Il dataset offre una visione chiara della
distribuzione delle unità locali di gruppi multinazionali esteri nelle regioni
italiane, evidenziando forti disparità territoriali sia in termini assoluti che
relativi. Con un totale di 58.228 unità locali, i dati sottolineano il ruolo
dell’Italia come meta di investimenti internazionali, mettendo però in luce una
netta concentrazione in alcune aree, in particolare nel Nord. La Lombardia si
distingue come leader indiscussa, ospitando 19.389 unità locali, pari al 33,3%
del totale nazionale. Questa regione rappresenta il cuore economico e
finanziario del Paese, con Milano come centro nevralgico. La Lombardia
beneficia di infrastrutture avanzate, vicinanza ai mercati europei e un
ambiente imprenditoriale favorevole all’innovazione. La sua capacità di
attrarre investimenti esteri deriva anche dalla diversità del tessuto economico
e industriale, dalla qualità del capitale umano e dalla presenza di poli di
ricerca e sviluppo. L’elevata concentrazione di multinazionali in Lombardia
consolida il suo ruolo di principale punto di riferimento per le operazioni
internazionali in Italia. Seguono Piemonte e Veneto, rispettivamente con 5.680
unità (9,75%) e 5.587 unità (9,6%). Il Piemonte, con Torino come epicentro, si
caratterizza per la sua tradizione industriale, in particolare nel settore
automobilistico e manifatturiero avanzato, oltre che per la sua posizione
strategica vicino a Francia e Svizzera. Il Veneto, invece, combina distretti
industriali altamente specializzati con una forte vocazione all’export e un
settore turistico trainante, rappresentato da città come Venezia. Questi dati
riflettono la vitalità economica del Nord Italia e la capacità delle sue
regioni di attrarre significativi livelli di investimenti diretti esteri (IDE).
Il Lazio, con 4.994 unità (8,58%), occupa il quarto posto. La regione, dominata
da Roma, combina l’attrattiva della capitale politica e amministrativa d’Italia
con un’economia orientata prevalentemente ai servizi. Tuttavia, rispetto alle
regioni industriali del Nord, il Lazio mostra un peso inferiore per quanto
riguarda la presenza di multinazionali, probabilmente a causa di un apparato
industriale meno sviluppato. L’Emilia-Romagna, con 4.666 unità (8,01%),
rappresenta un altro esempio di eccellenza regionale. La regione è nota per i
suoi distretti industriali specializzati, nei settori della meccanica,
dell’agroalimentare e dell’automazione. L’Emilia-Romagna si avvantaggia inoltre
di una rete di università e centri di ricerca che la rendono attrattiva per
multinazionali alla ricerca di competenze altamente specializzate. La Toscana,
con 3.524 unità (6,05%), si distingue per la sua economia diversificata, che
unisce settori tradizionali come la moda e l’artigianato di lusso a industrie
più moderne come quella farmaceutica. Inoltre, il fascino culturale e
paesaggistico della regione aggiunge un ulteriore elemento di attrattiva per le
imprese straniere. Al Sud, la Campania spicca con 1.758 unità (3,02%),
posizionandosi come la regione meridionale con il maggior numero di presenze
multinazionali. Nonostante le difficoltà strutturali, la regione ha saputo
sfruttare il porto di Napoli e il settore agroalimentare per attrarre
investimenti. Tra le altre regioni settentrionali, il Trentino-Alto
Adige/Südtirol (1.649 unità, 2,83%) e la Liguria (1.585 unità, 2,72%) giocano
un ruolo strategico nei loro contesti specifici. Il Trentino-Alto Adige
beneficia dei suoi legami con i mercati di lingua tedesca e di un’economia ben
organizzata, mentre la Liguria sfrutta la presenza del porto di Genova, uno dei
più importanti del Mediterraneo, come punto cruciale per la logistica. Al Sud e
nelle isole, regioni come Puglia (1.565 unità, 2,69%), Sicilia (1.559 unità,
2,68%) e Sardegna (974 unità, 1,67%) registrano numeri inferiori. Nonostante le
potenzialità offerte dalla loro posizione strategica nel Mediterraneo, queste
regioni continuano a soffrire di una minore attrattività legata a infrastrutture
meno sviluppate e a un ecosistema industriale più debole. La Puglia, in
particolare, sta mostrando segni di dinamismo nei settori aerospaziale ed
energetico. Le regioni con il minor numero di unità locali multinazionali sono
Basilicata (236), Valle d’Aosta (223) e Molise (177). Queste aree rappresentano
mercati marginali per le multinazionali, a causa della limitata accessibilità,
della ridotta popolazione e dello scarso sviluppo industriale. Il loro
contributo al totale nazionale è minimo, sottolineando il divario tra le aree
più dinamiche e quelle più periferiche del Paese. L’analisi della
concentrazione cumulativa rivela una forte polarizzazione territoriale. Le
prime cinque regioni (Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio ed Emilia-Romagna)
rappresentano circa il 69% delle unità locali multinazionali in Italia,
evidenziando la predominanza del Nord. Le ultime dieci regioni, invece,
contribuiscono in misura molto ridotta, confermando il divario tra Nord e Sud.
Questa distribuzione disomogenea riflette l’incapacità strutturale di molte
regioni meridionali di attrarre significativi investimenti esteri. In sintesi,
la distribuzione delle unità locali di gruppi multinazionali evidenzia profonde
disparità economiche e territoriali in Italia. Mentre regioni come Lombardia,
Piemonte e Veneto consolidano il ruolo del Nord come motore economico del
Paese, il Sud e le isole continuano a lottare contro sfide strutturali.
Investire in infrastrutture, istruzione e sviluppo industriale potrebbe ridurre
questo divario, favorendo una distribuzione più equilibrata degli investimenti
esteri e rafforzando la competitività economica complessiva dell’Italia.
Numero di unità locali di gruppi multinazionali
esteri |
||||
Regione |
Valore Assoluto |
% |
Concentrazione |
|
Lombardia |
19.389 |
33,30 |
33,30 |
|
Piemonte |
5.680 |
9,75 |
43,05 |
|
Veneto |
5.587 |
9,60 |
52,65 |
|
Lazio |
4.994 |
8,58 |
61,22 |
|
Emilia-Romagna |
4.666 |
8,01 |
69,24 |
|
Toscana |
3.524 |
6,05 |
75,29 |
|
Campania |
1.758 |
3,02 |
78,31 |
|
Trentino-Alto Adige |
1.649 |
2,83 |
81,14 |
|
Liguria |
1.585 |
2,72 |
83,86 |
|
Puglia |
1.565 |
2,69 |
86,55 |
|
Sicilia |
1.559 |
2,68 |
89,23 |
|
Friuli-Venezia Giulia |
1.507 |
2,59 |
91,82 |
|
Marche |
1.152 |
1,98 |
93,80 |
|
Abruzzo |
1.032 |
1,77 |
95,57 |
|
Sardegna |
974 |
1,67 |
97,24 |
|
Umbria |
549 |
0,94 |
98,18 |
|
Calabria |
422 |
0,72 |
98,91 |
|
Basilicata |
236 |
0,41 |
99,31 |
|
Valle d'Aosta |
223 |
0,38 |
99,70 |
|
Molise |
177 |
0,30 |
100,00 |
|
Totale |
58.228 |
100 |
|
Clusterizzazione
con algoritmo k-means ottimizzato con il metodo di Elbow. La
clusterizzazione delle regioni italiane con il metodo k-Means e un numero di
cluster pari a 3 rivela interessanti modelli di distribuzione geografica e
concentrazione delle multinazionali. Analizzando i risultati, possiamo
osservare che le regioni si suddividono in tre gruppi distinti in base alla
quantità di unità locali di multinazionali estere, alla percentuale relativa e
alla concentrazione cumulativa. Il primo cluster include la maggior parte delle
regioni italiane, come Campania, Trentino-Alto Adige/Südtirol, Liguria, Puglia,
Sicilia e altre regioni di medie e piccole dimensioni. Queste regioni
presentano un numero relativamente basso di unità locali di multinazionali
estere e una concentrazione cumulativa che si colloca in una fascia intermedia
o bassa rispetto al totale nazionale. Questo cluster suggerisce che queste
regioni, pur essendo parte del tessuto economico italiano, non rappresentano i
principali poli di attrazione per le multinazionali. Le ragioni potrebbero
includere una minore industrializzazione, infrastrutture meno sviluppate, o una
minore capacità di attrarre investimenti esteri rispetto ad altre aree del
paese. Il secondo cluster è composto esclusivamente dalla Lombardia. Questa
regione si distingue nettamente dalle altre per l’altissimo numero di unità
locali di multinazionali estere. La Lombardia è da tempo riconosciuta come il
principale centro economico e industriale d’Italia, con Milano che funge da
polo finanziario, commerciale e tecnologico. La presenza di una vasta rete di
infrastrutture, un mercato del lavoro altamente qualificato e una posizione
geografica strategica in Europa rendono questa regione un punto di riferimento
per le multinazionali. Questo dato conferma la posizione predominante della
Lombardia nell’attrarre investimenti esteri e riflette l’enorme contributo
della regione all’economia nazionale. Il terzo cluster comprende regioni come
Piemonte, Veneto, Lazio, Emilia-Romagna e Toscana. Queste regioni formano un
gruppo intermedio, caratterizzato da un numero significativo, ma non dominante,
di unità locali di multinazionali estere. Queste regioni sono note per il loro
contributo al settore manifatturiero, tecnologico e turistico. Il Veneto, ad
esempio, è un centro di eccellenza per la produzione industriale, mentre il
Lazio, con Roma, è un centro amministrativo e culturale di rilevanza
internazionale. L’Emilia-Romagna e la Toscana combinano capacità produttive e
attrattività turistica, offrendo un mix unico che sembra attrarre un numero
considerevole di multinazionali. Questo cluster evidenzia come queste regioni
abbiano successo nel bilanciare un’industria locale forte con una buona capacità
di attrarre imprese globali. In sintesi, la clusterizzazione con riflette chiaramente la stratificazione economica dell’Italia. Da un
lato, la Lombardia emerge come un’eccezione, con una posizione dominante per
quanto riguarda la presenza di multinazionali. Dall’altro, le regioni del
secondo cluster mostrano un livello di attrattività significativo, ma non al
livello della Lombardia. Infine, il primo cluster rappresenta la maggior parte
delle regioni, che pur contribuendo all’economia italiana, non attraggono
grandi concentrazioni di multinazionali. Questo risultato sottolinea
l’importanza di politiche mirate per migliorare l’attrattività delle regioni
meno sviluppate, promuovendo investimenti infrastrutturali, incentivi economici
e politiche di formazione per aumentare la competitività di queste aree. La
suddivisione nei cluster offre uno strumento prezioso per identificare priorità
di sviluppo e guidare decisioni strategiche per il futuro economico del paese.
Fonte: ISTAT
Link: www.istat.it
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