Nel 2023 le famiglie del Nord consolidano il benessere, mentre Campania e Calabria tornano ai livelli più bassi dal 2016
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Il Nord cresce con Trentino e Emilia-Romagna,
mentre il Sud subisce forti contrazioni economiche familiari.
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Tra 2016 e 2023, la ripresa post-pandemia
accentua le disuguaglianze territoriali nel reddito familiare italiano.
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Basilicata, Calabria e Campania registrano i
peggiori crolli, confermando la fragilità economica del Mezzogiorno.
Il quadro della
situazione economica delle famiglie italiane tra il 2016 e il 2023, osservando
l’andamento regionale, mostra una dinamica complessa e disomogenea, influenzata
da fattori macroeconomici, sociali e territoriali. Il periodo analizzato
comprende anni di forte instabilità, attraversati da una lenta ripresa
post-crisi, dagli effetti della pandemia e dall’inflazione successiva legata
alla crisi energetica. Questi eventi hanno inciso in modo diverso sulle regioni
italiane, amplificando alcune divergenze strutturali preesistenti. L’analisi
dei dati evidenzia che il valore medio della “situazione economica della
famiglia” tende a migliorare in molte regioni del Nord e in parte del Centro,
mentre mostra un peggioramento o una stagnazione nel Mezzogiorno, dove
permangono difficoltà economiche e minori capacità di recupero.
Il Piemonte
presenta un andamento altalenante ma complessivamente positivo. Dopo un calo
costante tra il 2016 e il 2019, con un minimo di 27,6, si registra una ripresa
a partire dal 2020, culminata in un valore di 40,3 nel 2022 e 38,2 nel 2023. La
variazione complessiva è di +3,1 punti, pari all’8,83 per cento, segnale di un
recupero robusto nel medio periodo. Simile, ma con risultati migliori, è la
dinamica della Valle d’Aosta, che passa da 32,5 a 36,2, con un incremento
dell’11,38 per cento. Qui l’aumento si concentra soprattutto dopo il 2020,
segno di una ripresa post-pandemica sostenuta da un tessuto economico locale
solido e da una maggiore capacità di attrarre reddito attraverso il turismo e i
servizi.
La Liguria,
invece, registra un andamento più incerto, con un calo netto nel lungo periodo:
da 33,8 nel 2016 a 32 nel 2023, con una flessione del 5,33 per cento. Dopo un
minimo nel 2019, la regione mostra segni di recupero ma non riesce a tornare ai
livelli iniziali. Il rallentamento è imputabile anche alla fragilità del
mercato del lavoro e al progressivo invecchiamento della popolazione, che
riduce la capacità di spesa e di crescita. In Lombardia la situazione è invece
decisamente migliore: il valore passa da 31 a 34,7, con un aumento di 3,7 punti
e una variazione percentuale dell’11,94 per cento. Dopo un calo nel 2019, la
regione riesce a recuperare rapidamente, segno della resilienza del suo sistema
produttivo e della capacità di ripresa economica anche in fasi di crisi.
Il caso del
Trentino-Alto Adige è particolarmente significativo. È la regione che mostra la
crescita più intensa, passando da 20,2 a 32,4, con un incremento del 60,4 per
cento. Dopo anni di valori bassi, la crescita diventa evidente dal 2020 in poi,
riflettendo probabilmente un miglioramento generale della qualità della vita e
del benessere familiare, nonché politiche territoriali efficaci di sostegno al
reddito. Il Veneto, invece, presenta un andamento meno brillante: pur partendo
da un valore elevato nel 2016 (38,1), nel 2023 scende a 34,9, con una
variazione negativa dell’8,4 per cento. Il calo costante fino al 2019 e la
ripresa parziale successiva mostrano un sistema economico che ha sofferto la
crisi ma non è riuscito a consolidare del tutto la ripartenza.
Il
Friuli-Venezia Giulia mostra una tendenza positiva: da 34,9 a 37, con un
incremento di 2,1 punti e una variazione del 6,02 per cento. Dopo anni di calo
fino al 2019, la regione sperimenta una ripresa continua fino al 2023,
probabilmente trainata da settori industriali e tecnologici locali.
L’Emilia-Romagna, invece, rappresenta una delle migliori performance nazionali.
Da 30,5 a 39,7, la crescita assoluta di 9,2 punti corrisponde a un aumento del
30,16 per cento, segno di una regione che ha saputo reagire efficacemente alle
crisi economiche, sostenendo il reddito familiare e l’occupazione. La Toscana
mostra un quadro più stabile, con lievi oscillazioni e una variazione quasi
nulla: da 30,9 a 31,2 (+0,3). Nonostante un miglioramento tra il 2020 e il
2022, la flessione del 2023 annulla gran parte dei progressi, segnalando una
certa fragilità strutturale.
Nel Centro
Italia l’Umbria appare in difficoltà: il valore passa da 40,4 a 34,8, con una
riduzione di 5,6 punti e un calo del 13,86 per cento. Dopo un forte calo nel
periodo 2016-2020, la regione non riesce a tornare ai livelli iniziali,
riflettendo una perdita di potere d’acquisto e di fiducia economica. Anche le
Marche mostrano oscillazioni ma una leggera crescita complessiva: da 34,1 a
34,8, con un modesto +2,05 per cento. Qui la ripresa post-2020 è più evidente,
ma non sufficiente per compensare completamente le difficoltà della fase
precedente. Il Lazio registra invece una variazione negativa: da 34 a 33, con
un calo del 2,94 per cento. Nonostante un andamento relativamente stabile, la
regione non riesce a migliorare sensibilmente le condizioni economiche delle
famiglie, probabilmente a causa del costo della vita elevato e della
concentrazione dei redditi nella capitale.
Nel Mezzogiorno
la situazione appare complessivamente più critica. L’Abruzzo mostra comunque un
progresso, passando da 33,8 a 36,2, con un aumento del 7,1 per cento, segno di
una crescita moderata ma costante. Il Molise, invece, subisce una contrazione
significativa: da 36,8 a 31,3, con una perdita del 14,95 per cento. L’andamento
altalenante con un minimo nel 2019 e una ripresa solo parziale testimonia una
regione in difficoltà economica strutturale. La Campania è una delle regioni
che registra il calo più netto: da 37,4 a 24,7, con una diminuzione di 12,7
punti pari al 33,96 per cento. Nonostante un recupero nel 2021, la tendenza
resta fortemente negativa, probabilmente a causa della fragilità del mercato
del lavoro, dell’elevata disoccupazione e della ridotta capacità di spesa delle
famiglie.
Anche la Puglia
mostra un leggero calo, passando da 34,2 a 32,5, con una perdita del 4,97 per
cento. Dopo un crollo fino al 2019, la ripresa tra il 2020 e il 2022 non è
sufficiente per compensare la perdita iniziale. Il caso più grave è quello
della Basilicata, che passa da 36,8 a 21,4, con una diminuzione del 41,85 per
cento. La regione mostra un andamento costantemente in calo e non riesce a
beneficiare della ripresa post-pandemica, segno di una crisi strutturale
profonda e di una ridotta capacità di sviluppo. Simile è la situazione della
Calabria, che da 40,5 scende a 26,7, con una perdita del 34,07 per cento. Dopo
un periodo di crescita nel 2021 e 2022, il 2023 segna un nuovo peggioramento.
La Sicilia mostra una dinamica intermedia ma comunque negativa: da 43,9 a 37,3,
con un calo del 15,03 per cento. La Sardegna chiude la serie con un leggero
peggioramento, da 39,9 a 38,4 (-3,76 per cento), ma con una discreta stabilità
negli ultimi anni.
Nel complesso,
si osserva una netta differenza tra Nord e Sud. Le regioni settentrionali
tendono a mostrare variazioni positive, trainate da un tessuto economico più
solido e da politiche di sostegno efficaci. Il Trentino-Alto Adige,
l’Emilia-Romagna e la Lombardia emergono come le aree più dinamiche, con
miglioramenti significativi e costanti. Al contrario, il Mezzogiorno evidenzia
una perdita diffusa di benessere economico familiare. Basilicata, Calabria e
Campania registrano le flessioni più gravi, segno di una fragilità strutturale
non ancora risolta. Anche la Sicilia, pur mantenendo valori alti in termini
assoluti, mostra un calo rilevante nel tempo. Le regioni centrali offrono un
quadro misto: alcune, come le Marche e l’Abruzzo, riescono a migliorare
leggermente, mentre altre, come Umbria e Lazio, restano in stallo o in lieve
regresso.
Dal punto di
vista temporale, il periodo 2016-2019 è caratterizzato da un calo generalizzato
in quasi tutte le regioni, probabilmente legato alla lenta uscita dalla crisi
economica degli anni precedenti. Il 2020 segna un punto di svolta con la
pandemia, che provoca inizialmente un peggioramento ma successivamente favorisce,
in alcuni territori, una ripresa dovuta a politiche di sostegno al reddito e ai
consumi. Gli anni 2021 e 2022 rappresentano una fase di miglioramento diffuso,
culminante in picchi positivi in diverse regioni del Nord. Tuttavia, il 2023
mostra segni di rallentamento in molte aree, probabilmente legati all’aumento
dei prezzi e alla riduzione del potere d’acquisto.
In sintesi, la
situazione economica delle famiglie italiane nel periodo 2016-2023 riflette la
persistenza delle storiche disuguaglianze territoriali. Il Nord riesce a
consolidare il recupero, sostenuto da un’economia diversificata e da un mercato
del lavoro più dinamico. Il Centro mostra una maggiore eterogeneità, con realtà
in ripresa accanto a regioni stagnanti. Il Sud, invece, continua a soffrire di
debolezze strutturali che limitano la crescita dei redditi e il miglioramento
delle condizioni di vita. La polarizzazione territoriale rimane dunque una
delle sfide principali per la coesione economica del Paese. La lettura di
questi dati suggerisce che la ripresa non è stata omogenea e che il benessere
delle famiglie italiane resta fortemente condizionato dal contesto regionale,
dalla qualità delle infrastrutture e dall’efficacia delle politiche pubbliche
nel sostenere i redditi e i consumi.
Fonte: ISTAT
Link: www.istat.it 
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