L'analisi
dei dati di Country-by-Country Reporting (CbCR) per il 2021, focalizzata sui
valori medi interquartili delle multinazionali, offre un quadro significativo
delle principali tendenze economiche a livello internazionale. I dati relativi
all'Australia, insieme a quelli di molte altre giurisdizioni, mostrano come si
distribuiscano le attività economiche delle imprese multinazionali in termini
di ricavi, utili, capitale, tasse, dipendenti e asset materiali.
In
Australia, i gruppi multinazionali registrati nel dataset sono 148, con 9.034
entità operative. I ricavi da parti non correlate ammontano in media a circa
1,6 miliardi di dollari, mentre i ricavi da parti correlate si attestano a
circa 53 milioni, portando il totale medio dei ricavi a circa 1,75 miliardi. Il
profitto medio prima delle imposte è di 185 milioni di dollari. Il dato sugli
utili corretti non è disponibile, ma è indicativo osservare che l’imposta sul
reddito pagata su base di cassa è pari a circa 20 milioni di dollari, mentre
quella maturata nell’anno ammonta a circa 28 milioni. Gli asset tangibili,
esclusi i liquidi, sono pari a 1,17 miliardi di dollari, e il numero medio di
dipendenti per gruppo è di circa 3.548.
Comparando
questi dati con quelli di altri paesi, si osservano differenze molto
significative. In Austria, ad esempio, i gruppi multinazionali sono molto meno
numerosi, appena 7, e la dimensione economica media è più contenuta: i ricavi
totali medi si fermano a circa 24 milioni di dollari, i profitti prima delle
imposte a circa 2,6 milioni e l'imposta pagata scende sotto il mezzo milione.
Simile è la situazione del Belgio, dove, nonostante vi siano 15 gruppi, i
valori medi rimangono modesti rispetto all'Australia.
Il confronto
diventa ancora più interessante se si guarda a economie come il Canada o la
Francia. In Canada, con 40 gruppi multinazionali, il ricavo totale medio è di
57 milioni di dollari, con profitti medi di circa 5,8 milioni. I valori
canadesi appaiono significativamente inferiori a quelli australiani, ma con una
rete di entità operative più densa (197 entità contro 148 in Australia). In
Francia, invece, pur con 24 gruppi, i ricavi medi si assestano su 48 milioni di
dollari e i profitti sono di circa 1,3 milioni, segno di una struttura delle
multinazionali francese che appare più distribuita e meno concentrata sui
grandi gruppi rispetto all’Australia.
Guardando
alla Germania, si nota che i 31 gruppi multinazionali registrano in media 29
milioni di ricavi e circa 769.000 dollari di profitto, valori inferiori a
quelli australiani. Tuttavia, la Germania presenta un elevato capitale
accumulato medio, pari a oltre 22 milioni di dollari, anche se con un livello
di utile netto relativamente modesto. Un dato interessante emerge osservando le
poste relative al capitale dichiarato e agli utili accumulati: in diversi paesi
OCSE sviluppati questi valori sembrano slegati dall'attività corrente,
probabilmente a causa di strategie di pianificazione fiscale o finanziaria.
Diverso
ancora è il caso dell’Irlanda, dove si trovano 25 gruppi ma con un’anomalia: il
profitto medio prima delle imposte è negativo, pari a circa -429.000 dollari.
Questo dato, associato a valori relativamente bassi di ricavi totali (10
milioni di dollari) e a un capitale dichiarato estremamente basso, evidenzia
come l’Irlanda continui ad essere una giurisdizione in cui le multinazionali
operano con strutture leggere e un impatto fiscale limitato. Simile è il caso
del Lussemburgo, sebbene con un valore straordinariamente elevato di capitale
dichiarato medio, oltre 49 milioni di dollari, nonostante bassi ricavi e
profitti. L’interpretazione plausibile è che il Lussemburgo ospiti holding e
società veicolo piuttosto che entità operative.
Il dato sui
dipendenti offre un ulteriore livello di comprensione. Mentre in Australia ogni
gruppo multinazionale impiega mediamente circa 3.500 dipendenti, in molti paesi
europei questi numeri sono decisamente più bassi. In Austria e Belgio, per
esempio, il numero medio di dipendenti non supera rispettivamente 16 e 59.
Questo suggerisce una presenza più "leggera" di multinazionali nei
paesi europei continentali rispetto ai paesi anglosassoni.
Anche in
termini di asset materiali, le differenze sono notevoli. In Australia, ogni
gruppo ha asset materiali medi per circa 1,17 miliardi di dollari, mentre in
Francia il valore è di circa 7 milioni, in Germania circa 2 milioni e in Italia
circa 2 milioni. Questo evidenzia come in Australia la presenza multinazionale
sia maggiormente radicata su investimenti materiali concreti.
Espandendo
l'analisi ad altre economie, emergono differenze ancora più marcate. In paesi
come il Messico e la Nuova Zelanda, i ricavi medi per gruppo superano i 30
milioni e 65 milioni di dollari rispettivamente, ma con livelli di profitti
variabili e spesso più bassi rispetto al capitale dichiarato. È interessante
osservare che in Nuova Zelanda, nonostante ricavi medi consistenti, il capitale
dichiarato medio è modesto, segno di operazioni più operative che patrimoniali.
In economie
emergenti come il Brasile o il Sud Africa, il modello cambia radicalmente. Qui
i valori medi di ricavi e profitti sono molto più bassi e, in diversi casi, i
profitti netti risultano negativi o estremamente bassi, suggerendo una
difficoltà maggiore nel realizzare margini di redditività elevati o una più
intensa competizione di mercato.
Tra le
economie asiatiche, emerge il caso della Cina e di Hong Kong. In Cina i ricavi
medi si aggirano intorno ai 10 milioni di dollari, ma con profitti molto bassi,
a indicare la forte pressione concorrenziale nel mercato interno. In Hong Kong
i ricavi medi sono invece più alti, accompagnati da utili più robusti, segno di
un modello operativo più orientato ai servizi e alla finanza.
Passando
alle economie offshore e paradisi fiscali, si osserva una forte distorsione dei
dati. Nei paesi come le Bermuda, le Isole Cayman o la Guernsey, i ricavi
dichiarati sono modesti o inconsistenti, i profitti spesso molto elevati in
rapporto ai ricavi, e i dipendenti e gli asset materiali tendono a essere nulli
o trascurabili. Questo riflette la funzione di tali giurisdizioni come centri
di registrazione finanziaria piuttosto che di operatività economica reale.
Un altro
elemento cruciale è rappresentato dal rapporto tra utili prima delle imposte e
imposte pagate. In molti paesi sviluppati come l'Australia, il Regno Unito o il
Canada, le imposte pagate risultano proporzionali agli utili dichiarati,
evidenziando un rispetto sostanziale delle normative fiscali domestiche. In
altri paesi, invece, specialmente quelli offshore o a fiscalità agevolata, si
osserva una discrepanza significativa tra utile e tassazione, a volte con
aliquote effettive estremamente basse.
Il caso
degli Stati Uniti è forse il più eclatante: con 83 gruppi multinazionali, i
ricavi medi per gruppo sono di circa 230 milioni di dollari, il profitto medio
supera i 12 milioni e il capitale dichiarato si avvicina ai 216 milioni di
dollari. Questi valori sottolineano la dimensione titanica delle multinazionali
statunitensi nel panorama globale.
In sintesi,
i dati CbCR 2021 mostrano un quadro fortemente polarizzato. Da un lato ci sono
grandi economie avanzate che ospitano gruppi multinazionali dotati di
significativi asset materiali e personale numeroso, dall’altro emergono
giurisdizioni offshore caratterizzate da società leggere, con pochi dipendenti
e molto capitale. L'Australia si colloca tra le economie più solide e
bilanciate, con multinazionali caratterizzate da una combinazione consistente
di ricavi, asset materiali e personale, sostenute da livelli di tassazione
coerenti. La struttura emersa dai dati conferma l'importanza di politiche
fiscali coordinate a livello globale per gestire la competizione tra
giurisdizioni e limitare fenomeni di erosione della base imponibile e di
trasferimento degli utili.
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