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Urbanizzazione e infrastrutture stradali: il peso crescente delle reti urbane nel mondo sviluppato

 

I dati analizzati riguardano vari aspetti delle infrastrutture stradali, coprendo la distribuzione percentuale delle strade urbane e autostradali, gli investimenti infrastrutturali in valore assoluto e in rapporto al PIL, nonché le spese di manutenzione. L'arco temporale va dal 2019 al 2023, offrendo una visione utile delle dinamiche infrastrutturali nei paesi OCSE e in un campione di economie non-OCSE.

Partendo dalla distribuzione del network stradale tra aree urbane e rurali, si osserva che nei paesi sviluppati una porzione significativa delle strade si concentra nei contesti urbani. In Austria, ad esempio, la percentuale di strade urbane è aumentata dal 70% nel 2019 fino a oltre il 72% nel 2021, segno di una crescente urbanizzazione e del potenziamento delle reti viarie cittadine. Simile è la tendenza per Israele, con percentuali costantemente sopra il 57%. Diversa la situazione nei paesi baltici: Estonia e Lettonia mostrano percentuali di strade urbane molto più basse, indicativo di una maggiore presenza di reti viarie esterne o rurali. Paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti mantengono percentuali intorno al 30-37%, mostrando un equilibrio tra viabilità urbana e rurale.

Le autostrade costituiscono una porzione molto più ridotta del totale delle strade, sebbene il loro peso sia molto variabile da paese a paese. In Italia, ad esempio, circa il 3% della rete stradale è costituito da autostrade, un valore superiore alla media europea, mentre paesi come la Francia, la Svezia e il Regno Unito presentano percentuali intorno o inferiori al 1%. In Israele il dato è eccezionalmente alto: un terzo della rete stradale è costituito da autostrade, riflettendo scelte infrastrutturali tese a supportare la mobilità rapida tra i principali centri urbani.

La situazione nei paesi emergenti è ancora più frammentata. In Armenia e Azerbaijan, ad esempio, la percentuale di autostrade raggiunge livelli elevati, sopra il 20%, frutto di politiche infrastrutturali orientate a rafforzare la connettività e stimolare la crescita economica. Tuttavia, in paesi come la Georgia, la presenza di autostrade è ancora marginale.

Sul fronte degli investimenti infrastrutturali, le discrepanze tra paesi sono enormi. In valore assoluto (espresso in dollari costanti pro capite), paesi come Australia, Norvegia e Svizzera mostrano investimenti elevatissimi, con picchi di oltre 800 dollari per abitante nel caso norvegese nel 2019. Al contrario, in paesi come Messico, Albania o Moldova, gli investimenti annuali si aggirano intorno ai 20-60 dollari per abitante, valori che indicano una limitata capacità di espansione o ammodernamento della rete stradale.

È interessante osservare l’andamento di questi investimenti nel tempo: in molti paesi OCSE si registra una leggera diminuzione tra il 2019 e il 2022, attribuibile probabilmente agli effetti della pandemia di Covid-19, che ha ridotto la disponibilità di fondi pubblici o rallentato i progetti infrastrutturali. In Estonia e in Azerbaijan, al contrario, si è assistito a una crescita significativa, sottolineando strategie governative di rilancio economico basate su forti investimenti infrastrutturali.

Analizzando la percentuale degli investimenti stradali rispetto al PIL, emergono ulteriori elementi di riflessione. Paesi come Cina, Georgia e Azerbaijan si distinguono per valori molto elevati, superiori al 2% del PIL annuo dedicato alle strade, indicando una priorità strategica allo sviluppo delle infrastrutture di trasporto come volano di crescita. Nei paesi OCSE, invece, il valore medio si aggira tra lo 0,5% e l'1%, con rare eccezioni come l'Estonia e la Slovacchia, dove gli investimenti hanno raggiunto l'1% o più.

Molto rilevante è anche l'analisi della manutenzione delle infrastrutture, espressa come percentuale della spesa infrastrutturale totale. In paesi come Austria e Italia, la spesa per manutenzione rappresenta più del 60% del totale, segnalando un approccio maturo e responsabile alla gestione delle reti viarie esistenti. Mantenere la qualità delle strade esistenti è infatti spesso più efficiente ed economicamente vantaggioso rispetto alla costruzione di nuove tratte.

Al contrario, in paesi come Turchia, Serbia e Moldova, la quota destinata alla manutenzione è molto più bassa, inferiore al 10-15% in alcuni casi. Questo dato potrebbe indicare priorità governative concentrate sulla costruzione piuttosto che sulla conservazione, o anche carenze sistemiche nei fondi disponibili per la manutenzione programmata.

La spesa di manutenzione appare inoltre più elevata nei paesi ad alta urbanizzazione: la Svizzera, la Svezia e i Paesi Bassi dedicano una porzione importante del budget alla manutenzione, compatibilmente con una rete infrastrutturale molto estesa, capillare e già moderna.

Analizzando congiuntamente i dati su investimenti, manutenzione e distribuzione del network, emergono alcuni pattern chiari. I paesi con reti stradali urbane molto sviluppate tendono a investire maggiormente nella manutenzione (ad esempio Austria, Svizzera, Italia), mentre quelli in fase di espansione o modernizzazione delle reti mostrano investimenti proiettati principalmente in nuove costruzioni (Azerbaijan, Armenia, alcune economie balcaniche).

La pandemia ha lasciato il segno: tra il 2020 e il 2021 molti paesi hanno ridotto gli investimenti infrastrutturali, specialmente nei settori non prioritari. Tuttavia, alcuni governi hanno scelto di rilanciare l'economia proprio attraverso massicci investimenti in infrastrutture, come evidenziato dai dati di Estonia e Azerbaigian.

Un altro punto chiave è il rapporto tra densità di autostrade e investimenti: nei paesi con una forte presenza di autostrade, come Israele o Lussemburgo, gli investimenti per manutenzione sono cruciali per garantire sicurezza e qualità della rete. Dove invece le autostrade rappresentano una minima parte della rete (Polonia, Estonia), gli investimenti tendono ad essere concentrati su strade extraurbane o secondarie.

Dal punto di vista geografico, l'Europa dell'Est presenta situazioni molto eterogenee: paesi come Polonia e Slovacchia mostrano una lenta ma costante crescita delle infrastrutture autostradali, mentre in altri, come Romania e Bulgaria, la modernizzazione è più lenta, nonostante l'appoggio dei fondi europei.

Infine, i dati suggeriscono che una nuova attenzione è riservata agli indicatori qualitativi delle strade, come la sicurezza, la capacità di sopportare il traffico crescente e la sostenibilità ambientale. Alcuni paesi hanno già incluso la resilienza delle infrastrutture ai cambiamenti climatici come criterio guida nei nuovi investimenti.

In sintesi, l'infrastruttura stradale mondiale sta vivendo una fase di transizione: nei paesi ad alta urbanizzazione, il focus è sulla manutenzione e il miglioramento qualitativo; nei paesi emergenti, l'obiettivo resta l'espansione quantitativa delle reti. Tuttavia, a livello globale, il rallentamento degli investimenti registrato post-pandemia, unito alla necessità di adattarsi ai cambiamenti climatici, impone una riflessione sulle strategie future di sviluppo stradale. Una mobilità sostenibile ed efficiente richiederà non solo nuove strade, ma anche infrastrutture più resilienti, sicure e integrate con altri mezzi di trasporto.

 

Fonte: OCSE

Link: https://data-explorer.oecd.org/






 



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