L’analisi
dei dati riferiti alle aliquote fiscali effettive sui regimi di incentivo alla
spesa a livello internazionale per il 2023 fornisce una visione articolata della
politica fiscale adottata nei diversi paesi, evidenziando sia la struttura
della tassazione sulle imprese sia l’impatto degli incentivi in termini di
sovvenzioni implicite e costo del capitale. La misura dell’aliquota fiscale
effettiva media è utile per comprendere il carico fiscale reale a cui sono
sottoposte le imprese, mentre il valore dell’implicita sovvenzione evidenzia la
presenza di incentivi nascosti, espressi come riduzione effettiva del carico
fiscale rispetto al livello normativo. L’analisi del costo del capitale infine
fornisce indicazioni sul livello minimo di redditività richiesto affinché un
investimento sia economicamente sostenibile dopo la tassazione.
I dati
mostrano come Australia presenti una effective average tax rate del 22,69% con
una sovvenzione implicita di -4,80%, segnalando una certa presenza di incentivi
che riducono l’onere fiscale delle imprese. Austria, con un’aliquota effettiva
del 13,66% e una sovvenzione di -8,40%, si distingue invece per un’imposizione
bassa accompagnata da una sovvenzione elevata che si traduce in un costo del
capitale negativo (-0,14%), implicando che in alcuni casi l’investimento possa
risultare vantaggioso persino prima delle imposte. Un quadro simile si osserva
anche in Belgio, dove l’aliquota effettiva è del 15,23% e la sovvenzione
implicita è pari a -7,60%, riducendo ulteriormente l’onere fiscale sulle
imprese.
Tra i paesi
OCSE, la situazione di Canada, che mostra un effective average tax rate del
17,94% e una sovvenzione di -5,98%, evidenzia una struttura fiscale più
equilibrata rispetto ad altri paesi con incentivi più accentuati. È
interessante osservare come in paesi come Cile e Francia il valore della
sovvenzione implicita risulti molto elevato, rispettivamente -15,16% e -16,86%,
associato però a effective average tax rates molto basse, pari rispettivamente
a 9,38% e 6,73%, a confermare un utilizzo intenso delle politiche di incentivo
fiscale che abbassano il livello di tassazione effettiva. In questi paesi, il
costo del capitale è fortemente negativo, segnalando una convenienza economica
elevata per le imprese nell’effettuare investimenti.
Colombia e
Costa Rica si pongono su un piano diverso. In entrambi i casi la sovvenzione
implicita è pari a zero, segnalando l’assenza di incentivi fiscali significativi,
e le aliquote effettive sono molto elevate, rispettivamente 32,14% e 27,57%, a
indicare che l’onere fiscale rimane sostanzioso. Estendendo l’analisi a paesi
come Estonia e Israele, si nota un pattern simile, con zero sovvenzioni
implicite e aliquote moderate (18% e 21,07%), mentre la struttura di paesi come
Germania o Giappone appare più complessa, con aliquote intermedie
(rispettivamente 18,49% e 19,19%) accompagnate da sovvenzioni negative
significative.
Nei paesi
scandinavi, come Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, l’approccio si
caratterizza per una moderata presenza di incentivi: le aliquote effettive si
mantengono tra il 9,4% e il 16,26% e le sovvenzioni implicite non superano i
-10,83%. Un caso interessante è quello dell’Irlanda, dove l’aliquota effettiva
è addirittura negativa (-3,15%), associata a una sovvenzione molto alta
(-14,60%), segnalando un ambiente fiscale estremamente favorevole agli
investimenti, il che è coerente con la strategia di attrazione di
multinazionali attraverso regimi fiscali competitivi. Una situazione analoga,
seppur meno accentuata, si osserva anche in Lituania e Polonia, entrambe con
aliquote effettive negative e sovvenzioni molto elevate.
Paesi come
Grecia, Portogallo e Spagna presentano aliquote effettive moderate (tra il
7,76% e l’11,06%) ma beneficiano di sovvenzioni molto elevate, il che
suggerisce politiche fiscali tese a stimolare fortemente gli investimenti
attraverso abbattimenti consistenti della base imponibile. Al contrario, la
situazione di paesi come Colombia e Costa Rica, già menzionati, riflette scelte
fiscali meno orientate all’incentivazione, con possibili ripercussioni negative
sulla capacità di attrarre investimenti esteri.
Nel contesto
dei paesi non OCSE, si osservano dinamiche particolarmente interessanti. In
Argentina e Malta, ad esempio, l’aliquota effettiva è molto elevata
(rispettivamente 27,55% e 27,51%) ma non si registrano sovvenzioni implicite,
delineando un ambiente fiscale pesante per le imprese. Diversamente, in Brasile
e Cina l’aliquota effettiva è relativamente più bassa ma le sovvenzioni sono
molto significative (-11,13% e -11,14%), segnalando l’esistenza di politiche
fiscali fortemente incentivanti per investimenti selezionati. Bulgaria e
Croazia mostrano invece aliquote contenute accompagnate da sovvenzioni
limitate, suggerendo regimi fiscali stabili ma poco aggressivi dal punto di
vista delle politiche di incentivo.
Thailandia e
Sudafrica presentano aliquote effettive moderate (9,16% e 17,15%) ma
sovvenzioni negative importanti (-9,08% e -7,29%), configurando sistemi fiscali
in cui gli incentivi possono alterare sensibilmente la convenienza economica
degli investimenti. In particolare, in Thailandia, il costo del capitale
risulta negativo (-0,31%), indicando un forte vantaggio per le imprese che
decidono di investire.
Per quanto
riguarda i paesi europei non appartenenti all’area OCSE, come Romania e Cipro,
si nota una impostazione fiscale orientata a mantenere aliquote basse (intorno
al 10%) con sovvenzioni modeste, mentre paesi come Malta adottano un approccio
molto più gravoso per le imprese in termini di carico fiscale.
La
comparazione tra i diversi sistemi evidenzia come l’utilizzo di incentivi
fiscali sia estremamente variegato. Alcuni paesi privilegiano una riduzione diretta
delle aliquote effettive, altri si concentrano sull’erogazione di sovvenzioni
implicite, mentre altri ancora adottano un approccio misto o addirittura
rinunciano a utilizzare politiche di incentivo fiscale. In generale, i paesi
con aliquote effettive molto basse tendono anche ad avere sovvenzioni implicite
più elevate, amplificando l’attrattività per gli investitori internazionali. Al
contrario, paesi con aliquote elevate e assenza di sovvenzioni possono
risultare meno competitivi, specialmente in un contesto globale caratterizzato
da crescente mobilità dei capitali.
Non si può
ignorare il fatto che sistemi fiscali molto incentivanti possono avere effetti
distorsivi, favorendo determinati settori o tipi di investimento a discapito di
altri, e rischiando di ridurre le entrate pubbliche necessarie per il
finanziamento dei servizi essenziali. Inoltre, il confronto internazionale
evidenzia come la concorrenza fiscale tra stati, sebbene possa stimolare
l’efficienza e l’innovazione, può anche tradursi in una “corsa al ribasso” che
penalizza la sostenibilità finanziaria a lungo termine.
Un aspetto
importante è che i dati presentati riflettono una media nazionale e non tengono
conto delle variazioni regionali o settoriali che possono essere molto
significative in alcuni paesi. Ad esempio, in stati federali come Stati Uniti o
Canada, la pressione fiscale può variare sensibilmente a seconda del livello di
governo subnazionale. Inoltre, l’impatto effettivo degli incentivi fiscali
dipende anche dalla capacità delle imprese di accedervi e dalla complessità
amministrativa associata.
Nel
complesso, l’analisi conferma che, nel 2023, esiste una grande varietà di
approcci alla tassazione delle imprese e agli incentivi fiscali alla spesa.
Alcuni paesi si affidano a strategie di forte incentivazione per stimolare gli
investimenti, altri mantengono sistemi più neutrali. Le scelte effettuate
riflettono priorità politiche differenti: competitività internazionale,
attrazione degli investimenti, equilibrio delle finanze pubbliche, redistribuzione
della ricchezza. In un’ottica prospettica, sarà interessante osservare come
questi diversi modelli evolveranno in risposta alle pressioni globali verso una
maggiore armonizzazione fiscale, soprattutto in seguito agli accordi
internazionali sull’introduzione di aliquote fiscali minime globali per le
multinazionali.
Fonte: OCSE
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