Nel 2021, i
dati del Country-by-Country Reporting (CbCR) relativi alla distribuzione delle
dimensioni dei gruppi multinazionali (MNE) mostrano una fotografia estremamente
interessante del panorama economico globale. I dati raccolti includono
indicatori fondamentali come i ricavi da parti non correlate, il numero di
dipendenti e gli attivi materiali al netto della liquidità. Analizzando questi
indicatori per differenti paesi e distinguendo la distribuzione per percentili
(5°, 10°, 25°, 50°, 75°, 90°, 95°), emergono alcune tendenze strutturali
profonde.
La prima
osservazione riguarda l'estrema disuguaglianza nella distribuzione delle
dimensioni dei gruppi. In ogni paese analizzato, i gruppi collocati ai
percentili più elevati gestiscono una quantità sproporzionatamente più alta di
risorse rispetto ai gruppi più piccoli. In Australia, ad esempio, un gruppo
multinazionale al 5° percentile genera circa 770 milioni di dollari di ricavi
da parti non correlate, impiega circa 742 persone e possiede 55 milioni di
dollari in attivi materiali. Già a livello del 50° percentile, i numeri
raddoppiano o triplicano: i ricavi mediano si attestano intorno a 2 miliardi di
dollari, con oltre 5400 dipendenti e quasi 1,4 miliardi di dollari in attivi.
Questa crescita si accelera ulteriormente salendo ai percentili più elevati: al
95° percentile, un gruppo multinazionale australiano può vantare ricavi
superiori a 17 miliardi di dollari, con circa 40.000 dipendenti e attivi
materiali superiori ai 17 miliardi di dollari.
La dinamica
osservata in Australia si ripete con variazioni in altri paesi OCSE ed
extra-OCSE. In Francia, ad esempio, la progressione è ancora più marcata. Le
imprese al 95° percentile raggiungono ricavi straordinari di oltre 45 miliardi
di dollari, con un numero di dipendenti superiore a 170.000. Anche in Germania
si registrano andamenti simili, con i gruppi principali che dominano in termini
di ricavi, personale e patrimonio. Questi dati suggeriscono una struttura
altamente concentrata nei mercati multinazionali: poche entità di dimensioni
gigantesche controllano una quota preponderante dell'attività economica.
Un altro
aspetto che emerge chiaramente è la differenza tra economie mature e quelle
emergenti. In paesi come Brasile, Sud Africa e India, pur essendo presenti
dinamiche di concentrazione analoghe, i valori assoluti risultano molto più
contenuti. Tuttavia, il salto percentuale dal 25° al 95° percentile è spesso
addirittura più accentuato rispetto ai paesi OCSE. Questo potrebbe indicare che
nei mercati emergenti esiste una élite di conglomerati che sovrastano
economicamente una base molto ampia di imprese di dimensioni più ridotte.
Guardando ai
dati sul personale, si osserva che nei paesi sviluppati il numero di dipendenti
cresce in maniera meno proporzionale rispetto ai ricavi e agli attivi. Ciò
riflette probabilmente una maggiore automazione, investimenti in capitale
tecnologico e modelli operativi più efficienti. In contrasto, nei paesi
emergenti, la crescita in termini di personale tra percentili è più regolare,
suggerendo che i grandi gruppi si basano ancora in larga parte su una forza
lavoro numerosa.
L'analisi
degli attivi materiali conferma ulteriormente l'ipotesi di settori produttivi
dominanti in certe economie. In Brasile e Sud Africa, ad esempio, l'incidenza
degli asset materiali sui ricavi è sensibilmente più alta rispetto alla media
OCSE, probabilmente a causa della forte presenza di settori come quello
estrattivo, energetico e manifatturiero pesante. Invece in paesi come Irlanda,
Paesi Bassi e Lussemburgo, si osserva una situazione quasi opposta, dove i
gruppi multinazionali manovrano enormi volumi di ricavi con asset materiali
relativamente modesti, caratteristica tipica delle economie basate su servizi
finanziari e attività immateriali.
Il caso
australiano offre spunti particolarmente interessanti. La distribuzione dei
dati suggerisce che l'Australia possiede una struttura multinazionale
relativamente bilanciata rispetto ad altri paesi OCSE. Mentre il salto tra il
5° e il 95° percentile rimane comunque ampio, il numero di dipendenti e il
valore degli attivi ai diversi livelli percentili mostrano una crescita più
regolare rispetto, ad esempio, a quanto osservato in Francia o in Germania.
Questo può indicare che il tessuto multinazionale australiano è meno
polarizzato e più diversificato in termini di dimensioni dei gruppi operanti.
Inoltre, il
valore assoluto degli asset materiali detenuti dai gruppi australiani al 95°
percentile, circa 17 miliardi di dollari, è comparabile a quello dei principali
gruppi tedeschi e canadesi, evidenziando la forza dell'Australia come hub di
investimenti materiali. Tuttavia, rispetto ai giganti europei come quelli in
Francia e Germania, le multinazionali australiane mantengono proporzioni più
contenute in termini di personale, con 40.000 dipendenti contro oltre 100.000.
Questo suggerisce una specializzazione produttiva meno intensiva dal punto di
vista della manodopera, probabilmente dovuta alla forte presenza di settori ad
alta produttività e capitale intensivo come il minerario, l'energia e i servizi
finanziari.
Un altro
elemento che emerge riguarda la comparazione dei dati tra i paesi minori e le
grandi economie. In paesi come Lituania, Marocco e Perù, il valore dei ricavi e
degli asset materiali ai percentili più alti rimane ancora lontano dalle cifre
osservate nei paesi OCSE avanzati. Tuttavia, anche in questi casi, la dinamica
di distribuzione è simile: un piccolo numero di gruppi concentra la gran parte
della ricchezza e delle risorse.
Singolare è
la situazione osservata in Lussemburgo e nei paradisi fiscali come le Isole
Cayman. In questi paesi, i dati evidenziano grandi ricavi associati a un numero
molto contenuto di dipendenti e, in alcuni casi, livelli irrisori di attivi
materiali. Ciò riflette modelli di business basati su operazioni finanziarie e
strutture societarie piuttosto che su attività economiche tradizionali.
Anche in
paesi ad alta industrializzazione come il Giappone e la Corea del Sud, la
progressione dei dati tra percentili rivela uno schema di concentrazione molto
forte. Tuttavia, in questi casi, il numero di dipendenti cresce in misura
significativa, indicando ancora una forte componente manifatturiera nei gruppi
multinazionali di maggiori dimensioni.
Spostandosi
verso economie più giovani o meno sviluppate, come l'Argentina o il Bahrain, la
concentrazione appare meno accentuata in termini di numeri assoluti ma comunque
presente nei pattern di crescita tra percentili. In questi mercati, inoltre, il
rapporto tra attivi materiali e personale risulta spesso più equilibrato,
suggerendo una struttura produttiva meno sbilanciata e maggiormente basata su
settori tradizionali.
Considerando
l'intero spettro dei paesi analizzati, emerge chiaramente come il fenomeno
della concentrazione delle dimensioni aziendali sia una caratteristica
universale. Ovunque, pochi grandi gruppi dominano gran parte delle risorse
economiche, anche se la scala assoluta del fenomeno varia ampiamente da paese a
paese. Questo ha implicazioni profonde non solo per l'economia, ma anche per la
politica fiscale, la regolamentazione internazionale e l'equilibrio competitivo
tra le imprese.
Dal punto di
vista delle politiche pubbliche, i dati suggeriscono che le autorità fiscali
devono prestare particolare attenzione ai gruppi multinazionali al vertice
della distribuzione. Essi rappresentano la parte più consistente della base
imponibile potenziale e al contempo, spesso, dispongono di strumenti
sofisticati per ottimizzare o ridurre la loro imposizione fiscale.
Infine, i
dati mettono in evidenza l'importanza crescente della trasparenza fiscale
globale. La disponibilità di dati CbCR consente di analizzare strutture
societarie, catene di valore e localizzazione delle risorse in modo più chiaro
che in passato, favorendo strategie più eque ed efficaci per combattere
l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili.
In sintesi,
l'analisi dei dati CbCR 2021 sui gruppi multinazionali offre una visione chiara
del panorama economico internazionale contemporaneo: fortemente concentrato, in
rapida espansione ai vertici e molto diversificato nelle sue espressioni
geografiche. Se da un lato questa struttura consente grandi economie di scala e
innovazione, dall'altro pone nuove sfide di governance economica e fiscale che
richiedono attenzione e cooperazione a livello globale.
Fonte: OCSE
Link: https://data-explorer.oecd.org/
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