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Lotta all’Erosione Fiscale: Come Cambiano le Regole sulle Controlled Foreign Companies

 

Il fenomeno delle Controlled Foreign Companies (CFC) rappresenta uno degli aspetti centrali nelle moderne strategie di contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva da parte delle imprese multinazionali. I dati relativi al 2024, raccolti su 321 osservazioni internazionali, offrono una fotografia aggiornata e articolata delle politiche adottate nei vari paesi per regolamentare la tassazione dei redditi delle entità controllate estere.

L'adozione di regole CFC è largamente diffusa nelle economie avanzate, a partire dai paesi dell'area OCSE, estendendosi ormai anche a un numero crescente di economie emergenti. Lo scopo principale di queste norme è quello di impedire che le imprese spostino profitti in giurisdizioni a bassa tassazione, mantenendo così l'equità e la base imponibile dei sistemi fiscali nazionali. Se osserviamo il dataset, emerge che paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Giappone hanno da tempo introdotto normative CFC piuttosto sofisticate, le quali si sono evolute nel tempo per tenere il passo con le pratiche di elusione più complesse.

Negli Stati Uniti, la normativa sulle CFC è stata introdotta fin dal 1962, in risposta alle prime grandi multinazionali che cominciavano a sfruttare giurisdizioni off-shore. Le riforme del 2017, con il Tax Cuts and Jobs Act, hanno aggiornato queste regole con il meccanismo del Global Intangible Low-Taxed Income (GILTI), spostando il focus sulla tassazione di redditi intangibili in bassa imposizione. A differenza di altri paesi, gli Stati Uniti non prevedono un'esenzione sostanziale legata all'attività economica reale della CFC, mirando invece a includere una quota significativa dei profitti esteri direttamente nella base imponibile dei soci statunitensi.

L'approccio europeo si distingue invece per l'applicazione della direttiva Anti-Tax Avoidance Directive (ATAD), entrata in vigore nel 2019 in molti stati membri. Paesi come Germania, Francia, Italia e Spagna hanno implementato norme CFC armonizzate, che prevedono generalmente un test di controllo (partecipazione superiore al 50%) e una verifica della tassazione effettiva applicata al reddito estero. Un elemento caratteristico delle regole CFC europee è la previsione di un'esenzione in presenza di "attività economica sostanziale", concetto che riprende il principio espresso nella famosa sentenza Cadbury Schweppes della Corte di Giustizia Europea. Questo significa che se una CFC dimostra di avere una struttura reale con personale, attrezzature e uffici propri, essa può essere esonerata dall'applicazione delle CFC rules.

Dando uno sguardo ai singoli paesi, l'Australia applica regole CFC dal 1990, con criteri rigorosi di controllo che includono anche la nozione di controllo de facto, non solo quello formale. Il regime australiano include un test sull'attività attiva, esentando i redditi derivanti da attività operative reali. Simile è la posizione del Canada, dove la definizione di "foreign affiliate" implica una partecipazione significativa e si applicano criteri basati sia sulla natura dell'attività sia sulla provenienza dei redditi.

Un caso interessante è rappresentato dalla Colombia e dal Cile, che hanno introdotto norme CFC relativamente di recente, nel 2016-2017. Entrambi i paesi adottano criteri misti di controllo e tassazione effettiva, esonerando i redditi da attività operative o soggetti a tassazione sufficiente all'estero. Questa tendenza si riflette nella più ampia adozione delle norme BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) anche in America Latina, segno che il tema della mobilità internazionale dei profitti sta acquisendo centralità anche fuori dal perimetro OCSE.

In Asia, paesi come Giappone, Corea e Indonesia hanno da tempo implementato regole CFC robuste. In particolare, il Giappone, che ha introdotto queste regole nel 1978, ha recentemente aggiornato il proprio framework per essere più in linea con gli standard OCSE. Interessante notare che Corea ed Indonesia applicano criteri molto rigidi, non soltanto valutando il livello di tassazione estera ma anche imponendo condizioni restrittive per escludere i redditi attivi dalle CFC rules.

All'interno dell'Unione Europea, un caso particolare è rappresentato da Irlanda e Lussemburgo. Pur avendo adottato regole CFC sotto la pressione della direttiva ATAD, questi paesi hanno implementato sistemi che continuano a favorire, almeno in parte, la competitività fiscale, prevedendo ad esempio ampie esenzioni per redditi derivanti da genuine attività economiche o livelli di tassazione adeguati.

Non tutti i paesi, tuttavia, applicano regole CFC. Numerose giurisdizioni, soprattutto tra i paesi considerati "paradisi fiscali" o a fiscalità privilegiata, come le Isole Cayman, Bahamas, Bermuda e molti stati africani e caraibici, non hanno adottato normative specifiche. Questa assenza evidenzia ancora una volta le sfide di coordinamento internazionale: l'efficacia delle CFC rules in una singola giurisdizione può essere vanificata dalla facilità di spostare i redditi in paesi che non applicano tali regole.

Un ulteriore elemento di rilievo è il crescente utilizzo dei requisiti di "substantial economic activity" come criterio discriminante. Paesi come Germania, Francia, Italia, Spagna e Svezia, tra gli altri, adottano test sostanziali per evitare che entità puramente di facciata siano esentate dall'applicazione delle regole. Questo approccio mira a contrastare le strutture "letter box" prive di reale operatività, sempre più comuni nel contesto della pianificazione fiscale aggressiva.

Dal punto di vista temporale, i dati mostrano che molti paesi hanno aggiornato o introdotto ex novo le loro regole CFC a partire dal 2017-2019, in risposta all'adozione delle linee guida OCSE e della direttiva ATAD. Ciò denota una forte pressione internazionale per armonizzare i sistemi fiscali e contrastare le pratiche di erosione della base imponibile. È significativo che anche paesi tradizionalmente "laissez-faire" come l'Irlanda e i Paesi Bassi abbiano rafforzato i loro sistemi CFC in questo periodo.

Analizzando i criteri di esenzione, emerge che il livello di tassazione effettiva svolge un ruolo cruciale. Molti paesi prevedono soglie percentuali: ad esempio, in Germania il reddito della CFC è soggetto a tassazione se l'imposta effettivamente pagata è inferiore al 15%, in Italia se inferiore al 50% di quella italiana, in Francia se inferiore al 40% rispetto al livello domestico. Questi criteri tecnici sono fondamentali per determinare se una CFC debba essere inclusa nella base imponibile del soggetto residente.

Dal punto di vista della sostanza, i dati rivelano un crescente allineamento ai principi di attività economica reale. In paesi come l'Estonia, la Lettonia e la Lituania, si pone l'accento sul fatto che i profitti delle CFC siano derivanti da attività autentiche, evitando che le esenzioni vengano concesse a strutture fittizie.

In conclusione, l'analisi dei dati mostra come il tema delle CFC sia diventato un pilastro del moderno diritto tributario internazionale. La diffusione capillare delle regole CFC testimonia il crescente impegno delle nazioni nel proteggere la propria base imponibile in un'economia globalizzata. Tuttavia, l'efficacia di tali misure dipende in larga misura dalla cooperazione internazionale e dalla capacità di adattare rapidamente i sistemi normativi ai nuovi schemi di elusione. Nei prossimi anni sarà interessante osservare come evolveranno queste normative alla luce delle nuove sfide poste, ad esempio, dalla digitalizzazione dell'economia e dalle proposte OCSE sulla global minimum tax.

 

Fonte: OCSE

Link: https://data-explorer.oecd.org/

 


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