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Silenzi generazionali: la frattura tra cittadini e istituzioni

 

I dati relativi alla percezione di non avere voce nel governo, suddivisi per fasce d’età e distribuiti tra diversi paesi, offrono una finestra importante sul senso di esclusione politica e sulla distanza percepita tra cittadini e istituzioni. Questa percezione, pur essendo soggettiva, è un potente indicatore della qualità della democrazia e della fiducia nel sistema politico. La tendenza generale che emerge da questi numeri è che, in molti paesi, una parte significativa della popolazione ritiene di non avere alcuna influenza sulle decisioni governative. Questo fenomeno appare trasversale rispetto all’età ma mostra anche delle specificità generazionali e culturali degne di analisi. È particolarmente preoccupante il fatto che in molte nazioni, soprattutto in Europa orientale e in America Latina, i livelli di esclusione percepita siano estremamente elevati, ben oltre il 50% in tutte le fasce d’età, con picchi drammatici tra le persone più anziane.

Prendendo in esame l’Australia, si osserva un graduale aumento della percezione di esclusione con l’età: dal 25,32% tra i giovani si passa al 31,39% tra gli adulti di mezza età e al 43,71% tra gli anziani. Questo andamento suggerisce che, con l’avanzare dell’età, i cittadini australiani si sentono sempre meno coinvolti o ascoltati dal sistema politico. Tuttavia, rispetto ad altri paesi, questi valori sono relativamente contenuti, indicando un grado moderato di sfiducia o insoddisfazione. Al contrario, in paesi come il Belgio la situazione appare ben più grave. Qui si passa da un già elevato 36,65% tra i giovani al 50,99% degli adulti e al 61,11% tra gli anziani. Questo quadro evidenzia un progressivo senso di marginalizzazione che coinvolge soprattutto la popolazione più anziana, forse per una percezione di scarsa rappresentanza o per il disincanto accumulato nel tempo nei confronti delle dinamiche politiche.

Il caso del Canada è altrettanto significativo. Se tra i giovani e gli adulti le percentuali sono vicine (rispettivamente 34,61% e 35,03%), tra gli anziani si osserva un notevole balzo al 48,28%. Questo salto potrebbe indicare che, pur in un sistema considerato democratico e partecipativo, la fascia più anziana della popolazione avverte un forte senso di esclusione. Lo scenario cileno è uno dei più critici: i dati sono altissimi in tutte le fasce d’età, con un 58,22% tra i giovani, 55,72% tra gli adulti e un drammatico 71,54% tra gli anziani. Qui il sentimento di alienazione dal processo politico sembra profondamente radicato e condiviso, a prescindere dall’età, anche se con un peggioramento nella terza età. Probabilmente pesano le crisi politiche recenti, la percezione di corruzione, l’inefficienza istituzionale e le promesse mancate delle riforme.

Anche in Colombia la percezione è molto elevata e cresce con l’età, passando da un già allarmante 54% tra i giovani a quasi il 64,38% tra gli anziani. La situazione in Costa Rica presenta invece un andamento anomalo, con un picco massimo tra gli adulti di mezza età (65,80%) rispetto al 56,88% dei giovani e al 61,32% degli anziani. Questo suggerisce che la fascia centrale della popolazione si senta particolarmente frustrata o priva di potere decisionale, forse per le difficoltà economiche o l’instabilità politica che colpiscono proprio chi è nel pieno della vita attiva.

In Europa centrale e orientale, come nella Repubblica Ceca, in Estonia, in Lettonia e in Slovenia, la percezione di esclusione politica è estremamente diffusa, con valori che spesso superano il 70% tra gli adulti e gli anziani. In particolare, l’Estonia mostra una delle percentuali più alte: ben il 75,52% degli anziani ritiene di non avere alcuna voce nel governo. In Lettonia si arriva addirittura al 76,74%. In Slovenia, il dato raggiunge il 76,44%. Questi numeri rappresentano un campanello d’allarme molto forte: in contesti post-sovietici o post-comunisti, dove la democrazia è relativamente giovane e dove le istituzioni sono spesso percepite come distanti o inefficaci, il legame tra cittadini e sistema politico si rivela ancora fragile, e il rischio di apatia civica e populismo è elevato.

In paesi con tradizione democratica consolidata, come la Danimarca e la Svizzera, i numeri sono molto più contenuti. In Svizzera, solo il 25,74% dei giovani, il 23,06% degli adulti e il 26,38% degli anziani ritengono di non avere voce nel governo. Questo riflette l’efficacia della democrazia diretta elvetica e il coinvolgimento costante dei cittadini attraverso referendum e meccanismi partecipativi. Anche in Danimarca, nonostante un lieve aumento con l’età, le percentuali restano relativamente basse, attestandosi sotto il 40%. Questo rafforza l’idea che una buona progettazione istituzionale, unita alla trasparenza e alla responsabilità politica, può favorire la fiducia e il senso di partecipazione.

Un caso curioso è rappresentato dalla Finlandia, dove la percentuale di giovani che si sentono esclusi (63,17%) è leggermente superiore rispetto a quella degli adulti (62,40%) e degli anziani (69,10%). Questo dato sorprende se consideriamo l’efficienza del sistema finlandese, e potrebbe suggerire che, anche in contesti apparentemente virtuosi, i giovani sentano un divario tra le loro aspettative e le risposte politiche ottenute. In Francia e Germania si registra un quadro intermedio, con valori che oscillano tra il 49% e il 62%, evidenziando una percezione moderata ma significativa di esclusione, che potrebbe essere connessa alle sfide recenti affrontate dai rispettivi sistemi politici, tra proteste sociali, disuguaglianze economiche e polarizzazione ideologica.

Il Regno Unito mostra un andamento interessante. I giovani esprimono la percentuale più alta (70,52%), seguiti dagli adulti (64,15%) e dagli anziani (60,21%). Qui la sfiducia giovanile è particolarmente evidente, probabilmente legata al malcontento per la Brexit e alla sensazione di essere stati esclusi da decisioni fondamentali per il futuro del paese. La popolazione più anziana, pur meno positiva, sembra aver mantenuto un livello più elevato di soddisfazione, forse per aver visto attuarsi decisioni più in linea con le proprie scelte politiche. In Spagna, Portogallo e Svezia, il sentimento di esclusione è anch’esso piuttosto marcato, con una crescita tendenziale tra le fasce più anziane.

Un'eccezione positiva è il Messico, dove le percentuali sono più basse rispetto ad altri paesi, con valori compresi tra il 31% e il 38%. Anche la Nuova Zelanda mostra una buona tenuta, con circa il 40% dei giovani e valori persino inferiori tra adulti e anziani. In Corea del Sud, invece, le percentuali sono piuttosto contenute e uniformi tra i gruppi di età, con circa il 40% della popolazione che esprime un senso di esclusione politica. Questo potrebbe riflettere una visione culturale più pragmatica o una fiducia relativa nella rappresentanza istituzionale, senza che però vi siano picchi di disillusione generazionale.

Il caso dell’Italia rientra tra quelli in cui si osserva un aumento progressivo della percezione di esclusione con l’età, passando dal 47,07% tra i giovani al 64,10% tra gli anziani. In un paese segnato da instabilità politica cronica, discontinuità di governo e un sistema burocratico percepito come opaco, questo dato evidenzia la fatica delle istituzioni a rinnovare il rapporto con i cittadini, in particolare con quelli più anziani, che spesso vedono cambiare i governi senza percepire un miglioramento tangibile nella propria vita quotidiana.

Nel complesso, questi dati indicano che la sensazione di non avere voce nel governo è una realtà diffusa e, in molti casi, allarmante. La dimensione del problema non si limita a una specifica regione o sistema politico, ma attraversa confini geografici e generazionali. Mentre in alcuni paesi questa percezione resta contenuta grazie a sistemi partecipativi inclusivi e trasparenti, in molti altri essa raggiunge livelli tali da compromettere la legittimità percepita del sistema democratico stesso. La sfiducia è spesso maggiore tra le fasce più anziane, che sentono di essere state progressivamente escluse, ma non mancano casi in cui sono i giovani a mostrare i livelli più alti di disillusione, sintomo di una crisi di rappresentanza che potrebbe avere conseguenze a lungo termine sulla partecipazione civica.

Per affrontare questo problema, le democrazie moderne devono investire in meccanismi reali di partecipazione, educazione civica, trasparenza e coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali. La fiducia nel governo non si impone, ma si costruisce attraverso l’ascolto, la coerenza tra promesse e azioni e la capacità delle istituzioni di rappresentare davvero la complessità delle società contemporanee. Quando una larga parte della popolazione sente di non avere voce, la democrazia diventa più fragile, vulnerabile a populismi, astensionismo e polarizzazione. È quindi fondamentale leggere questi dati non solo come un semplice termometro dell’opinione pubblica, ma come un richiamo concreto alla necessità di ricostruire, o rafforzare, il patto tra cittadini e Stato.

 

Fonte: OCSE

Link: www.oecd.org













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