento. Le regioni settentrionali si confermano complessivamente più stabili, con un equilibrio più favorevole tra reddito e costo della casa, mentre nel Centro e nel Sud la situazione rimane più fragile, anche se in progressivo miglioramento. Le variazioni assolute negative osservate in tutte le regioni segnalano che il problema del sovraccarico abitativo, pur riducendosi, non è stato risolto in modo uniforme e resta una delle principali sfide delle politiche abitative italiane.

Dal punto di vista interpretativo, il calo del sovraccarico abitativo può essere attribuito a diversi fattori. Da un lato, la diminuzione dei tassi di interesse e la maggiore disponibilità di mutui a condizioni vantaggiose hanno favorito l’accesso alla proprietà della casa, riducendo la quota di reddito destinata al pagamento dell’affitto. Dall’altro, la crisi economica ha frenato la crescita dei prezzi immobiliari, rendendo gli alloggi più accessibili per chi disponeva di un reddito stabile. Tuttavia, nelle aree metropolitane e turistiche, il fenomeno della gentrificazione e la diffusione degli affitti brevi hanno avuto effetti contrari, spingendo in alto i costi e creando nuove disuguaglianze. Le regioni che hanno mantenuto un livello elevato di sovraccarico, come Campania, Lazio e Sicilia, sono anche quelle dove la povertà abitativa si intreccia con altri indicatori di disagio economico e sociale, rendendo necessarie politiche mirate.

In sintesi, i dati dimostrano che in Italia, tra il 2004 e il 2022, si è verificato un miglioramento complessivo della sostenibilità abitativa, con un calo significativo del sovraccarico del costo dell’abitazione. Le differenze regionali, tuttavia, restano profonde e riflettono non solo la disomogeneità economica del Paese ma anche la diversa efficacia delle politiche pubbliche e delle dinamiche del mercato locale. Mentre nel Nord la riduzione appare strutturale e legata a fattori di reddito e stabilità, nel Sud il miglioramento è più fragile e intermittente, dipendente dalle congiunture economiche. L’andamento generale suggerisce che le famiglie italiane hanno progressivamente ridotto la quota di reddito destinata alla casa, ma che la questione abitativa rimane centrale per garantire equità e benessere sociale, soprattutto in un contesto di crescente disuguaglianza e pressione sul mercato immobiliare urbano.

 

Fonte: ISTAT

Link: www.istat.it












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