L’analisi
degli effective tax rates relativi agli incentivi fiscali basati sul reddito
evidenzia un panorama complesso e molto diversificato a livello internazionale,
con profonde implicazioni sia per le strategie di attrazione degli investimenti
sia per le politiche di competitività fiscale delle singole economie. I dati
raccolti per il 2023 mostrano che il concetto di "aliquota effettiva
media" (Effective Average Tax Rate - EATR) varia in modo significativo tra
i vari regimi fiscali, riflettendo differenze strutturali, politiche fiscali mirate
e strategie di sostegno o di incentivo alla crescita economica tramite la leva
fiscale. Tra i paesi con aliquote effettive più elevate spiccano la Colombia,
con un EATR del 30,55 per cento, il Brasile con il 29,68 per cento e
l'Australia con il 26,18 per cento, tutte economie che mantengono una
tassazione sul reddito delle imprese relativamente alta anche laddove esistano
incentivi nominali. Questi valori elevati sono generalmente associati a regimi
fiscali che pongono maggiore enfasi sul gettito fiscale rispetto
all’agevolazione diretta degli investimenti, probabilmente per necessità di
finanziamento di spese pubbliche elevate o per scelte di equilibrio
macroeconomico.
All’opposto,
troviamo realtà come l’Estonia e la Lettonia che presentano una aliquota
effettiva pari a zero, risultato di un sistema fiscale che non tassa i profitti
non distribuiti ma solo i dividendi. Questo modello favorisce fortemente la
reinvestizione degli utili all'interno delle imprese, stimolando la crescita
organica e l'accumulazione di capitale senza penalizzazioni fiscali immediate.
Anche Malta, pur con un approccio molto diverso, evidenzia un effective average
tax rate negativo pari a -9,06 per cento e un sussidio implicito del -39,60 per
cento, segnando il livello più estremo di tutta la rilevazione. Questo
suggerisce che il sistema maltese, almeno in uno dei suoi regimi di incentivo,
restituisce alle imprese un beneficio fiscale netto rispetto al reddito
imponibile teorico, configurandosi come un sistema di incentivo altamente
aggressivo, verosimilmente basato su crediti d'imposta rimborsabili o su regimi
di rimborso accelerato delle imposte anticipate.
L'elemento
del sussidio implicito è centrale nell'analisi. In diversi casi, pur con
aliquote apparentemente moderate, il valore del sussidio implicito negativo è
rilevante, indicando che il carico fiscale effettivo è inferiore a quanto
l'aliquota nominale lascerebbe intendere. Questo avviene, ad esempio, in paesi
come Belgio (sussidio -19,30 per cento), Francia (-14,08 per cento),
Lussemburgo (-18,12 per cento) e Paesi Bassi (-15,26 per cento), che
tradizionalmente combinano una tassazione formale significativa con meccanismi
di deduzione, credito d'imposta o trattamento agevolato di alcuni tipi di
reddito, come i profitti derivanti da brevetti o ricerca e sviluppo. Israele si
distingue in modo particolare, con una varietà di regimi che mostrano valori
estremamente negativi sia per l’aliquota effettiva sia per il sussidio
implicito, a testimonianza di una politica fiscale fortemente orientata al
sostegno dell'innovazione tecnologica e alla localizzazione di attività ad alto
valore aggiunto.
Analizzando
il costo del capitale, ovvero il rendimento minimo che un investimento deve
generare affinché sia conveniente dopo imposte, la maggior parte delle economie
si colloca in un intervallo tra il 2,5 e il 5 per cento. Un costo del capitale
contenuto rappresenta un incentivo importante per le imprese a investire e ad
espandersi, rendendo il sistema fiscale un alleato della crescita economica. In
questo contesto spicca la Thailandia, che, nel suo secondo regime agevolativo,
presenta un costo del capitale straordinariamente competitivo pari a 5,38 per
cento e un sussidio positivo di 1,22 per cento, unico caso dove il sussidio
implicito assume valore positivo insieme a una moderata aliquota effettiva.
Anche il Giappone mostra un comportamento interessante: pur mantenendo
un'aliquota effettiva alta (25,78 per cento), presenta un costo del capitale
tra i più alti, indicando che gli incentivi presenti non sono sufficienti ad
abbattere il costo dell'investimento rispetto ad altri paesi OCSE.
Nei
principali paesi OCSE con regimi standard, quali Australia, Germania, Italia e
Stati Uniti, l’analisi mostra effective average tax rates compresi tra il 22 e
il 26 per cento, assenza di sussidi impliciti e costi del capitale superiori al
4 per cento. Questi sistemi tendono a presentarsi come fiscali
"neutri", ovvero senza incentivi fiscali specifici a livello di
reddito, ma con un'imposizione uniforme che evita distorsioni tra settori e
tipologie di imprese. Questa impostazione può essere vantaggiosa in termini di
semplicità e trasparenza, anche se potrebbe risultare meno attrattiva per
imprese ad alta intensità di capitale innovativo, che potrebbero invece preferire
giurisdizioni con politiche fiscali più aggressive.
Tra i paesi
europei, spiccano alcune economie che, attraverso regimi speciali, riescono a
mantenere aliquote effettive molto basse o addirittura negative. È il caso
della Spagna, che, nei regimi delle regioni autonome Baschi e Navarra, mostra
valori di effective tax rate molto contenuti, rispettivamente 0,94 e 1,09 per
cento, accompagnati da importanti sussidi impliciti negativi. Questo conferma
il ruolo delle autonomie fiscali nel creare concorrenza interna all’Unione
Europea, dinamica che continua a suscitare dibattiti a livello di politica
economica comunitaria.
Non meno
importante è il comportamento dei paesi emergenti e non-OCSE, dove si osservano
situazioni miste. In America Latina, l’Argentina si caratterizza per un
effective average tax rate di 24,39 per cento con un moderato sussidio
negativo, mentre Brasile mantiene una tassazione pesante senza incentivi. Al
contrario, paesi come Costa Rica e Sudafrica replicano modelli OCSE con
aliquote vicine al 26 per cento ma senza sussidi impliciti. In Asia, la Cina
propone regimi con una pressione fiscale contenuta (13,09 per cento) ma non
esente da sussidi negativi, mentre in Thailandia, come già osservato, emergono
politiche più aggressive in termini di sostegno fiscale agli investimenti.
Un altro
dato interessante riguarda la presenza di effective average tax rates negativi,
come si osserva in alcuni regimi israeliani e in Malta. Questo tipo di dato non
solo rappresenta un incentivo fiscale puro, ma sottintende anche politiche di
restituzione di imposte o trasferimenti finanziari effettivi dallo stato alle
imprese, superando la mera riduzione dell’onere fiscale. Tali politiche,
sebbene attraenti per gli investitori, possono sollevare interrogativi circa la
sostenibilità fiscale e l’equità nella distribuzione del carico fiscale tra
grandi imprese e cittadini.
Dal punto di
vista delle implicazioni politiche ed economiche, l’analisi conferma che la
competizione fiscale globale non si basa più solo sull’abbassamento delle
aliquote nominali, ma anche sull’architettura di regimi speciali e sulla
modulazione degli incentivi impliciti. Alcuni paesi scelgono di mantenere alta
la tassazione formale ma costruire percorsi di esenzione o di sgravio per
settori strategici come la tecnologia, la ricerca scientifica o l'energia
verde, mentre altri, come Estonia e Lettonia, preferiscono soluzioni di sistema
che riducono radicalmente la tassazione sulle imprese favorendo meccanismi di
autofinanziamento e reinvestimento.
Questa
frammentazione crea una mappa fiscale mondiale altamente variegata, che pone
sfide significative agli organismi sovranazionali come l’OCSE e il G20,
impegnati nel tentativo di armonizzare, o almeno coordinare, i regimi fiscali
internazionali per evitare fenomeni di concorrenza dannosa, trasferimento
artificioso dei profitti e base imponibile erosa. Le proposte di un’imposta
minima globale, ad esempio, si inseriscono precisamente in questo contesto di
tensioni tra esigenze di competitività nazionale e necessità di equità fiscale
globale.
In sintesi,
l'analisi dei dati 2023 sugli effective tax rates per gli incentivi basati sul
reddito ci restituisce un’immagine di un mondo fiscale estremamente dinamico,
dove coesistono modelli di imposizione classici e innovazioni radicali nei
sistemi di incentivazione, ciascuno con vantaggi, rischi e implicazioni
strategiche proprie. Le imprese multinazionali, così come gli investitori
istituzionali, devono muoversi in questo scenario con attenzione, valutando non
solo l’aliquota apparente ma anche l’effettivo impatto delle politiche fiscali
sul costo del capitale e sulla redditività netta degli investimenti. Le
economie nazionali, dal canto loro, devono bilanciare l'attrattività fiscale
con la sostenibilità dei conti pubblici e l'equità distributiva, consapevoli
che, in un mondo interconnesso, le scelte di politica fiscale hanno conseguenze
che travalicano i confini nazionali.
Fonte: OCSE
Link: https://data-explorer.oecd.org/
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