Solo un italiano su undici fa volontariato: la partecipazione scende dal 12,7% al 9,1% in dieci anni
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Nel 2023 solo il 9,1% degli italiani ha svolto
volontariato, segnando un netto calo decennale.
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Le regioni del Nord restano le più attive, ma
perdono slancio rispetto ai valori pre-pandemia.
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Il Mezzogiorno mostra stabilità: pochi
volontari, ma una rete locale di solidarietà ancora resistente.
L’analisi dei
dati sull’attività di volontariato totale in Italia nel periodo compreso tra il
2005 e il 2023 rivela un quadro complesso, segnato da andamenti differenziati
tra le regioni e da fasi alterne che rispecchiano in parte i mutamenti
economici, sociali e culturali del Paese. Nel complesso, il volontariato
rappresenta un indicatore significativo della coesione sociale e della
partecipazione civica; la sua evoluzione nel tempo permette di comprendere le
dinamiche del capitale sociale italiano e le trasformazioni dei comportamenti
collettivi in relazione agli eventi storici degli ultimi due decenni.
Nel primo
periodo analizzato, compreso tra il 2005 e il 2010, si osserva una generale
crescita della partecipazione volontaria, con valori che tendono a consolidarsi
soprattutto nel Nord del Paese. Regioni come il Trentino-Alto Adige, il Veneto
e la Lombardia mostrano già livelli di partecipazione sensibilmente superiori
alla media nazionale, confermando la storica tradizione di associazionismo e
cooperazione sociale radicata nei territori settentrionali. In Trentino-Alto
Adige, per esempio, la percentuale di cittadini impegnati nel volontariato
rimane costantemente sopra il 20%, con un picco nel 2011 (22,5%) e un ulteriore
aumento nel 2016 (24%), il valore più alto dell’intero periodo. Questo dato
riflette una cultura locale fortemente orientata al mutualismo e alla
solidarietà, sostenuta anche da un sistema istituzionale efficiente e da un
tessuto associativo capillare.
Nel Nord-Ovest,
la Lombardia e il Piemonte mostrano dinamiche simili, pur con valori inferiori.
In Lombardia si passa da un 11,5% nel 2005 a un 13,8% nel 2010, segno di una
crescita moderata ma costante. Tuttavia, negli anni successivi, la regione
registra un lento calo, fino a scendere al 9,7% nel 2023. Questo andamento può
essere interpretato alla luce dei cambiamenti strutturali del mercato del
lavoro e dell’aumento della precarietà, che hanno ridotto il tempo e le risorse
disponibili per attività non retribuite. Il Piemonte, che nel 2005 si attestava
al 9,5%, raggiunge il massimo nel 2014 con il 12,6%, ma poi cala
progressivamente fino al 9,1% nel 2023, segnando una variazione negativa del
4,2%. Anche in questo caso si può ipotizzare che la crisi economica del 2008 e
le sue conseguenze abbiano inciso sulla partecipazione volontaria, generando
una contrazione che solo parzialmente si è recuperata negli anni più recenti.
La Liguria
rappresenta un caso interessante di tendenza opposta. Partendo da un valore
piuttosto basso nel 2005 (6,3%), la regione cresce in modo significativo fino a
toccare l’8,7% nel 2023, con un aumento relativo del 38%. Questo miglioramento,
in controtendenza rispetto al calo medio del Nord, potrebbe essere legato alla
crescente presenza di associazioni legate all’assistenza sanitaria, al
volontariato ambientale e al sostegno agli anziani, un tema particolarmente
sentito in una regione caratterizzata da un forte invecchiamento demografico.
Nel Nord-Est,
oltre al già citato primato del Trentino-Alto Adige, anche il Veneto e il
Friuli-Venezia Giulia mostrano tendenze degne di nota. Il Veneto parte da un
livello alto nel 2005 (13,7%) ma perde terreno nel corso del tempo, scendendo
fino al 9,4% nel 2023, con una variazione negativa del 31%. Il Friuli-Venezia
Giulia segue una traiettoria simile: dopo un picco nel 2011 (13,5%), la
partecipazione cala stabilmente, fino al 10,1% nel 2023. Entrambe le regioni,
storicamente caratterizzate da una forte coesione sociale, sembrano aver
risentito della crisi del 2008 e delle trasformazioni successive, con un
progressivo indebolimento del tessuto associativo tradizionale.
Passando
all’Italia centrale, la situazione appare più eterogenea. L’Emilia-Romagna
mantiene valori mediamente elevati, attorno all’11-12% per gran parte del
periodo, ma registra un calo nel 2020-2021, legato probabilmente alle
restrizioni dovute alla pandemia di Covid-19, che hanno interrotto molte
attività associative. Nel 2023 la regione si attesta al 9,2%, con una
variazione negativa di poco superiore al 10%. La Toscana mostra una dinamica
simile, con una partecipazione oscillante tra il 9 e l’11%, ma in declino negli
ultimi anni, fino all’8,6% nel 2023. Anche qui, la contrazione del volontariato
formale potrebbe essere spiegata da una riduzione della disponibilità di tempo
e da un ricambio generazionale non sempre sufficiente a sostenere la continuità
delle organizzazioni.
In Umbria,
invece, si osserva un fenomeno interessante di stabilizzazione e recupero: dopo
valori modesti nei primi anni, la partecipazione cresce nel 2015 (12,8%), cala
successivamente ma torna a salire nel 2023 (8,3%), segnando un incremento del
15% rispetto al 2022. Questo potrebbe riflettere un rinnovato impegno civico
dopo la pandemia, favorito dalla riscoperta delle reti di solidarietà locali.
Le Marche, al contrario, mostrano un declino costante: dal 2005 al 2023 il
tasso di volontariato scende di oltre il 37%, passando dall’11% iniziale al
6,9% finale. È possibile che il sisma del 2016 e le difficoltà economiche
successive abbiano inciso negativamente sulla capacità delle strutture
associative di mantenere continuità e risorse.
Nel Lazio i
livelli di partecipazione restano bassi per l’intero periodo, oscillando tra il
6% e l’8%. Dopo un lieve incremento a metà del decennio scorso, i valori
tornano a calare, chiudendo nel 2023 al 6,3%. Questo andamento suggerisce una
minore propensione alla partecipazione civica nelle aree metropolitane più
grandi, dove la complessità sociale e il ritmo di vita incidono sulla
disponibilità individuale di tempo.
Il quadro del
Mezzogiorno è, come prevedibile, più frammentato ma complessivamente inferiore
alla media nazionale. Tuttavia, non mancano segnali di resilienza e
miglioramento. Tra le regioni del Sud, la Basilicata mantiene una notevole
stabilità, con un valore che rimane sostanzialmente invariato tra il 2005 e il
2023 (7,3%), mostrando una coerenza che suggerisce una solida base di
partecipazione locale, spesso legata a piccole realtà associative. Anche la
Calabria mostra un andamento piatto, intorno al 5–6%, senza variazioni
significative nel tempo.
La Campania, pur
restando su livelli bassi, evidenzia una discreta capacità di recupero dopo le
flessioni più marcate: dai valori inferiori al 5% di metà anni 2000 risale
lievemente, ma chiude il 2023 al 4,8%, con un leggero calo rispetto al 2022. La
Puglia si distingue per una tendenza più positiva, crescendo lievemente fino al
6,4% nel 2023, con un aumento relativo del 3,2%. È probabile che in questa
regione il rafforzamento del terzo settore e l’attivismo giovanile abbiano
contribuito a mantenere una certa vitalità.
Nelle isole, la
Sardegna e la Sicilia presentano andamenti divergenti. La Sardegna registra un
calo complessivo minimo, passando dal 7,8% al 7,7% (-1,2%), e mantiene valori
piuttosto alti rispetto ad altre regioni meridionali, segno di una buona tenuta
del volontariato locale. La Sicilia, invece, pur avendo conosciuto un
incremento nel decennio centrale, scende nel 2023 al 4,6%, perdendo circa il
15% rispetto ai valori precedenti. Ciò indica una maggiore fragilità del
tessuto associativo isolano, probabilmente legata a fattori economici e
strutturali.
Nel complesso,
il confronto tra Nord e Sud resta marcato. Le regioni settentrionali,
nonostante il calo generale, mantengono una partecipazione più elevata, mentre
il Mezzogiorno e le isole restano più indietro. Tuttavia, il dato nazionale
tende alla convergenza: le differenze si riducono non perché il Sud migliori
sensibilmente, ma perché il Nord perde parte del suo vantaggio. La pandemia ha
rappresentato uno spartiacque importante: nel 2020 si registra una flessione
generalizzata, dovuta alla sospensione delle attività in presenza e alla
difficoltà di adattamento delle organizzazioni al contesto digitale. Alcune
regioni, come Umbria e Liguria, mostrano però segnali di recupero più rapidi,
probabilmente grazie a un volontariato più flessibile e meno
istituzionalizzato.
Un ulteriore
elemento da considerare riguarda l’evoluzione qualitativa del volontariato. I
dati quantitativi non colgono la trasformazione dei modelli di partecipazione:
negli ultimi anni si è diffusa una forma di volontariato episodico, legato a
singoli eventi o emergenze, più che a un impegno continuativo. Ciò spiega in
parte il calo delle percentuali registrate, che misurano principalmente l’attività
regolare e formalizzata. L’ingresso delle nuove generazioni nel mondo del
volontariato è spesso caratterizzato da modalità diverse, più orientate alla
digitalizzazione e alle cause ambientali, ma meno strutturate in termini
organizzativi.
In conclusione,
i dati dal 2005 al 2023 descrivono un’Italia in cui il volontariato rimane una
componente essenziale del tessuto sociale, ma attraversa una fase di
trasformazione. Le regioni del Nord, pur in declino, continuano a rappresentare
il motore principale della partecipazione civica; il Centro vive una fase di
assestamento, mentre il Sud mostra segnali di stabilità e in alcuni casi di
lieve miglioramento. Le crisi economiche e sanitarie hanno messo alla prova la
resilienza del settore, ma non ne hanno cancellato la presenza. Il futuro del
volontariato italiano dipenderà dalla capacità di rinnovarsi, coinvolgere le
giovani generazioni e adattarsi a nuove forme di partecipazione più flessibili
e inclusive. In un contesto di crescente individualismo e complessità sociale,
il mantenimento di spazi di solidarietà organizzata rappresenta una delle sfide
più importanti per la coesione del Paese nei prossimi anni.
Fonte: ISTAT
Link: www.istat.it 
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