Il dataset
analizzato fornisce una fotografia dettagliata dei sistemi di tassazione sui
dividendi nei principali paesi OCSE e alcuni altri stati avanzati, per l'anno
2025. In particolare, il focus è sui tassi combinati applicabili ai redditi da
dividendo, considerando sia la tassazione a livello societario che quella a
livello personale. I dati tengono conto di vari elementi: l’aliquota
dell’imposta sulle società per i profitti distribuiti, il tasso pre-imposta, le
aliquote sul reddito personale lordizzato, l'eventuale presenza di crediti
d’imposta (imputation system) e il risultato finale netto a carico del
contribuente.
Cominciando
dall'elemento centrale della tassazione, il tasso di imposta sulle società sui
profitti distribuiti, emergono alcune tendenze. I valori oscillano tra il 9%
dell'Ungheria, che continua a mantenere la più bassa corporate tax rate in
Europa, e il 36,13% della Francia, il dato più elevato tra i paesi osservati.
L'Italia si attesta su un 24%, molto vicino alla media europea. È interessante
notare come paesi come l'Irlanda (12,5%) e la Svizzera (19,61%) mantengano
tassi molto competitivi a livello aziendale, coerentemente con il loro
posizionamento come hub per investimenti esteri.
Il concetto
di "grossed-up dividend" permette di comprendere l’effettiva base
imponibile personale, laddove il reddito da dividendi viene incrementato
ipotizzando la tassazione già subita a livello societario. Questo meccanismo è
particolarmente rilevante nei paesi che adottano sistemi di imputazione o
concessione di crediti d'imposta. L'Australia, ad esempio, prevede un
"gross-up" del 142,86%, con una imputation rate del 30%, che consente
agli azionisti di recuperare parte dell’imposta societaria già pagata. Un
modello simile si riscontra in Nuova Zelanda e in parte in Canada.
Analizzando
i tassi di imposizione finale applicati ai dividendi distribuiti, ovvero il
tasso personale sul dividendo lordizzato, emergono differenze significative.
Gli Stati Uniti, ad esempio, applicano una aliquota finale del 28,67%, il Regno
Unito impone il 39,35%, mentre la Francia e la Germania applicano aliquote
rispettivamente del 34% e del 26,38%. La Grecia si distingue per un’imposizione
personale molto bassa (5%), grazie a una politica fiscale fortemente favorevole
agli investitori. L’Estonia e la Lettonia, invece, adottano un modello basato
sulla tassazione esclusiva a livello societario: il reddito da dividendi non è
ulteriormente tassato a livello personale, riducendo l'imposizione effettiva
complessiva.
Le aliquote
combinate personali e societarie sono un importante indicatore della pressione
fiscale totale sui dividendi. Da questa prospettiva, i dati mostrano che paesi
come la Colombia, il Cile e il Messico presentano una tassazione aggregata
molto elevata, superando in alcuni casi il 70%. In Colombia, per esempio,
l'aliquota combinata raggiunge il 48% nominale e il 72,92% se considerata
rispetto al totale delle tasse pagate. Anche la Francia si posiziona nella
fascia alta, con una combined rate del 57,85%, seguita da Germania (48,51%) e
Italia (43,76%).
L’analisi
della quota dell’imposta societaria sul totale delle tasse pagate conferma che
in molti paesi, il fisco si concentra più sulla tassazione a livello personale
piuttosto che aziendale. In Australia, per esempio, il 63,83% del totale del
prelievo fiscale sui dividendi deriva dalla tassazione personale, mentre in
Estonia e Lettonia, al contrario, il 100% del carico è rappresentato dalla
corporate tax, in assenza di ulteriori prelievi personali. Questi modelli
evidenziano filosofie fiscali molto diverse tra i paesi: alcuni, come la
Germania o la Francia, distribuiscono il carico fiscale tra società e
individui, mentre altri preferiscono concentrare la tassazione esclusivamente
sul primo livello, facilitando la distribuzione dei profitti netti agli
azionisti.
Un dato
particolarmente interessante è quello relativo ai paesi che applicano sistemi
di imputation credit, come l'Australia, il Canada e la Nuova Zelanda.
L’imputation system consente di evitare la doppia imposizione sui dividendi,
riconoscendo al contribuente un credito d’imposta equivalente all’imposta
societaria già pagata. Questo modello, sebbene complesso nella sua
applicazione, garantisce una maggiore equità fiscale e stimola la distribuzione
di utili. Tuttavia, molti paesi europei hanno nel tempo abbandonato tali
sistemi, preferendo aliquote personali ridotte o esenzioni parziali sui
dividendi.
Nel contesto
europeo, i paesi nordici come Danimarca, Norvegia e Svezia mantengono una
pressione fiscale elevata sui dividendi, coerente con modelli di welfare state
molto sviluppati. Al contrario, paesi come l'Ungheria e l'Irlanda utilizzano
una tassazione relativamente leggera come leva per attrarre investimenti esteri
e mantenere alta la competitività economica. La Polonia e la Lituania si
collocano in una posizione intermedia, con aliquote moderate e sistemi fiscali
in fase di progressiva armonizzazione agli standard comunitari.
La posizione
degli Stati Uniti è particolarmente significativa. Pur avendo ridotto
l’aliquota societaria dal 35% al 21% con la riforma fiscale del 2017, la
combined rate sui dividendi rimane alta, intorno al 46,91%. Questo risultato
riflette il mantenimento di un'aliquota significativa sulla tassazione dei
dividendi personali, a testimonianza della volontà di limitare l'erosione della
base imponibile e contenere le disuguaglianze di reddito.
In America
Latina, le dinamiche fiscali sono complesse. Il Cile, ad esempio, adotta un
sistema integrato che prevede la possibilità per il contribuente di scegliere
il regime fiscale più conveniente. In Colombia, la pressione fiscale aggregata
è tra le più alte del mondo, fenomeno che riflette da un lato un sistema
fiscale inefficiente, dall'altro la necessità di finanziare una spesa pubblica
elevata in un contesto di sviluppo economico fragile.
Infine,
osservando le tendenze macroeconomiche, emerge che la pressione fiscale sui
dividendi è destinata a crescere nei prossimi anni in molte giurisdizioni. La
pandemia di COVID-19 ha infatti aumentato i disavanzi pubblici e la necessità
di reperire nuove entrate. Alcuni paesi, come Francia, Germania e Italia,
stanno già discutendo possibili aumenti della tassazione sul capitale, inclusi
i dividendi, come misura per finanziare investimenti nella transizione
energetica e digitale. Altri, come gli Stati Uniti, stanno valutando proposte
per aumentare le aliquote sulle plusvalenze e sui dividendi delle fasce di
reddito più elevate.
Tuttavia,
l'equilibrio tra competitività fiscale e necessità di gettito rimane delicato.
Un’aliquota troppo elevata sui dividendi rischia di scoraggiare l’investimento
in capitale di rischio, penalizzando la crescita economica. Al contrario,
sistemi troppo favorevoli potrebbero favorire la pianificazione fiscale
aggressiva e la concentrazione della ricchezza. È probabile che le soluzioni
future prevedano meccanismi più sofisticati di graduazione delle aliquote e
incentivi mirati, per bilanciare equità ed efficienza.
In
conclusione, il panorama globale della tassazione sui dividendi nel 2025 mostra
una grande varietà di approcci. I modelli più competitivi puntano su aliquote
societarie contenute e crediti d’imposta personali per evitare la doppia
imposizione. I modelli più tradizionali distribuiscono il carico tra la
corporate tax e l’imposta personale. In ogni caso, la tassazione dei dividendi
rimane un tema centrale nelle strategie di politica fiscale e continuerà a
essere uno strumento chiave per il finanziamento pubblico e la regolazione
dell'equità sociale ed economica.
Fonte: OCSE
Link: https://data-explorer.oecd.org/
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