Passa ai contenuti principali

Transizione Energetica e Sfide Industriali: Come Cambia il Mercato dell'Energia in Italia

 

 

L'analisi del valore aggiunto a prezzi concatenati nel settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata in Italia tra il 2014 e il 2023 evidenzia un andamento caratterizzato da significative fluttuazioni, riflettendo le dinamiche industriali e macroeconomiche che hanno influenzato questo comparto strategico. Con un calo complessivo del valore aggiunto di 6.394,6 miliardi di euro, pari a una riduzione del 28,93%, il settore ha attraversato periodi di crescita moderata seguiti da pesanti contrazioni, principalmente a causa della transizione energetica, delle crisi economiche e dell’impatto delle turbolenze geopolitiche sui mercati delle materie prime.

Nel 2014, il valore aggiunto del settore si attestava a 22,1 miliardi di euro, rappresentando una solida base per il comparto energetico italiano. Tuttavia, già nel 2015, si è registrata una significativa contrazione di 1,67 miliardi di euro (-7,59%), segnalando una fase di debolezza probabilmente legata alla riduzione della domanda energetica a seguito di una crescita economica ancora contenuta e a una progressiva penetrazione delle energie rinnovabili, che ha iniziato a erodere le quote di mercato delle fonti fossili tradizionali. L'evoluzione del mix energetico ha comportato una riduzione della marginalità per le imprese operanti nella produzione e distribuzione di energia, specialmente quelle legate alle fonti convenzionali come il carbone e il gas naturale.

Nel 2016, il settore ha mostrato segni di stabilizzazione, con una perdita più contenuta di 78,8 milioni di euro (-0,39%). Questo dato suggerisce che il mercato aveva iniziato ad adattarsi alle nuove condizioni, con le aziende che hanno implementato strategie di efficienza operativa e diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Tuttavia, il quadro competitivo è rimasto difficile, con una crescente pressione regolatoria per ridurre le emissioni di carbonio e un aumento delle importazioni di energia elettrica da paesi vicini a costi più competitivi.

Nel 2017, si è assistito a una decisa ripresa, con un incremento di 966,6 milioni di euro (+4,75%), grazie a una combinazione di fattori, tra cui una ripresa della domanda industriale di energia e il completamento di investimenti infrastrutturali volti a migliorare l'efficienza della rete di distribuzione. L'anno successivo, nel 2018, la crescita si è ulteriormente rafforzata con un incremento di 1,24 miliardi di euro (+5,83%), favorito dal forte aumento della domanda di gas naturale per la produzione di energia elettrica e per il riscaldamento domestico, oltre a un rialzo dei prezzi delle materie prime energetiche sui mercati internazionali.

Il trend positivo è proseguito nel 2019, con una crescita del valore aggiunto di 802,7 milioni di euro (+3,56%), riflettendo una fase espansiva del comparto energetico sostenuta dagli incentivi alle energie rinnovabili e da una maggiore elettrificazione dei consumi domestici e industriali. Tuttavia, questa fase di crescita è stata interrotta bruscamente dalla crisi pandemica del 2020, che ha comportato una riduzione del valore aggiunto di 826,4 milioni di euro (-3,54%). Le restrizioni imposte per contenere la diffusione del COVID-19 hanno portato a un calo drastico della domanda di energia, in particolare nei settori industriale e dei trasporti, costringendo molte utility a rivedere le proprie strategie operative e a posticipare investimenti strategici.

Nel 2021, il settore ha continuato a registrare un andamento negativo, con una perdita di 511,8 milioni di euro (-2,27%). Questo declino, sebbene meno accentuato rispetto all'anno precedente, è stato determinato dall'incertezza economica e dall'aumento dei costi di approvvigionamento delle materie prime, che hanno ridotto i margini operativi delle imprese energetiche. Inoltre, le politiche di decarbonizzazione dell'Unione Europea hanno spinto verso una transizione accelerata verso fonti di energia rinnovabile, riducendo ulteriormente la quota delle fonti fossili nella produzione energetica nazionale.

Il 2022 ha rappresentato un punto di svolta negativo per il settore, con una riduzione drammatica del valore aggiunto di 5,23 miliardi di euro, pari a un crollo del 23,79%. Questa contrazione è stata principalmente attribuibile alla crisi energetica globale scatenata dal conflitto tra Russia e Ucraina, che ha comportato un'impennata dei prezzi del gas e una maggiore volatilità sui mercati internazionali dell’energia. Le famiglie e le imprese italiane si sono trovate a fronteggiare costi energetici insostenibili, portando a una contrazione dei consumi e a misure di risparmio energetico su larga scala. Le utility hanno subito pesanti perdite, a causa dell’impossibilità di trasferire interamente gli aumenti dei costi ai consumatori, e l'incertezza normativa ha frenato ulteriormente gli investimenti in nuove infrastrutture.

Nel 2023, il trend negativo è proseguito, con una perdita di 1,07 miliardi di euro (-6,4%), portando il valore aggiunto del settore a 15,7 miliardi di euro, il livello più basso dell’intero periodo considerato. Questo ulteriore calo è indicativo di una fase di ristrutturazione del settore, con un ridimensionamento della produzione interna e un maggiore ricorso a fonti rinnovabili importate. Le sfide legate alla transizione energetica, insieme alla necessità di investire in nuove tecnologie di accumulo e reti intelligenti, hanno contribuito alla diminuzione del valore aggiunto, con molte aziende costrette a rivedere le proprie strategie di business.

Dal punto di vista industriale, il settore dell'energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata si trova di fronte a sfide epocali. La transizione energetica in atto richiede ingenti investimenti per la decarbonizzazione, la digitalizzazione delle reti e l’integrazione delle energie rinnovabili nel sistema elettrico nazionale. Le imprese del settore stanno affrontando una doppia sfida: da un lato, la necessità di garantire la sicurezza energetica in un contesto geopolitico instabile; dall'altro, la pressione normativa per ridurre le emissioni di gas serra e aumentare l’efficienza energetica. L’evoluzione del settore è fortemente condizionata dall’andamento dei prezzi delle materie prime, dalle scelte di politica energetica nazionale ed europea e dalla capacità di innovare attraverso l’adozione di nuove tecnologie, come le batterie di accumulo, l’idrogeno verde e le smart grid. Le aziende che riusciranno ad adattarsi rapidamente a questi cambiamenti potranno beneficiare di nuove opportunità di crescita, mentre quelle che non investiranno nell'innovazione rischiano di perdere competitività.

Il futuro del settore dipenderà anche dalla capacità di bilanciare la transizione ecologica con la sostenibilità economica e sociale, garantendo prezzi accessibili per famiglie e imprese, evitando impatti negativi sull’occupazione e mantenendo alti livelli di affidabilità della fornitura.

In conclusione, il settore energetico italiano ha subito una forte contrazione negli ultimi dieci anni, ma rappresenta ancora un comparto cruciale per l'economia nazionale. Le strategie industriali future dovranno concentrarsi su efficienza, sostenibilità e sicurezza per affrontare con successo le sfide di un mercato in continua evoluzione.

 

Fonte: ISTAT

Link: www.istat.it

Metodo: Prezzi concatenati 2020



Valore aggiunto a prezzi concatenati 2020 Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata 

Miliardi di euro

Variazione Assoluta

Variazione Percentuale

2014

22.103,30

2015

20.425,60

-1.677,70

-7,59

2016

20.346,80

-78,8

-0,39

2017

21.313,40

966,6

4,75

2018

22.555,40

1.242,00

5,83

2019

23.358,10

802,7

3,56

2020

22.531,70

-826,4

-3,54

2021

22.019,90

-511,8

-2,27

2022

16.782,20

-5.237,70

-23,79

2023

15.708,70

-1.073,50

-6,4

2014-2023

-6.394,60

-28,93


Commenti

Post popolari in questo blog

Il Cuneo Fiscale nei Principali Paesi OCSE nel 2024

  I dati mostrano l’evoluzione del tax wedge medio – cioè l’incidenza percentuale delle imposte sul lavoro rispetto al costo totale del lavoro – per un lavoratore single senza figli, con un reddito pari al 100% del salario medio, in un campione ampio di Paesi OCSE, nel periodo 2015–2024. Questo indicatore è centrale per comprendere l’onere fiscale sul lavoro e il suo impatto sull’economia, sull’occupazione e sulla competitività. L’analisi mostra un panorama piuttosto eterogeneo. I Paesi OCSE si collocano su un ampio spettro, che va da chi applica una pressione fiscale minima, come Colombia e Cile, fino a chi presenta carichi elevati, come Belgio e Germania. Nonostante le differenze strutturali tra i sistemi fiscali, è possibile individuare alcune tendenze comuni e differenziazioni regionali e temporali. Cominciando dai Paesi con le pressioni fiscali più alte, il Belgio resta costantemente in cima alla classifica per tutta la serie temporale, pur mostrando un leggero trend dis...

Trend globali nella produzione di nuovi medici

  Il lungo arco temporale compreso tra il 1980 e il 2023 offre uno sguardo ricco di dettagli sull’evoluzione della formazione dei medici in numerosi paesi, misurata in laureati in medicina per 100 000 abitanti. All’inizio degli anni Ottanta diverse nazioni presentavano livelli di ingresso nelle facoltà di medicina piuttosto elevati, con alcuni picchi record, mentre altre registravano numeri più contenuti. Nel corso dei decenni successivi il quadro si è fatto più sfaccettato: a un’estensione e a un potenziamento delle politiche di reclutamento hanno fatto da contraltare oscillazioni legate a riforme accademiche, crisi economiche, ristrutturazioni dei sistemi sanitari e flussi migratori di professionisti. Dall’analisi emerge un generale trend di aumento della produzione di nuovi medici a livello mondiale, benché con intensità e momenti diversi a seconda delle regioni e dei contesti nazionali, riflettendo scelte politiche, bisogni demografici e dinamiche di mercato. A livello comple...

Nord e Sud a confronto: differenze territoriali nei tassi di adeguata alimentazione

  ·          Le regioni del Nord mantengono livelli elevati, ma mostrano cali significativi negli ultimi anni. ·          Il Mezzogiorno registra valori più bassi, con Calabria e Abruzzo in miglioramento, Basilicata in forte calo. ·          Crisi economiche , pandemia e stili di vita hanno inciso profondamente sull’ adeguata alimentazione degli italiani.   L’analisi dei dati relativi all’adeguata alimentazione in Italia nel periodo compreso tra il 2005 e il 2023, misurata attraverso i tassi standardizzati per 100 persone, restituisce un quadro piuttosto articolato, con forti differenze territoriali, variazioni cicliche e trend di lungo periodo che denotano dinamiche sociali, economiche e culturali. Nel Nord e nel Centro i livelli sono generalmente più elevati rispetto al Mezzogiorno, ma anche qui emergono oscillazioni notevoli. In alcune regi...