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Famiglie Italiane e Lavoro Domestico: Tra Crisi Economiche e Cambiamenti Sociali

 

L’analisi del valore aggiunto a prezzi concatenati nel settore delle attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro per personale domestico, nonché della produzione di beni e servizi indifferenziati per uso proprio da parte delle famiglie, rivela un quadro di costante declino nel periodo 2014-2023. Questo settore, che comprende servizi essenziali come assistenza domestica, cura della persona, pulizie, babysitting e altre attività di supporto alla vita familiare, ha subito un calo significativo di 2.599,3 milioni di euro, corrispondente a una contrazione del 14,49% rispetto ai valori registrati nel 2014. Le dinamiche osservate riflettono non solo l’impatto di fattori macroeconomici, come crisi economiche e cambiamenti nei modelli di consumo, ma anche le trasformazioni sociali e demografiche che hanno influenzato la domanda di tali servizi.

Nel 2014, il valore aggiunto del settore si attestava a 17,943 miliardi di euro, segnando il punto di partenza di un decennio caratterizzato da oscillazioni e tendenze decrescenti. Nel 2015 si è registrato un lieve incremento dello 0,61%, con un aumento di 109,7 milioni di euro. Questo modesto progresso potrebbe essere attribuito a una leggera ripresa economica e a una maggiore stabilità occupazionale, che ha consentito a più famiglie di avvalersi di servizi di assistenza domestica. Tuttavia, già nel 2016 si osserva una significativa contrazione di 361,8 milioni di euro (-2%), che segna l’inizio di una tendenza negativa. La riduzione della domanda potrebbe essere stata influenzata da una crescente attenzione delle famiglie al contenimento dei costi e dalla diffusione di soluzioni alternative, come servizi di assistenza a chiamata o forme di auto-organizzazione comunitaria.

Negli anni successivi, il calo del valore aggiunto si è confermato, con una riduzione di 160,5 milioni di euro nel 2017 (-0,91%) e di ulteriori 132,2 milioni di euro nel 2018 (-0,75%). Questi dati suggeriscono un cambiamento strutturale nella domanda di servizi domestici, forse legato a una progressiva riduzione del reddito disponibile delle famiglie e a una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, con un impatto sulla disponibilità di tempo per la gestione delle attività domestiche. Il 2019 ha visto un'ulteriore flessione di 287,6 milioni di euro (-1,65%), probabilmente influenzata dalla crescente precarizzazione del lavoro e dall’adozione di strategie di risparmio da parte delle famiglie, sempre più orientate verso soluzioni fai-da-te o verso il ricorso a servizi non regolarizzati.

Il 2020 ha rappresentato un anno di svolta negativa, con una drastica riduzione del valore aggiunto pari a 1.030 milioni di euro (-6,02%). L’impatto della pandemia di COVID-19 è stato devastante per il settore: le misure di confinamento e il timore del contagio hanno ridotto drasticamente la domanda di servizi domestici, poiché molte famiglie hanno deciso di limitare l’accesso di personale esterno nelle proprie abitazioni. Inoltre, la crisi economica indotta dalla pandemia ha comportato una perdita di reddito per molte famiglie, che si sono viste costrette a ridurre le spese non essenziali, tra cui l’impiego di personale domestico. Non va trascurato l’effetto del lavoro da remoto, che ha consentito a molti di occuparsi direttamente delle attività domestiche, riducendo la necessità di ricorrere a supporti esterni.

Il 2021 ha segnato una parziale ripresa, con un aumento del valore aggiunto di 690 milioni di euro (+4,29%). La progressiva riapertura delle attività economiche e il ritorno alla normalità hanno favorito una ripresa della domanda di servizi domestici, anche se non ai livelli pre-pandemia. Le famiglie hanno cercato di ristabilire gli equilibri domestici con il ritorno al lavoro in presenza e il riavvio delle attività sociali, determinando una moderata crescita del settore. Tuttavia, il rimbalzo registrato nel 2021 non è stato sufficiente a compensare le perdite subite nel 2020, indicando una ripresa parziale e non strutturale.

Il 2022 ha visto una nuova contrazione del settore, con una perdita di 1.052 milioni di euro (-6,27%). Questo calo può essere attribuito a diversi fattori, tra cui l’aumento dell’inflazione, che ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie, costringendole a ridurre le spese non strettamente necessarie. Inoltre, le incertezze legate alla crisi energetica e all’aumento dei tassi di interesse hanno ulteriormente accentuato la tendenza al risparmio. A ciò si aggiunge la crescente diffusione di servizi tecnologici, come le piattaforme digitali di prenotazione per servizi domestici, che hanno reso il mercato più competitivo e flessibile, ma hanno anche spinto verso una riduzione dei costi e, di conseguenza, del valore aggiunto generato dal settore.

Nel 2023, il trend negativo è proseguito, con una contrazione di 374,9 milioni di euro (-2,38%), portando il valore complessivo a 15,344 miliardi di euro, il livello più basso dell’intero periodo considerato. La riduzione della domanda di servizi domestici potrebbe essere ulteriormente aggravata dalle difficoltà economiche che continuano a colpire le famiglie italiane, alle prese con la crescente inflazione e l’incertezza economica. Inoltre, la preferenza per soluzioni più flessibili e l’adozione di nuovi modelli di gestione domestica, come il ricorso a dispositivi di automazione domestica (robot aspirapolvere, lavatrici intelligenti, ecc.), potrebbero aver contribuito alla riduzione della domanda di lavoro domestico tradizionale.

L’analisi complessiva del periodo 2014-2023 mostra un settore in declino strutturale, influenzato da numerosi fattori, tra cui l’evoluzione demografica, le trasformazioni sociali, le crisi economiche e la rivoluzione tecnologica. La crescente diffusione di nuove forme di lavoro domestico, come il lavoro occasionale e le piattaforme digitali, ha reso il settore più dinamico, ma ha anche contribuito a una frammentazione dell’offerta e a una maggiore pressione sui prezzi. Le implicazioni industriali di questo declino sono significative, poiché il settore impiega una forza lavoro ampia, spesso composta da lavoratori a basso reddito e con contratti precari. La contrazione della domanda ha avuto un impatto diretto sull’occupazione, con un possibile aumento del lavoro irregolare e una minore tutela per i lavoratori del settore.

In termini di prospettive future, il settore delle attività domestiche potrebbe beneficiare di politiche di sostegno alle famiglie, come incentivi fiscali per l’assunzione regolare di personale domestico o programmi di welfare che facilitino l’accesso a servizi di assistenza per le fasce più vulnerabili della popolazione. Inoltre, la crescente attenzione verso la conciliazione tra vita lavorativa e familiare potrebbe rappresentare un’opportunità per rilanciare la domanda di servizi domestici, a condizione che vengano sviluppate soluzioni innovative e accessibili.

In conclusione, il settore delle attività di famiglie e convivenze ha affrontato un decennio difficile, caratterizzato da un declino significativo del valore aggiunto. Le sfide future richiederanno un approccio strategico che combini innovazione, politiche di supporto e una maggiore regolamentazione per garantire la sostenibilità e la qualità dei servizi offerti.

Fonte: ISTAT

Link: www.istat.it

Metodo: Prezzi concatenate 2020




Valore aggiunto a prezzi concatenati 2020 Attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro per personale domestico, produzione di beni e servizi indifferenziati per uso proprio da parte di famiglie e convivenze 

Miliardi di euro

Variazione Assoluta

Variazione Percentuale

2014

17.943,50

2015

18.053,20

109,7

0,61

2016

17.691,40

-361,8

-2

2017

17.530,90

-160,5

-0,91

2018

17.398,70

-132,2

-0,75

2019

17.111,10

-287,6

-1,65

2020

16.081,10

-1.030,00

-6,02

2021

16.771,10

690

4,29

2022

15.719,10

-1.052,00

-6,27

2023

15.344,20

-374,9

-2,38

2014-2023

-2.599,30

-14,49

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