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Occupazione e cicli di vita: un’analisi delle disuguaglianze tra giovani, adulti e anziani

 

L'analisi dei tassi di occupazione suddivisi per fasce d'età nei paesi dell'OCSE e in alcune economie emergenti offre uno spaccato significativo sulle dinamiche del mercato del lavoro, rivelando differenze marcate tra giovani, adulti di mezza età e lavoratori anziani. Il dato più evidente riguarda il fatto che, in quasi tutti i paesi considerati, la fascia d'età centrale, ovvero quella tra i 35 e i 54 anni, mostra i tassi di occupazione più alti. Questo segmento rappresenta generalmente il cuore della forza lavoro, poiché comprende individui nel pieno della loro maturità professionale, con competenze consolidate e, spesso, con responsabilità economiche e familiari che incentivano la partecipazione attiva al mercato del lavoro.

In cima alla classifica di questa fascia si trovano paesi come la Slovenia, con un tasso di occupazione dell'89,34%, la Svizzera con l'87,24%, e l'Islanda con l'87,61%, che confermano un'eccellente integrazione della popolazione adulta nel mondo del lavoro. Anche il Giappone, i Paesi Bassi, e la Repubblica Ceca superano ampiamente l'85%, indicando contesti economici dinamici, spesso caratterizzati da politiche attive per l'impiego, elevata domanda di lavoro qualificato, e sistemi di welfare che favoriscono la permanenza nel lavoro.

Tuttavia, non tutti i paesi mostrano lo stesso livello di efficienza occupazionale. La Turchia, ad esempio, si colloca su un livello decisamente più basso con un tasso pari al 63,16%, seguita da paesi dell'America Latina come il Cile (74,96%) e il Messico (74,31%), e da nazioni europee con mercati del lavoro più fragili come la Grecia e l'Italia. Questi dati suggeriscono la presenza di difficoltà strutturali, come l'informalità del lavoro, bassi livelli di innovazione, e difficoltà nell'accesso al mercato per alcune categorie di lavoratori, inclusi i giovani e le donne.

Proprio i giovani, definiti in questo contesto come individui di età compresa tra i 25 e i 34 anni, rappresentano il gruppo più svantaggiato in termini di occupazione. In molti paesi europei, ad esempio, il tasso di occupazione giovanile si mantiene sotto il 30%. Esemplare è la situazione in Belgio, dove solo il 26,5% dei giovani risulta occupato, ma anche in Grecia (18,28%), Italia (20,39%), e Spagna (26,48%) i dati sono molto preoccupanti. Questa condizione riflette spesso un mercato del lavoro rigido, in cui l'accesso è ostacolato da requisiti elevati di esperienza, salari iniziali bassi e una transizione lenta tra istruzione e impiego. Inoltre, la precarietà lavorativa e la disoccupazione giovanile restano fenomeni largamente diffusi in queste realtà.

D'altra parte, alcuni paesi dimostrano una forte capacità di assorbimento della forza lavoro giovanile. I Paesi Bassi, ad esempio, vantano un tasso di occupazione per questa fascia d'età del 76,48%, seguiti dall'Islanda con il 71,68% e dalla Nuova Zelanda con il 61,32%. Anche la Svizzera (61,53%) e l'Australia (65,08%) si attestano su livelli molto alti. Questi paesi condividono alcune caratteristiche fondamentali: mercati del lavoro flessibili, sistemi di formazione professionale ben integrati con il settore produttivo, e politiche attive per l'impiego giovanile che facilitano l'ingresso nel mondo del lavoro.

Per quanto riguarda i lavoratori più anziani, cioè quelli tra i 55 e i 64 anni, i tassi di occupazione mostrano una maggiore variabilità. I valori più alti si registrano in Islanda (81,15%), Nuova Zelanda (78,5%), Giappone (78,74%) e Svezia (78,03%). In questi paesi, la cultura del lavoro prolungato è diffusa e incentivata da sistemi pensionistici che favoriscono la permanenza in attività, nonché da un contesto occupazionale che valorizza l'esperienza. In particolare, l'Islanda rappresenta un caso emblematico per la sua capacità di mantenere alti livelli di occupazione in tutte le fasce d'età, segno di un sistema economico inclusivo e ben bilanciato.

All'opposto, paesi come la Turchia (36,57%), il Lussemburgo (46,34%) e la Costa Rica (50,33%) evidenziano una partecipazione più limitata della popolazione anziana al lavoro. Le ragioni possono essere molteplici: sistemi pensionistici anticipati, salute precaria, scarsa domanda di lavoro tra gli anziani o politiche di invecchiamento attivo poco efficaci. Anche in Europa occidentale si osservano casi intermedi, come quello della Francia (58,42%) o dell'Italia (57,27%), dove il dibattito sulla riforma delle pensioni e sull'invecchiamento attivo è particolarmente acceso.

La comparazione tra le tre fasce d'età mostra una tendenza generale comune: la fascia di mezza età si conferma come il motore del mercato del lavoro, mentre i giovani faticano a entrare e gli anziani a rimanere. Tuttavia, le variazioni tra paesi rivelano che le politiche pubbliche, le condizioni macroeconomiche e i modelli culturali hanno un impatto determinante sulla struttura occupazionale. Paesi con sistemi educativi efficienti, con una forte connessione tra formazione e lavoro, e con politiche attive di inclusione risultano più efficaci nel garantire l'accesso all'occupazione per tutte le fasce d'età. Viceversa, dove il mercato del lavoro è rigido, segmentato o poco dinamico, si riscontrano tassi di disoccupazione giovanile elevati e una precoce uscita dal mercato del lavoro da parte degli anziani.

Infine, è importante sottolineare che questi dati offrono una base solida per sviluppare politiche mirate. Per sostenere l'occupazione giovanile, è fondamentale promuovere la formazione professionale, i tirocini qualificati e l'apprendistato. Per incentivare l'occupazione tra i lavoratori maturi, è necessario ripensare il sistema previdenziale e promuovere una cultura del lavoro più inclusiva verso l'età avanzata. Ogni paese, in base alle sue specificità, può trarre insegnamento dai modelli più virtuosi e costruire strategie di lungo periodo per un mercato del lavoro più equo, efficiente e resiliente.

 

Fonte: OCSE

Link: www.oecd.org

 




 

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