L'analisi dell'andamento del valore aggiunto a prezzi concatenati nel
settore delle attività editoriali, audiovisive e di trasmissione in Italia tra
il 2014 e il 2023 fornisce spunti interessanti per comprendere le dinamiche
economiche di un comparto caratterizzato da una forte evoluzione tecnologica e
da cambiamenti significativi nelle abitudini di consumo. Il settore, che
include editoria tradizionale, produzione audiovisiva e servizi di trasmissione
radiotelevisiva, rappresenta un'importante componente dell'economia culturale e
creativa del Paese. Tuttavia, come evidenziano i dati, il valore aggiunto di
questa industria ha attraversato fasi di crescita moderata, crisi profonde e
parziali riprese, evidenziando le sfide strutturali con cui gli operatori si
sono dovuti confrontare.
Nel 2014, il valore aggiunto del settore si attestava a 10,089 miliardi di
euro, rappresentando un punto di riferimento rispetto ai successivi sviluppi.
L'anno seguente, nel 2015, si è registrata una crescita del 2,29%, con un
incremento di 230,6 milioni di euro. Questo dato suggerisce un periodo di
relativa stabilità, probabilmente legato a una ripresa della spesa
pubblicitaria e a un graduale adattamento del comparto alle nuove sfide poste
dalla digitalizzazione. Tuttavia, già nel 2016, la crescita è risultata più
contenuta, con un aumento di soli 88,6 milioni di euro (+0,86%), segnale di un
rallentamento imputabile a una progressiva maturazione del mercato e alla
crescente concorrenza dei player internazionali nel settore audiovisivo, come
le piattaforme di streaming.
L'anno 2017 segna una prima inversione di tendenza, con una contrazione
dello 0,58%, equivalente a una perdita di 60,6 milioni di euro. Questo calo può
essere interpretato come il risultato di un mercato editoriale in difficoltà,
con un declino nella diffusione della stampa tradizionale e una crescente
pressione sulle imprese del settore per diversificare le proprie fonti di
ricavo attraverso il digitale. La contrazione si aggrava nel 2018, con una
riduzione del valore aggiunto di 540,4 milioni di euro, pari a un calo del
5,22%. Tale flessione è indicativa delle difficoltà strutturali di una parte
dell'industria, in particolare l'editoria cartacea, che ha dovuto affrontare la
crisi del modello di business tradizionale basato sulle vendite e sulla
pubblicità, in favore di nuove modalità di consumo basate su abbonamenti
digitali e contenuti gratuiti.
Il trend negativo è proseguito nel 2019, con una ulteriore contrazione del
4,83%, corrispondente a una perdita di 473,4 milioni di euro. Questa tendenza
al ribasso evidenzia come il settore fosse già in difficoltà prima della crisi
pandemica del 2020. Le cause sono da ricercare nella crescente competizione
delle piattaforme globali di contenuti on demand, come Netflix e Amazon Prime,
che hanno sottratto quote di mercato ai tradizionali operatori televisivi
nazionali e locali, ma anche nella riduzione della spesa pubblicitaria da parte
delle imprese, che ha avuto un impatto diretto sulle entrate del comparto
mediatico.
Il 2020 è stato l'anno della crisi più acuta, con una drastica riduzione del
valore aggiunto di 761,5 milioni di euro, pari a un calo dell'8,16%. La
pandemia di COVID-19 ha colpito duramente il settore, con la sospensione di
molte attività produttive e la riduzione degli eventi dal vivo, che
rappresentano una fonte significativa di introiti per molte imprese del
comparto. Il calo della pubblicità e la chiusura di cinema, teatri ed eventi
sportivi hanno ulteriormente aggravato la situazione, rendendo evidente la
vulnerabilità del settore di fronte a shock esterni di ampia portata. Tuttavia,
la pandemia ha anche accelerato la transizione verso il digitale, spingendo
molte aziende ad investire in nuove piattaforme di distribuzione e a potenziare
la presenza online.
Il 2021 ha segnato un'importante ripresa, con un rimbalzo del 12,36%
(+1.059,9 milioni di euro), grazie alla ripresa delle attività economiche e al
ritorno degli investimenti pubblicitari. Inoltre, la crescente domanda di
contenuti digitali da parte dei consumatori ha favorito una ripresa del settore
audiovisivo, con le piattaforme di streaming che hanno consolidato
ulteriormente la loro posizione di mercato. Tuttavia, il 2022 ha visto una
lieve flessione, con un calo dello 0,39%, pari a una perdita di 37,3 milioni di
euro, indicando che la ripresa post-pandemica ha incontrato alcuni ostacoli,
probabilmente legati all'aumento dei costi di produzione e all'incertezza economica
globale.
Nel 2023, il settore ha mostrato segnali di stabilizzazione, con una
crescita dello 0,86% (+82,9 milioni di euro), suggerendo che il comparto stia
cercando di consolidare i progressi fatti negli anni precedenti, adattandosi
alle nuove dinamiche di mercato. Tuttavia, rispetto al 2014, il valore aggiunto
complessivo del settore è diminuito di 411,2 milioni di euro, registrando un
calo del 4,08%. Questo dato evidenzia la difficoltà del comparto a mantenere i
livelli di valore aggiunto di dieci anni prima, a causa delle trasformazioni
strutturali che hanno investito il settore, dalla digitalizzazione alla
frammentazione dell'audience.
Dal punto di vista industriale, il settore ha subito una profonda
trasformazione, con una crescente convergenza tra i diversi media e
l'affermarsi di modelli di business basati sulla personalizzazione dei
contenuti e sulla fruizione on-demand. Le aziende hanno dovuto affrontare
investimenti significativi in tecnologia per rimanere competitive, adottando
strategie di diversificazione dei ricavi, come la monetizzazione dei dati e la
creazione di contenuti esclusivi per piattaforme digitali. Tuttavia, queste
trasformazioni hanno comportato anche sfide notevoli, tra cui la riduzione dei
margini di profitto, l'aumento della concorrenza globale e la necessità di
adattarsi a normative sempre più stringenti in materia di diritti d'autore e
protezione dei dati.
Un altro elemento chiave del settore industriale riguarda l'occupazione, che
ha subito trasformazioni importanti a causa dell'automazione e della
digitalizzazione. Se da un lato sono emerse nuove figure professionali legate
alla gestione dei contenuti digitali e all'analisi dei dati, dall'altro molte
professioni tradizionali, come quelle legate alla stampa e alla produzione
televisiva lineare, hanno subito una riduzione significativa. La formazione e
la riqualificazione della forza lavoro sono diventate dunque aspetti cruciali
per garantire la competitività delle imprese nel lungo periodo.
Un altro fattore determinante è il ruolo della regolamentazione, che ha un
impatto significativo sulle dinamiche di mercato. Le politiche europee in
materia di concorrenza e protezione dei contenuti hanno cercato di bilanciare
le esigenze degli operatori tradizionali con quelle delle nuove piattaforme
digitali, introducendo regole più stringenti per garantire una maggiore equità
nel settore. Tuttavia, la sfida principale resta quella di trovare un
equilibrio tra la necessità di proteggere le industrie locali e la spinta
all'innovazione imposta dalla competizione globale.
In conclusione, il settore delle attività editoriali, audiovisive e di
trasmissione in Italia ha vissuto un decennio caratterizzato da profondi
cambiamenti, con un bilancio complessivamente negativo rispetto al 2014. Tuttavia,
l'adattamento alle nuove tecnologie e alle preferenze dei consumatori
rappresenta una grande opportunità per il futuro, a patto che le imprese siano
in grado di investire in innovazione, diversificazione e competenze digitali.
Fonte: ISTAT
Link: www.istat.it
Metodo: prezzi concatenati
2020
Valore aggiunto a prezzi concatenati
2020 Attività editoriali, audiovisivi, attività di trasmissione in Italia |
|||
Esercizio |
Miliardi di euro |
Variazione Assoluta |
Variazione Percentuale |
2014 |
10.089 |
||
2015 |
10.319,60 |
230,6 |
2,29 |
2016 |
10.408,20 |
88,6 |
0,86 |
2017 |
10.347,60 |
-60,6 |
-0,58 |
2018 |
9.807,20 |
-540,4 |
-5,22 |
2019 |
9.333,80 |
-473,4 |
-4,83 |
2020 |
8.572,30 |
-761,5 |
-8,16 |
2021 |
9.632,20 |
1.059,90 |
12,36 |
2022 |
9.594,90 |
-37,3 |
-0,39 |
2023 |
9.677,80 |
82,9 |
0,86 |
2014-2023 |
-411,2 |
-4,08 |
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