sabato 4 gennaio 2025

Il valore aggiunto delle imprese multinazionali estere nelle regioni italiane

 

Lazio, Sicilia e Toscana hanno un valore aggiunto per stabilimento superiore a corrispondente livello della Lombardia

L’Istat calcola il valore aggiunto delle imprese multinazionali nelle regioni italiane. Il valore aggiunto è definito come l’incremento di valore che l’attività dell’impresa apporta al valore dei beni e servizi ricevuti da altre aziende mediante l’impiego dei propri fattori produttivi (il lavoro, il capitale e l’attività imprenditoriale). Tale aggregato è ottenuto sottraendo dal totale dei ricavi l’ammontare dei costi: i primi contengono il valore del fatturato lordo, le variazioni delle giacenze di prodotti finiti, semilavorati e in corso di lavorazione, gli incrementi delle immobilizzazioni per lavori interni e i ricavi accessori di gestione; i secondi comprendono i costi per acquisti lordi, per servizi vari e per godimento di servizi di terzi, le variazioni delle rimanenze di materie e di merci acquistate senza trasformazione e gli oneri diversi di gestione. I dati fanno riferimento al 2022.

 

Valore aggiunto delle imprese multinazionali estere nelle regioni italiane nel 2022. I dati relativi al valore aggiunto per addetto e altri indicatori economici nelle regioni italiane mostrano notevoli differenze tra Nord, Centro, Sud e Isole, riflettendo le disuguaglianze strutturali e produttive del Paese.  La regione con il valore aggiunto per addetto più elevato è la Sicilia, con 161.588,13 €, seguita dalla Toscana (129.821,45 €) e dal Lazio (127.417,90 €). Questo dato sorprendente per la Sicilia potrebbe riflettere specificità settoriali o una bassa intensità occupazionale rispetto alla produttività in settori chiave. Tuttavia, nel caso del Lazio e della Toscana, è probabile che il risultato sia influenzato dall'elevata presenza di servizi avanzati e amministrazioni centrali. Al contrario, regioni come la Liguria (56.852,11 €) e la Sardegna (62.129,44 €) si collocano agli ultimi posti, indicando una produttività più contenuta o una minore presenza di settori ad alto valore aggiunto. Il Lazio guida anche per valore aggiunto per unità produttiva con 4.331.146,58 €, a dimostrazione dell’alta efficienza delle sue imprese, probabilmente grazie a grandi organizzazioni e attività centralizzate nella capitale. Al secondo posto troviamo la Toscana con 3.490.922,81 €, seguita dalla Sicilia con 3.413.248,24 €, che mantiene il suo risultato notevole per unità produttiva. La Valle d'Aosta chiude la classifica con 829.304,93 €, una cifra molto più bassa che evidenzia un tessuto produttivo più piccolo e meno competitivo. Il rapporto tra valore aggiunto e costo del lavoro, che misura l'efficienza economica delle imprese, vede primeggiare la Sicilia con un impressionante 356,10%, seguita dalla Calabria con 271,98%. Questi valori indicano che in queste regioni il costo del lavoro è molto contenuto rispetto al valore generato, il che potrebbe essere attribuibile alla presenza di settori ad alta produttività con bassi costi operativi. Al contrario, la Liguria registra il rapporto più basso con solo 123,82%, suggerendo difficoltà a generare valore rispetto ai costi del lavoro. La maggior parte delle regioni del Nord, come la Lombardia, il Veneto e l'Emilia-Romagna, si attesta intorno al 170-175%, valori che denotano una buona efficienza economica ma non ai livelli delle regioni del Sud e delle Isole. La Lombardia domina il totale del valore aggiunto con 65,47 miliardi di euro, grazie alla sua dimensione economica e al suo ruolo come polo produttivo e finanziario. Seguono il Lazio con 21,63 miliardi di euro e il Piemonte con 15,09 miliardi di euro, che confermano la rilevanza economica del Nord-Ovest. Tuttavia, le regioni meno popolose, come la Valle d’Aosta e il Molise, riportano valori significativamente più bassi, rispettivamente 184,93 milioni di euro e 351,73 milioni di euro, che riflettono un tessuto produttivo limitato e una minore attrattività economica. Questi dati evidenziano una netta polarizzazione economica in Italia. Le regioni del Nord, come la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna, mostrano solidità nei parametri economici, grazie alla loro struttura industriale e alla presenza di grandi aziende e settori innovativi. Il Lazio si distingue per il valore aggiunto per unità produttiva, trainato dalla capitale e dai servizi avanzati. Tuttavia, alcune regioni del Sud e delle Isole, come la Sicilia e la Calabria, registrano rapporti valore aggiunto/costo del lavoro eccezionalmente alti, segno che in alcuni casi esistono nicchie produttive molto efficienti.  Nonostante questi risultati positivi per alcune regioni del Mezzogiorno, le differenze di valore aggiunto totale e per addetto rispetto al Nord evidenziano un divario strutturale che limita lo sviluppo equilibrato del Paese. Politiche mirate a incentivare investimenti produttivi e migliorare l’efficienza economica nelle regioni meno competitive potrebbero contribuire a ridurre queste disuguaglianze.

 

Regioni

Valore Aggiunto per Addetto

Valore aggiunto per unità produttiva

Valore aggiunto/Costo del lavoro*100

Valore Aggiunto

Lombardia

116.923,37 €

3.376.582,03 €

173,28

65.468.549.000,00 €

Lazio

127.417,90 €

4.331.146,58 €

199,83

21.629.746.000,00 €

Piemonte

82.422,37 €

2.656.295,42 €

153,64

15.087.758.000,00 €

Veneto

88.946,96 €

2.555.337,03 €

172,99

14.276.668.000,00 €

Emilia-Romagna

96.543,83 €

3.021.106,09 €

174,09

14.096.481.000,00 €

Toscana

129.821,45 €

3.490.922,81 €

238,28

12.302.012.000,00 €

Sicilia

161.588,13 €

3.413.248,24 €

356,10

5.321.254.000,00 €

Campania

85.454,84 €

2.603.081,91 €

179,07

4.576.218.000,00 €

Trentino-Alto Adige

121.957,31 €

2.176.524,56 €

226,71

3.589.089.000,00 €

Friuli-Venezia Giulia

81.766,65 €

2.155.234,24 €

171,12

3.247.938.000,00 €

Liguria

56.852,11 €

1.976.085,17 €

123,82

3.132.095.000,00 €

Puglia

66.106,88 €

1.873.579,55 €

160,78

2.932.152.000,00 €

Abruzzo

71.408,56 €

2.428.385,66 €

154,65

2.506.094.000,00 €

Marche

67.469,34 €

1.529.447,92 €

152,42

1.761.924.000,00 €

Sardegna

62.129,44 €

1.128.685,83 €

155,05

1.099.340.000,00 €

Umbria

69.606,86 €

1.523.244,08 €

164,57

836.261.000,00 €

Basilicata

71.407,34 €

3.393.322,03 €

181,12

800.824.000,00 €

Calabria

102.168,59 €

1.424.886,26 €

271,98

601.302.000,00 €

Molise

77.646,16 €

1.987.197,74 €

169,18

351.734.000,00 €

Valle d'Aosta

71.649,41 €

829.304,93 €

167,21

184.935.000,00 €

 

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il metodo di Elbow. Vengono individuati i seguenti clusters:

·         Cluster 0: Regioni con valori bassi: Le regioni appartenenti al Cluster 0, come Sardegna, Umbria, Basilicata e Marche, sono caratterizzate da valori bassi sia per il valore aggiunto per addetto sia per il valore aggiunto per unità produttiva. Questo indica una struttura economica meno sviluppata, spesso legata a un tessuto produttivo frammentato o a settori economici meno competitivi sul piano nazionale e internazionale. La Sardegna, ad esempio, si confronta con la difficoltà di superare il limite geografico legato all’insularità, che incide negativamente sui costi logistici e sull'attrattività per gli investitori. La Basilicata, invece, pur avendo registrato progressi grazie ad alcuni investimenti industriali (come l'automotive), rimane nel gruppo delle regioni meno sviluppate a causa della dipendenza da pochi settori e dalla scarsa diversificazione economica. Umbria e Marche riflettono economie di scala ridotte, con una prevalenza di piccole e medie imprese che, pur costituendo il cuore del tessuto produttivo locale, faticano a competere in termini di produttività ed efficienza con regioni più avanzate. Queste regioni spesso si confrontano con sfide sistemiche, tra cui una minore capacità di attrarre investimenti esteri, infrastrutture inadeguate e un capitale umano meno specializzato. Interventi mirati, come il rafforzamento delle infrastrutture logistiche, incentivi alla formazione e politiche per la digitalizzazione delle imprese, potrebbero aiutare a migliorare il posizionamento di queste regioni nel panorama nazionale.

 



·         Cluster 1: Regioni con valori medi: Il Cluster 1 rappresenta una fascia intermedia che comprende regioni con valori medi per il valore aggiunto per addetto e per unità produttiva. Queste regioni mostrano un tessuto produttivo bilanciato, che beneficia di una buona combinazione tra settori tradizionali e moderni, ma non eccelle particolarmente in nessuna delle due direzioni. Le regioni di questo gruppo sono spesso caratterizzate da economie regionali che riescono a sostenere livelli adeguati di occupazione e produttività, ma che mancano di una spinta innovativa sufficiente per competere con le aree più sviluppate. Le regioni del Cluster 1 potrebbero trarre vantaggio da politiche di innovazione e crescita settoriale, puntando a modernizzare i loro sistemi produttivi e migliorare la competitività delle imprese. Ad esempio, favorire l'internazionalizzazione delle imprese e incentivare investimenti in ricerca e sviluppo potrebbe aiutare queste regioni a colmare il divario con quelle del Cluster 2.

·         Cluster 2: Regioni con valori elevati: Il Cluster 2 include regioni come Lombardia, Lazio e Toscana, che si distinguono per valori elevati in entrambi gli indicatori analizzati. La Lombardia, con il suo ruolo di polo economico del Paese, guida questo gruppo, trainata da settori come finanza, manifattura avanzata e servizi tecnologici. Il Lazio, con la presenza della capitale, beneficia dell'alta concentrazione di amministrazioni centrali, aziende multinazionali e istituzioni di ricerca. La Toscana, pur essendo una regione più piccola, ha sviluppato una forte capacità produttiva, supportata da settori di nicchia come il lusso, l'industria farmaceutica e il turismo di alta qualità. Queste regioni condividono alcune caratteristiche comuni, come un’infrastruttura moderna, un capitale umano altamente specializzato e la capacità di attrarre investimenti esteri significativi. Inoltre, la diversificazione economica è un altro punto di forza, poiché riduce la dipendenza da un singolo settore e aumenta la resilienza economica. Le politiche regionali in queste aree si concentrano spesso sull'innovazione tecnologica e sulla sostenibilità, cercando di mantenere un vantaggio competitivo nel lungo termine.

La suddivisione delle regioni in tre cluster evidenzia chiaramente la polarizzazione economica del Paese. Mentre le regioni del Cluster 2 rappresentano l’eccellenza in termini di produttività e valore aggiunto, quelle del Cluster 0 mostrano la necessità di interventi strutturali per superare gap storici e infrastrutturali. Le regioni del Cluster 1, invece, sono in una posizione di transizione, con il potenziale per progredire verso livelli più alti di produttività ed efficienza. Una strategia nazionale ben coordinata, che combini investimenti mirati e politiche di sviluppo regionale, potrebbe contribuire a colmare le disparità e a favorire uno sviluppo equilibrato in tutto il Paese.



Fonte: ISTAT

Link: www.istat.it

 

 

 

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