Negli ultimi decenni, i servizi digitali hanno assunto un ruolo sempre più centrale nell’economia globale. La diffusione dell’e-commerce, dei servizi cloud, della gestione remota dei dati e della digitalizzazione dei processi produttivi ha portato a un’enorme espansione del volume e della varietà degli scambi internazionali. Tuttavia, l’incremento degli scambi di servizi digitali è accompagnato da una molteplicità di barriere regolatorie, spesso non tariffarie, che ostacolano la libera circolazione dei servizi digitali oltre i confini. Per affrontare queste complessità, l’OCSE ha introdotto l’Indice di Restrizione del Commercio dei Servizi Digitali (Digital STRI), un indicatore che misura la presenza di vincoli normativi, infrastrutturali o operativi al commercio internazionale di servizi digitali. L’indice varia da 0 (nessuna restrizione) a 1 (massima restrizione) e considera cinque dimensioni fondamentali: infrastruttura e connettività, transazioni elettroniche, sistemi di pagamento, diritti di proprietà intellettuale e altri ostacoli regolatori. Nel periodo 2020–2024, i dati mostrano un panorama fortemente eterogeneo. I paesi con un indice vicino a zero, come Canada, Australia, Regno Unito, Norvegia e Giappone, rappresentano economie altamente integrate nel mercato digitale globale, con legislazioni favorevoli, infrastrutture avanzate e standard internazionali condivisi. Al contrario, paesi come Etiopia, Zimbabwe, Kazakistan, Laos e Bosnia-Erzegovina presentano valori elevati dell’indice, evidenziando barriere sistemiche e infrastrutturali. In Europa la situazione è disomogenea: Austria e Polonia hanno indici relativamente alti, mentre Francia e Germania si collocano su livelli medi. Gli Stati Uniti mostrano un indice di 0.061, stabile nel tempo, riflettendo un contesto normativo relativamente aperto ma con alcune restrizioni residue.
Le singole dimensioni del Digital STRI contribuiscono in misura diversa all’indice complessivo. L’infrastruttura e la connettività hanno il maggior peso nei paesi con alti livelli di restrizione. Laos, ad esempio, mostra un valore di 0.436 in questa dimensione, segnalando gravi carenze nelle infrastrutture digitali. Zimbabwe, Kazakistan e Bosnia-Erzegovina seguono con valori compresi tra 0.317 e 0.397. I paesi sviluppati, come Canada, Germania e Stati Uniti, hanno invece valori prossimi a zero, a testimonianza della solidità delle loro reti digitali. Le transazioni elettroniche mostrano valori relativamente stabili e bassi in quasi tutti i paesi, con variazioni minime tra 0.021 e 0.042, indicando che l’accettazione delle transazioni digitali è diffusa, pur con alcune limitazioni legali o tecniche. I sistemi di pagamento presentano valori tra 0.000 e 0.037, con sistemi bancari sviluppati nei paesi avanzati e vincoli normativi in quelli in via di sviluppo. I diritti di proprietà intellettuale sono in gran parte tutelati nella maggior parte dei paesi, come indicato dai valori prossimi a zero. Tuttavia, in alcuni paesi si riscontrano ancora problematiche legate all’applicazione delle norme. Gli “altri ostacoli regolatori” includono norme discriminatorie, requisiti di localizzazione dei dati, licenze complesse e obblighi di partnership con soggetti locali, con impatti significativi soprattutto nei paesi emergenti. Paesi come Cina, India, Russia e Turchia mostrano valori elevati in questa dimensione.
Nel confronto temporale, la maggior parte dei paesi mostra valori stabili. Tuttavia, alcuni evidenziano cambiamenti rilevanti: la Colombia, ad esempio, aumenta il suo indice da 0.259 a 0.281, probabilmente per l’introduzione di nuove normative restrittive. La Finlandia passa da 0.062 a 0.084, mentre Panama registra un aumento significativo da 0.022 a 0.101. Altri paesi con incrementi sono Kenya, Eswatini, Russia, Turchia e Nepal, spesso in risposta a strategie di sovranità digitale o a esigenze di controllo sull’infrastruttura dei dati. In alcuni casi, come in Indonesia o Zambia, si nota un peggioramento repentino nel breve periodo, suggerendo una risposta normativa a pressioni economiche o geopolitiche. D’altra parte, pochi sono i paesi che mostrano un miglioramento dell’indice nel periodo, indicando che le barriere tendono ad accumularsi piuttosto che ridursi.
Tra i paesi con i livelli più bassi di restrizione, troviamo Canada, Australia, Regno Unito, Norvegia, Giappone e Stati Uniti. Questi paesi sono leader nel digitale, grazie a infrastrutture avanzate, normative favorevoli e integrazione nei mercati digitali globali. Le loro economie beneficiano di una strategia orientata all’apertura e alla promozione dell’innovazione. Al contrario, paesi come Kazakistan, Laos, Etiopia e Zimbabwe mantengono barriere elevate, che ostacolano l’accesso ai servizi digitali, riducono la concorrenza e limitano la crescita delle imprese locali. Questo divario digitale ha importanti ripercussioni sulla competitività economica e sulla capacità dei paesi di integrarsi nella nuova economia dei dati.
Nel caso degli Stati Uniti, il valore dell’indice relativamente basso ma non nullo è attribuibile a differenze normative tra stati, disparità di accesso alla rete nelle aree rurali e regolamentazioni complesse in materia di dati. Nonostante ciò, gli Stati Uniti mantengono una posizione di leadership globale, anche grazie al ruolo delle grandi aziende tecnologiche americane. La presenza di alcune restrizioni è legata alla protezione degli asset strategici e alla sicurezza nazionale, in un contesto in cui la sovranità digitale è diventata una questione geopolitica. Il modello statunitense dimostra come sia possibile mantenere un alto grado di apertura commerciale nel settore digitale, pur salvaguardando gli interessi strategici nazionali attraverso una regolamentazione mirata.
L’indice STRI ha importanti implicazioni economiche. Un basso livello di restrizione è correlato a una maggiore competitività economica, a un’attrattività più alta per gli investimenti esteri e a un più ampio accesso della popolazione ai servizi digitali. Al contrario, le barriere possono isolare i paesi, ridurre l’innovazione e ostacolare l’inclusione digitale. Inoltre, l’indice rappresenta uno strumento di policy fondamentale per valutare le performance nazionali e progettare interventi mirati. I paesi che riescono a mantenere l’indice basso, aggiornando nel contempo le normative alla velocità dell’innovazione tecnologica, si pongono in una posizione di vantaggio nell’economia globale. Le scelte regolatorie dovranno dunque bilanciare apertura e sicurezza, interoperabilità e protezione dei dati, competitività e tutela dei consumatori.
In sintesi, il Digital STRI dell’OCSE rivela una forte eterogeneità nella maturità digitale tra i paesi. Mentre alcuni promuovono attivamente l’apertura e l’interoperabilità, altri si concentrano su politiche protezionistiche. In un mondo sempre più connesso, l’abbattimento delle barriere al commercio dei servizi digitali diventerà un elemento chiave per la crescita, la resilienza e la competitività delle economie. I paesi che riusciranno a coniugare apertura, protezione dei dati e innovazione normativa potranno beneficiare maggiormente della rivoluzione digitale in corso. Il Digital STRI si conferma quindi uno strumento indispensabile per guidare le politiche pubbliche, orientare gli investimenti e garantire un futuro digitale più inclusivo e sostenibile.
Fonte: OCSE
Link: https://data-explorer.oecd.org/

Commenti
Posta un commento