Gli addetti nelle multinazionali
estere operanti nelle regioni italiane costituiscono il numero di persone
impiegate da gruppi multinazionali esteri attivi nelle diverse regioni
italiane. È un indicatore chiave per analizzare l'impatto economico e
occupazionale delle imprese multinazionali sul territorio nazionale. Questa
variabile fornisce una misura quantitativa che consente di valutare la capacità
delle regioni di attrarre e mantenere investimenti esteri, oltre a riflettere
il livello di integrazione delle regioni italiane nelle dinamiche economiche
globali.
La Lombardia si conferma come la regione leader
per quanto riguarda la presenza di gruppi multinazionali esteri e il numero di
addetti, con 559.927 persone occupate, rappresentando il 33,25% del totale
nazionale. Questo dato sottolinea l'importanza della Lombardia come hub
economico e industriale dell'Italia. La concentrazione delle multinazionali in
Lombardia è attribuibile a diversi fattori: la presenza di infrastrutture
avanzate, come aeroporti e collegamenti ferroviari di alta velocità; un sistema
universitario e di ricerca eccellente; e un ecosistema imprenditoriale
favorevole, supportato dalla città di Milano, centro finanziario e commerciale
di livello internazionale. La Lombardia non solo domina il panorama nazionale,
ma agisce anche come un punto di attrazione per investimenti esteri,
rafforzando ulteriormente la sua posizione di primo piano. Subito dopo, il
Piemonte si colloca al secondo posto con 183.054 addetti (10,87% del totale).
La regione, nota per il suo forte settore manifatturiero, automobilistico e
tecnologico, è sede di grandi aziende come Stellantis e di numerose altre
industrie internazionali. Torino, in particolare, funge da centro di
innovazione e sviluppo tecnologico, contribuendo significativamente alla
capacità della regione di attrarre multinazionali. Questo colloca il Piemonte
in una posizione strategica per gli investimenti esteri, benché il divario con
la Lombardia sia significativo, evidenziando la concentrazione asimmetrica di
attività economiche tra le regioni italiane. Il Lazio, con 169.754 addetti
(10,08%), segue al terzo posto. La regione beneficia della presenza della
capitale, Roma, che funge da polo amministrativo, culturale e diplomatico. La
concentrazione di multinazionali nel Lazio è in parte attribuibile alla
presenza di organizzazioni internazionali, ambasciate e un settore dei servizi
fortemente sviluppato. Tuttavia, il Lazio presenta una diversità economica
inferiore rispetto al nord Italia, dove prevale una combinazione più
equilibrata tra industria e servizi. Questo limita in parte la competitività
della regione rispetto a poli come Lombardia e Piemonte. Il Veneto e
l’Emilia-Romagna occupano rispettivamente il quarto e quinto posto, con 160.508
e 146.011 addetti, pari al 9,53% e all'8,67% del totale. Queste regioni sono
notoriamente riconosciute per la loro capacità industriale e per il loro
modello economico basato su piccole e medie imprese. Il Veneto, con città come
Verona e Vicenza, è un importante polo di esportazioni e manifattura, mentre
l’Emilia-Romagna combina eccellenza nel settore agroalimentare, automobilistico
e biomedicale. Entrambe le regioni si distinguono per una distribuzione diffusa
della ricchezza e un forte senso di identità imprenditoriale, che
contribuiscono a renderle attrattive per le multinazionali. La Toscana, con
94.761 addetti (5,63%), rappresenta una regione con un'economia diversificata
che spazia dal turismo alla moda e al settore farmaceutico. Firenze, Pisa e
Siena sono tra i centri che attraggono multinazionali, non solo per la loro
storia e cultura, ma anche per l'eccellenza nella ricerca scientifica e
universitaria. Al di fuori delle prime sei regioni, si osserva una
significativa riduzione nella concentrazione di multinazionali. Liguria,
Campania, Puglia, Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo, pur avendo una certa
presenza di multinazionali, si collocano in una fascia intermedia, con
percentuali che variano dal 3,27% al 2,08%. Queste regioni, pur contribuendo
all'economia nazionale, non dispongono dello stesso livello di infrastrutture,
innovazione o forza lavoro qualificata che caratterizza le regioni
settentrionali. La Campania, per esempio, nonostante una popolazione numerosa e
un potenziale significativo, fatica ad attrarre multinazionali a causa di
problematiche legate a infrastrutture carenti e complessità burocratiche. Le
regioni meridionali e insulari, come Sicilia, Sardegna, Calabria e Basilicata,
insieme alle regioni più piccole come Molise e Valle d’Aosta, registrano percentuali
minime, inferiori al 2% del totale nazionale. Questa disparità mette in
evidenza il divario economico tra il nord e il sud Italia, non solo in termini
di presenza di multinazionali, ma anche nella distribuzione degli investimenti
esteri. Le regioni del sud sono spesso penalizzate da infrastrutture
inadeguate, livelli di istruzione inferiori e un contesto imprenditoriale meno
sviluppato. Tuttavia, alcune di queste regioni, come la Sicilia e la Sardegna,
potrebbero beneficiare in futuro di investimenti strategici legati al turismo e
alle energie rinnovabili, settori in crescita a livello globale. Analizzando il
dato complessivo, si osserva che le prime cinque regioni (Lombardia, Piemonte,
Lazio, Veneto ed Emilia-Romagna) concentrano quasi il 72,39% degli addetti nei
gruppi multinazionali esteri, mentre il restante 27,61% è distribuito tra le
altre 15 regioni. Questo squilibrio riflette un divario strutturale che si
traduce in una maggiore competitività delle regioni settentrionali, sostenute
da ecosistemi favorevoli per le multinazionali. Per migliorare questa
distribuzione, sarebbe necessario implementare politiche mirate a incentivare
gli investimenti esteri nelle regioni meno sviluppate, migliorando
infrastrutture, semplificando la burocrazia e promuovendo programmi di
formazione per la forza lavoro locale. In conclusione, i dati sottolineano
l'importanza strategica delle regioni settentrionali nell'attrarre
multinazionali e il ruolo cruciale della Lombardia come motore economico del
paese. Tuttavia, l'ampio divario tra nord e sud evidenzia la necessità di
interventi strutturali per migliorare la competitività delle regioni
meridionali e garantire una distribuzione più equa degli investimenti esteri.
Rafforzare le infrastrutture, promuovere la formazione e attrarre investimenti
innovativi saranno fattori chiave per ridurre questa disparità e favorire una
crescita sostenibile ed equilibrata in tutto il territorio nazionale.
Gruppi multinazionali esteri |
|||
Regioni |
Addetti |
% |
Concentrazione |
Lombardia |
559.927 |
33,25 |
33,25 |
Piemonte |
183.054 |
10,87 |
44,11 |
Lazio |
169.754 |
10,08 |
54,19 |
Veneto |
160.508 |
9,53 |
63,72 |
Emilia-Romagna |
146.011 |
8,67 |
72,39 |
Toscana |
94.761 |
5,63 |
78,02 |
Liguria |
55.092 |
3,27 |
81,29 |
Campania |
53.551 |
3,18 |
84,47 |
Puglia |
44.355 |
2,63 |
87,10 |
Friuli-Venezia
Giulia |
39.722 |
2,36 |
89,46 |
Abruzzo |
35.095 |
2,08 |
91,55 |
Sicilia |
32.931 |
1,96 |
93,50 |
Trentino-Alto
Adige |
29.429 |
1,75 |
95,25 |
Marche |
26.114 |
1,55 |
96,80 |
Sardegna |
17.694 |
1,05 |
97,85 |
Umbria |
12.014 |
0,71 |
98,56 |
Basilicata |
11.215 |
0,67 |
99,23 |
Calabria |
5.885 |
0,35 |
99,58 |
Molise |
4.530 |
0,27 |
99,85 |
Valle
d'Aosta |
2.581 |
0,15 |
100,00 |
Totale |
1.684.225 |
100 |
|
Clusterizzazione
con algoritmo k-Means ottimizzato con il metodo di Elbow. La clusterizzazione delle regioni italiane con
k=3evidenzia una chiara segmentazione geografica ed economica, basata sul
numero di addetti nei gruppi multinazionali esteri e sulla relativa
concentrazione. I risultati forniscono interessanti spunti sulle
caratteristiche e le disparità economiche tra le regioni italiane.
- ·
Cluster 1: La Lombardia
costituisce un cluster a sé stante. Questa regione domina nettamente il
panorama nazionale con un numero di addetti che supera di gran lunga qualsiasi
altra regione. La Lombardia ospita infatti 559.927 addetti, rappresentando
oltre il 33% del totale nazionale. Milano, capitale economica del Paese, agisce
come un catalizzatore per gli investimenti esteri grazie alla presenza di
infrastrutture avanzate, un sistema imprenditoriale maturo, un'alta
concentrazione di multinazionali e un contesto di innovazione tecnologica. Il
fatto che la Lombardia formi un cluster isolato dimostra il suo peso economico
e il divario con il resto del Paese.
- ·
Cluster 2: Questo
cluster comprende regioni come Piemonte, Lazio, Veneto ed Emilia-Romagna.
Queste aree, pur non raggiungendo i livelli della Lombardia, rappresentano poli
economici significativi. Insieme, queste quattro regioni totalizzano un alto
numero di addetti e mostrano una diversificazione economica che le rende
attrattive per le multinazionali. Il Piemonte e il Veneto si distinguono per la
loro forza nel settore manifatturiero e industriale; il Lazio, con Roma,
beneficia del ruolo di capitale amministrativa e culturale; mentre
l’Emilia-Romagna è nota per il settore agroalimentare e biomedicale. Questo
cluster rappresenta il "cuore industriale" dell'Italia, contribuendo
in modo significativo al PIL nazionale e mostrando un equilibrio tra industria
e servizi.
- ·
Cluster 0: Il terzo
cluster è il più ampio e include 15 regioni, tra cui Toscana, Liguria,
Campania, Puglia e altre regioni meridionali e insulari. Queste regioni, pur
avendo una presenza di multinazionali, mostrano una concentrazione molto
inferiore rispetto ai cluster precedenti. La Toscana, ad esempio, ha
un'industria diversificata, ma non può competere con le capacità industriali e
infrastrutturali delle regioni del nord. Le regioni del sud, come Campania e
Puglia, sono penalizzate da infrastrutture insufficienti, burocrazia complessa
e livelli inferiori di innovazione, che riducono la loro capacità di attrarre
multinazionali.
I risultati mettono in evidenza una
forte disparità tra nord e sud Italia. La Lombardia si distingue come un caso
unico, mentre le regioni del centro-nord rappresentano il principale polo
industriale del Paese. Le regioni del sud richiedono interventi mirati per
migliorare la loro competitività, attraverso investimenti in infrastrutture,
formazione e incentivi economici. Questa analisi sottolinea l'importanza di
politiche regionali differenziate per affrontare le disuguaglianze e promuovere
una crescita economica equilibrata in tutto il territorio nazionale.
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