L'analisi dei
tassi di disoccupazione di lunga durata per fascia d'età (giovani, adulti e
anziani) nei paesi OCSE rivela profonde differenze non solo tra le nazioni, ma
anche tra i diversi gruppi di età. I dati rappresentano la percentuale della
forza lavoro di ciascun sottogruppo che rimane disoccupata per un periodo
prolungato, offrendo un quadro cruciale delle dinamiche occupazionali e delle
criticità strutturali dei mercati del lavoro.
Cominciando con
i giovani, la categoria tradizionalmente più vulnerabile alla disoccupazione di
lunga durata, emergono differenze drammatiche tra i paesi. Mentre Corea
(0,01%), Messico (0,06%) e Israele (0,26%) mostrano tassi estremamente bassi,
in altri contesti come Slovacchia (10,2%), Italia (9,44%) e Grecia (9,06%), la
situazione appare molto più critica. Questi alti tassi suggeriscono che in
questi paesi i giovani faticano particolarmente a entrare nel mercato del
lavoro e, una volta esclusi, rischiano di rimanere disoccupati per lunghi
periodi, compromettendo le loro prospettive future. L'accesso insufficiente
alla formazione professionale, la rigidità del mercato del lavoro e
l'inefficacia delle politiche attive per l'impiego sono tra i principali
fattori che alimentano questo fenomeno.
Il caso
dell'Italia è emblematico: con un tasso di disoccupazione giovanile di lunga
durata pari al 9,44%, una delle più alte tra i paesi analizzati, si evidenzia
una situazione strutturalmente problematica. Tale condizione riflette un
sistema lavorativo rigido, con una marcata segmentazione tra lavoratori
protetti e precari, e un'istruzione spesso scollegata dalle esigenze del
mercato. Anche la Grecia e la Slovacchia evidenziano un simile quadro di fragilità,
sebbene nel caso slovacco sia interessante osservare che, nonostante un tasso
molto elevato tra i giovani, il valore per la fascia di mezza età scende al
3,66%, suggerendo forse una parziale capacità di assorbimento del mercato del
lavoro nel tempo.
In netto
contrasto, paesi come il Giappone (0,89%), l'Australia (0,91%), e il Regno
Unito (1,40%) presentano tassi giovanili relativamente contenuti, indicando
mercati del lavoro più flessibili e capaci di integrare i giovani. Tuttavia,
anche in questi contesti permangono preoccupazioni legate alla qualità
dell'impiego offerto e alla precarietà contrattuale, spesso associate ai bassi
tassi di disoccupazione giovanile di lunga durata.
Passando alla
fascia d'età centrale (25-54 anni), si osserva una maggiore stabilità e una
minore variabilità tra i paesi. I tassi più bassi si registrano in Israele
(0,15%), Corea (0,03%), e Canada (0,41%), che confermano una maggiore solidità
dei mercati del lavoro per i lavoratori in età centrale. Tuttavia, paesi come
il Belgio (2,19%), la Lituania (1,97%), e la Grecia (6,43%) mostrano livelli
più elevati, sintomo di difficoltà sistemiche nell'inserimento e nel
mantenimento del lavoro anche per coloro che dovrebbero rappresentare la forza
lavoro più produttiva. In particolare, il caso della Grecia risalta nuovamente
per la gravità del problema, con un tasso molto elevato anche in questa fascia,
indicando una crisi profonda e prolungata del mercato del lavoro.
La fascia più
anziana (55-64 anni) presenta un quadro variegato. In alcuni paesi come la
Lituania (3,79%), la Finlandia (2,84%) e la Spagna (6,11%), i tassi di
disoccupazione di lunga durata sono sensibilmente alti, riflettendo le
difficoltà degli anziani nel reinserirsi nel mercato del lavoro dopo una
perdita occupazionale. Si tratta di una sfida importante, poiché questa fascia
è destinata a crescere demograficamente nei prossimi anni e rappresenta un
segmento di lavoratori con esperienza e competenze potenzialmente preziose. La
difficoltà a reinserirsi potrebbe dipendere sia da pregiudizi legati all'età,
sia da una formazione obsoleta, sia da una maggiore resistenza delle imprese a
investire in lavoratori prossimi alla pensione.
Al contrario,
paesi come la Corea (0,01%), Israele (0,24%) e l'Islanda (0,23%) mostrano
un'integrazione più efficace degli anziani nel mercato del lavoro. In Islanda,
addirittura, tutti i tassi per le diverse fasce sono inferiori all'1%,
testimoniando un mercato inclusivo, dinamico e capace di ridurre al minimo
l'esclusione di lungo periodo. Anche il caso del Giappone (0,84%) mostra un
certo equilibrio, pur trattandosi di un paese con una popolazione
particolarmente anziana e con un mercato del lavoro storicamente rigido.
Un'altra
osservazione interessante riguarda i paesi nordici. Nonostante le loro economie
siano considerate tra le più avanzate e inclusive, si notano differenze
significative tra le fasce. In Svezia, ad esempio, la disoccupazione di lunga
durata è molto bassa tra i giovani (0,35%) ma sale tra i più anziani (2,14%).
Un andamento simile si osserva in Finlandia. Ciò suggerisce che anche in
contesti molto sviluppati, la capacità di reintegro lavorativo in età avanzata
rimane una sfida aperta.
Guardando alla
media dei tre gruppi di età, emerge che i giovani risultano i più penalizzati
nei paesi con economie più fragili o con politiche del lavoro meno efficaci. In
Italia, Grecia e Slovacchia, la distanza tra giovani e adulti è marcata, mentre
in paesi come il Canada, la Corea e il Giappone le differenze tra fasce d'età
sono più contenute, suggerendo una maggiore omogeneità nella capacità del
mercato del lavoro di accogliere e trattenere i lavoratori.
Il dato di Costa
Rica (3,14% tra i giovani) merita attenzione, soprattutto perché il tasso
decresce drasticamente nelle fasce successive (1,16% tra i middle-aged e 0,48%
tra gli anziani), un'anomalia che potrebbe indicare una barriera d'ingresso per
i giovani piuttosto che una difficoltà generalizzata del mercato del lavoro.
Questo dato potrebbe anche riflettere un'economia che si affida maggiormente a
lavoratori esperti o che presenta un sistema educativo poco connesso con il
tessuto produttivo.
Un ulteriore
aspetto da considerare è il legame tra politiche attive del lavoro e riduzione
della disoccupazione di lunga durata. Nei paesi dove tali politiche sono più
sviluppate e ben finanziate (es. Germania, Paesi Bassi, Scandinavia), i tassi
sono generalmente più contenuti. Ad esempio, in Germania si registrano tassi
sotto l'1% per tutte le fasce, a eccezione degli anziani (1,09%), mentre nei
Paesi Bassi si scende addirittura allo 0,27% tra i giovani.
Al contrario,
nei paesi dove il welfare è meno sviluppato o più focalizzato su trasferimenti
passivi (come sussidi di disoccupazione non legati a obblighi di formazione o
reinserimento), la disoccupazione di lunga durata tende a essere più elevata.
La situazione
della Turchia (2,17% giovani, 2,04% adulti, 1,90% anziani) mostra tassi
abbastanza elevati e uniformi, a segnalare una difficoltà sistemica trasversale
alle fasce d'età. Questo potrebbe riflettere una struttura economica in fase di
transizione, dove le opportunità di lavoro stabili e regolari sono ancora
limitate.
Infine, è utile
segnalare il caso degli Stati Uniti, dove i tassi sono molto bassi in tutte le
fasce (0,54%, 0,40%, 0,42%), il che potrebbe essere interpretato come un
segnale di efficienza del mercato del lavoro. Tuttavia, tale efficienza va
letta insieme alla qualità dell'occupazione disponibile, che negli USA tende a
essere molto flessibile ma anche più precaria, con minori tutele sociali. In
questo contesto, la disoccupazione di lunga durata è contenuta perché i
lavoratori si reinseriscono rapidamente, ma spesso in impieghi a bassa qualità
o instabili.
In sintesi, i
dati sulla disoccupazione di lunga durata offrono una lente preziosa per analizzare
l'inclusività, la resilienza e l'efficacia dei mercati del lavoro. Le
differenze tra paesi e tra fasce d'età mostrano quanto la capacità di garantire
occupazione duratura e dignitosa sia legata non solo alla salute economica, ma
anche alla struttura istituzionale e alle politiche attive per il lavoro.
Affrontare la disoccupazione di lunga durata, specie tra i giovani e gli
anziani, richiede strategie integrate che combinino formazione, flessibilità
contrattuale con tutele adeguate, incentivi alle imprese e servizi per
l'impiego efficaci. Soltanto così è possibile costruire mercati del lavoro
inclusivi e sostenibili nel lungo periodo.
Fonte: OCSE
Link: www.oecd.org
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