venerdì 3 gennaio 2025

La localizzazione di gruppi multinazionali nelle regioni italiane

 

Il dataset offre una visione chiara della distribuzione delle unità locali di gruppi multinazionali esteri nelle regioni italiane, evidenziando forti disparità territoriali sia in termini assoluti che relativi. Con un totale di 58.228 unità locali, i dati sottolineano il ruolo dell’Italia come meta di investimenti internazionali, mettendo però in luce una netta concentrazione in alcune aree, in particolare nel Nord. La Lombardia si distingue come leader indiscussa, ospitando 19.389 unità locali, pari al 33,3% del totale nazionale. Questa regione rappresenta il cuore economico e finanziario del Paese, con Milano come centro nevralgico. La Lombardia beneficia di infrastrutture avanzate, vicinanza ai mercati europei e un ambiente imprenditoriale favorevole all’innovazione. La sua capacità di attrarre investimenti esteri deriva anche dalla diversità del tessuto economico e industriale, dalla qualità del capitale umano e dalla presenza di poli di ricerca e sviluppo. L’elevata concentrazione di multinazionali in Lombardia consolida il suo ruolo di principale punto di riferimento per le operazioni internazionali in Italia. Seguono Piemonte e Veneto, rispettivamente con 5.680 unità (9,75%) e 5.587 unità (9,6%). Il Piemonte, con Torino come epicentro, si caratterizza per la sua tradizione industriale, in particolare nel settore automobilistico e manifatturiero avanzato, oltre che per la sua posizione strategica vicino a Francia e Svizzera. Il Veneto, invece, combina distretti industriali altamente specializzati con una forte vocazione all’export e un settore turistico trainante, rappresentato da città come Venezia. Questi dati riflettono la vitalità economica del Nord Italia e la capacità delle sue regioni di attrarre significativi livelli di investimenti diretti esteri (IDE). Il Lazio, con 4.994 unità (8,58%), occupa il quarto posto. La regione, dominata da Roma, combina l’attrattiva della capitale politica e amministrativa d’Italia con un’economia orientata prevalentemente ai servizi. Tuttavia, rispetto alle regioni industriali del Nord, il Lazio mostra un peso inferiore per quanto riguarda la presenza di multinazionali, probabilmente a causa di un apparato industriale meno sviluppato. L’Emilia-Romagna, con 4.666 unità (8,01%), rappresenta un altro esempio di eccellenza regionale. La regione è nota per i suoi distretti industriali specializzati, nei settori della meccanica, dell’agroalimentare e dell’automazione. L’Emilia-Romagna si avvantaggia inoltre di una rete di università e centri di ricerca che la rendono attrattiva per multinazionali alla ricerca di competenze altamente specializzate. La Toscana, con 3.524 unità (6,05%), si distingue per la sua economia diversificata, che unisce settori tradizionali come la moda e l’artigianato di lusso a industrie più moderne come quella farmaceutica. Inoltre, il fascino culturale e paesaggistico della regione aggiunge un ulteriore elemento di attrattiva per le imprese straniere. Al Sud, la Campania spicca con 1.758 unità (3,02%), posizionandosi come la regione meridionale con il maggior numero di presenze multinazionali. Nonostante le difficoltà strutturali, la regione ha saputo sfruttare il porto di Napoli e il settore agroalimentare per attrarre investimenti. Tra le altre regioni settentrionali, il Trentino-Alto Adige/Südtirol (1.649 unità, 2,83%) e la Liguria (1.585 unità, 2,72%) giocano un ruolo strategico nei loro contesti specifici. Il Trentino-Alto Adige beneficia dei suoi legami con i mercati di lingua tedesca e di un’economia ben organizzata, mentre la Liguria sfrutta la presenza del porto di Genova, uno dei più importanti del Mediterraneo, come punto cruciale per la logistica. Al Sud e nelle isole, regioni come Puglia (1.565 unità, 2,69%), Sicilia (1.559 unità, 2,68%) e Sardegna (974 unità, 1,67%) registrano numeri inferiori. Nonostante le potenzialità offerte dalla loro posizione strategica nel Mediterraneo, queste regioni continuano a soffrire di una minore attrattività legata a infrastrutture meno sviluppate e a un ecosistema industriale più debole. La Puglia, in particolare, sta mostrando segni di dinamismo nei settori aerospaziale ed energetico. Le regioni con il minor numero di unità locali multinazionali sono Basilicata (236), Valle d’Aosta (223) e Molise (177). Queste aree rappresentano mercati marginali per le multinazionali, a causa della limitata accessibilità, della ridotta popolazione e dello scarso sviluppo industriale. Il loro contributo al totale nazionale è minimo, sottolineando il divario tra le aree più dinamiche e quelle più periferiche del Paese. L’analisi della concentrazione cumulativa rivela una forte polarizzazione territoriale. Le prime cinque regioni (Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio ed Emilia-Romagna) rappresentano circa il 69% delle unità locali multinazionali in Italia, evidenziando la predominanza del Nord. Le ultime dieci regioni, invece, contribuiscono in misura molto ridotta, confermando il divario tra Nord e Sud. Questa distribuzione disomogenea riflette l’incapacità strutturale di molte regioni meridionali di attrarre significativi investimenti esteri. In sintesi, la distribuzione delle unità locali di gruppi multinazionali evidenzia profonde disparità economiche e territoriali in Italia. Mentre regioni come Lombardia, Piemonte e Veneto consolidano il ruolo del Nord come motore economico del Paese, il Sud e le isole continuano a lottare contro sfide strutturali. Investire in infrastrutture, istruzione e sviluppo industriale potrebbe ridurre questo divario, favorendo una distribuzione più equilibrata degli investimenti esteri e rafforzando la competitività economica complessiva dell’Italia.

 

Numero di unità locali di gruppi multinazionali esteri

Regione

Valore Assoluto

%

Concentrazione

 

Lombardia

19.389

33,30

33,30

 

Piemonte

5.680

9,75

43,05

 

Veneto

5.587

9,60

52,65

 

Lazio

4.994

8,58

61,22

 

Emilia-Romagna

4.666

8,01

69,24

 

Toscana

3.524

6,05

75,29

 

Campania

1.758

3,02

78,31

 

Trentino-Alto Adige

1.649

2,83

81,14

 

Liguria

1.585

2,72

83,86

 

Puglia

1.565

2,69

86,55

 

Sicilia

1.559

2,68

89,23

 

Friuli-Venezia Giulia

1.507

2,59

91,82

 

Marche

1.152

1,98

93,80

 

Abruzzo

1.032

1,77

95,57

 

Sardegna

974

1,67

97,24

 

Umbria

549

0,94

98,18

 

Calabria

422

0,72

98,91

 

Basilicata

236

0,41

99,31

 

Valle d'Aosta

223

0,38

99,70

 

Molise

177

0,30

100,00

 

Totale

58.228

100

 

 

Clusterizzazione con algoritmo k-means ottimizzato con il metodo di Elbow. La clusterizzazione delle regioni italiane con il metodo k-Means e un numero di cluster pari a 3 rivela interessanti modelli di distribuzione geografica e concentrazione delle multinazionali. Analizzando i risultati, possiamo osservare che le regioni si suddividono in tre gruppi distinti in base alla quantità di unità locali di multinazionali estere, alla percentuale relativa e alla concentrazione cumulativa. Il primo cluster include la maggior parte delle regioni italiane, come Campania, Trentino-Alto Adige/Südtirol, Liguria, Puglia, Sicilia e altre regioni di medie e piccole dimensioni. Queste regioni presentano un numero relativamente basso di unità locali di multinazionali estere e una concentrazione cumulativa che si colloca in una fascia intermedia o bassa rispetto al totale nazionale. Questo cluster suggerisce che queste regioni, pur essendo parte del tessuto economico italiano, non rappresentano i principali poli di attrazione per le multinazionali. Le ragioni potrebbero includere una minore industrializzazione, infrastrutture meno sviluppate, o una minore capacità di attrarre investimenti esteri rispetto ad altre aree del paese. Il secondo cluster è composto esclusivamente dalla Lombardia. Questa regione si distingue nettamente dalle altre per l’altissimo numero di unità locali di multinazionali estere. La Lombardia è da tempo riconosciuta come il principale centro economico e industriale d’Italia, con Milano che funge da polo finanziario, commerciale e tecnologico. La presenza di una vasta rete di infrastrutture, un mercato del lavoro altamente qualificato e una posizione geografica strategica in Europa rendono questa regione un punto di riferimento per le multinazionali. Questo dato conferma la posizione predominante della Lombardia nell’attrarre investimenti esteri e riflette l’enorme contributo della regione all’economia nazionale. Il terzo cluster comprende regioni come Piemonte, Veneto, Lazio, Emilia-Romagna e Toscana. Queste regioni formano un gruppo intermedio, caratterizzato da un numero significativo, ma non dominante, di unità locali di multinazionali estere. Queste regioni sono note per il loro contributo al settore manifatturiero, tecnologico e turistico. Il Veneto, ad esempio, è un centro di eccellenza per la produzione industriale, mentre il Lazio, con Roma, è un centro amministrativo e culturale di rilevanza internazionale. L’Emilia-Romagna e la Toscana combinano capacità produttive e attrattività turistica, offrendo un mix unico che sembra attrarre un numero considerevole di multinazionali. Questo cluster evidenzia come queste regioni abbiano successo nel bilanciare un’industria locale forte con una buona capacità di attrarre imprese globali. In sintesi, la clusterizzazione con k=3 riflette chiaramente la stratificazione economica dell’Italia. Da un lato, la Lombardia emerge come un’eccezione, con una posizione dominante per quanto riguarda la presenza di multinazionali. Dall’altro, le regioni del secondo cluster mostrano un livello di attrattività significativo, ma non al livello della Lombardia. Infine, il primo cluster rappresenta la maggior parte delle regioni, che pur contribuendo all’economia italiana, non attraggono grandi concentrazioni di multinazionali. Questo risultato sottolinea l’importanza di politiche mirate per migliorare l’attrattività delle regioni meno sviluppate, promuovendo investimenti infrastrutturali, incentivi economici e politiche di formazione per aumentare la competitività di queste aree. La suddivisione nei cluster offre uno strumento prezioso per identificare priorità di sviluppo e guidare decisioni strategiche per il futuro economico del paese.



Fonte: ISTAT

Link: www.istat.it

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