La pesca e l’acquicoltura rappresentano due
attività fondamentali per l’approvvigionamento di prodotti ittici a livello
globale. La pesca consiste nella cattura di organismi acquatici selvatici, come
pesci, crostacei e molluschi, prelevati da ambienti naturali, quali mari,
oceani, fiumi e laghi. Questa attività, praticata sia a livello artigianale che
industriale, è una delle più antiche forme di sostentamento umano e continua a
svolgere un ruolo cruciale nell’alimentazione e nell’economia mondiale. L’acquicoltura,
invece, si riferisce all’allevamento controllato di organismi acquatici, come
pesci, molluschi, crostacei e alghe, in ambienti confinati o semi-naturali,
come vasche, stagni e gabbie galleggianti. Questa pratica è emersa come
risposta alla crescente domanda di prodotti ittici e alla necessità di ridurre
la pressione sulle risorse naturali. L’acquicoltura consente di ottimizzare la
produzione, garantendo una fornitura costante e contribuendo a migliorare la
sicurezza alimentare globale. Entrambe le attività svolgono un ruolo centrale
nel fornire proteine animali a miliardi di persone, ma devono affrontare sfide
legate alla sostenibilità ambientale, alla gestione responsabile delle risorse
e agli impatti socioeconomici, rendendo indispensabile un approccio equilibrato
e innovativo per il loro sviluppo futuro. I dati fanno riferimento al periodo
tra il 2014 ed il 2022.
L’analisi dei dati relativi al settore della
pesca e dell’acquicoltura in milioni di euro tra il 2014 e il 2022 mette in
luce un andamento piuttosto variabile, con significative fluttuazioni nel corso
degli anni. Si tratta di un quadro che riflette non solo la dinamicità di un
settore strettamente legato a fattori ambientali, economici e politici, ma
anche le sfide che esso ha affrontato in un contesto globale di mutamenti
strutturali.
Nel 2014, il valore complessivo del settore si
attestava a 901,1 milioni di euro, ponendo una base di riferimento per
l’analisi degli anni successivi. Il 2015 ha registrato un aumento
significativo, con un incremento di 117,1 milioni di euro (+13%). Questo
aumento potrebbe essere attribuibile a una serie di fattori, quali una maggiore
produttività, l’adozione di tecnologie più efficienti o condizioni di mercato
favorevoli, come l’aumento della domanda per i prodotti ittici sia a livello
nazionale che internazionale.
Tuttavia, il 2016 ha segnato una lieve
contrazione, con una riduzione di 13,8 milioni di euro (-1,36%). Questo calo,
pur modesto, suggerisce l’emergere di possibili difficoltà, quali la
competizione internazionale, l’aumento dei costi di produzione o limitazioni
legate alle risorse naturali. Tale trend negativo è diventato più pronunciato
nel 2017, quando il settore ha subito una diminuzione di 85,5 milioni di euro
(-8,51%). Questo significativo calo potrebbe essere stato causato da una
combinazione di fattori, tra cui condizioni climatiche avverse, crisi
economiche locali o un calo della domanda per determinati prodotti ittici.
Nel 2018 si è registrato un lieve recupero, con
un aumento di 11 milioni di euro (+1,2%). Sebbene questa crescita non sia stata
sufficiente a compensare le perdite degli anni precedenti, rappresenta comunque
un segnale positivo per il settore, indicativo di una possibile
stabilizzazione. Tuttavia, questa ripresa è stata di breve durata, poiché il
2019 ha visto un ulteriore calo significativo di 119,1 milioni di euro
(-12,81%). Tale flessione evidenzia la vulnerabilità del settore a fattori
esterni, come la crescente concorrenza dei mercati internazionali, le
fluttuazioni dei prezzi delle materie prime e l’introduzione di
regolamentazioni più restrittive in termini di pesca sostenibile.
Il 2020 è stato l’anno più critico del periodo
analizzato, con una perdita di 150,2 milioni di euro (-18,52%). Questo drastico
calo coincide con l’impatto della pandemia di COVID-19, che ha sconvolto le
catene di approvvigionamento globali, ridotto la domanda a causa delle
restrizioni nei consumi e creato difficoltà logistiche per i produttori. La
pandemia ha messo in evidenza la fragilità del settore, sottolineando
l’importanza di diversificare le strategie operative e di investire in
resilienza.
Il 2021 ha rappresentato un anno di ripresa, con
un aumento di 88,6 milioni di euro (+13,41%). Questo rimbalzo può essere
spiegato dalla graduale riapertura delle economie globali, dal ritorno alla
normalità nei consumi e dall’introduzione di politiche di supporto governative
volte a sostenere le imprese colpite dalla crisi. Nonostante questa ripresa, il
settore non è riuscito a raggiungere i livelli pre-pandemia, suggerendo che
alcuni degli effetti negativi della crisi sanitaria erano ancora in corso.
Il 2022 ha registrato un nuovo calo
significativo, con una perdita di 128,2 milioni di euro (-17,11%). Questo
andamento evidenzia la persistenza di problemi strutturali e congiunturali, tra
cui l’aumento dei costi energetici, la crisi geopolitica globale e le sfide
legate alla sostenibilità ambientale. La flessione potrebbe anche riflettere un
cambiamento nelle abitudini dei consumatori, sempre più orientati verso
alternative alimentari percepite come più sostenibili.
Analizzando l’intero periodo dal 2014 al 2022,
emerge una perdita complessiva di 280,1 milioni di euro, pari a una variazione
percentuale negativa del 68,92%. Questo risultato complessivo sottolinea le
difficoltà affrontate dal settore, caratterizzato da una marcata instabilità e
da un trend prevalentemente decrescente.
Le fluttuazioni nei valori annuali suggeriscono
che il settore della pesca e dell’acquicoltura è fortemente influenzato da
fattori esterni e interni. Tra i primi, si possono includere i cambiamenti
climatici, che incidono direttamente sulla disponibilità delle risorse ittiche,
e le dinamiche di mercato globale, che influenzano i prezzi e la competitività.
Tra i fattori interni, invece, vanno considerati la capacità di innovazione
delle imprese, il livello di sostenibilità delle pratiche adottate e l’efficacia
delle politiche di regolamentazione e sostegno.
Un ulteriore elemento da considerare è
l’evoluzione delle normative internazionali e nazionali in materia di pesca
sostenibile. L’introduzione di quote di pesca e di restrizioni sulle catture,
pur essendo fondamentali per preservare gli ecosistemi marini, può avere un
impatto economico negativo a breve termine per le imprese del settore.
Tuttavia, tali misure sono essenziali per garantire la sostenibilità a lungo
termine, sia dal punto di vista ecologico che economico.
Infine, il ruolo dell’acquicoltura merita
un’attenzione particolare. Negli ultimi anni, questo segmento ha acquisito
crescente rilevanza come alternativa alla pesca tradizionale, offrendo
un’opportunità per rispondere alla crescente domanda di prodotti ittici senza
compromettere le risorse naturali. Tuttavia, anche l’acquicoltura deve
affrontare sfide significative, tra cui l’ottimizzazione delle tecniche
produttive, la gestione delle malattie e l’impatto ambientale delle attività. In
conclusione, il periodo 2014-2022 evidenzia un settore caratterizzato da alti e
bassi, con una tendenza complessivamente negativa. Questo andamento riflette le
sfide strutturali del settore, ma anche la sua capacità di adattarsi e
riprendersi, come dimostrato dalla crescita registrata in alcuni anni. Per
garantire un futuro più stabile e sostenibile, è fondamentale investire in
innovazione, sostenibilità e resilienza, promuovendo al contempo una
collaborazione più stretta tra gli attori del settore e le istituzioni. Solo
attraverso un approccio integrato sarà possibile affrontare con successo le
sfide del settore e sfruttarne le opportunità.
Pesca e acquicoltura in milioni di euro
|
Variazione assoluta |
Variazione percentuale |
|
2014 |
901,1 |
||
2015 |
1.018,20 |
117,10 |
13,00 |
2016 |
1.004,40 |
-13,80 |
-1,36 |
2017 |
918,9 |
-85,50 |
-8,51 |
2018 |
929,9 |
11,00 |
1,20 |
2019 |
810,8 |
-119,10 |
-12,81 |
2020 |
660,6 |
-150,20 |
-18,52 |
2021 |
749,2 |
88,60 |
13,41 |
2022 |
621 |
-128,20 |
-17,11 |
2014-2022 |
-280,10 |
68,92 |
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