Sembra
non avere nessun impatto nella scelta di localizzazione
L’Istat calcola il valore del costo del lavoro
nelle imprese multinazionali aventi sedi nelle regioni italiane. Il costo del
lavoro comprende tutte le voci che costituiscono la retribuzione lorda del
personale dipendente (dirigenti, quadri, impiegati, operai, commessi,
apprendisti e lavoranti a domicilio): paga base, indennità di contingenza e
altre indennità similari per la parte non conglobata, interessenze, lavoro
straordinario, compensi per ferie e festività, gratifiche natalizie, mensilità oltre
la dodicesima e altre analoghe erogazioni e corresponsioni in natura. Sono
inoltre incluse le spese per contributi sociali al netto di eventuali
fiscalizzazioni, le provvidenze varie, le quote accantonate nell’esercizio per
provvedere alla successiva corresponsione delle indennità di fine rapporto
lavoro e le spese sociali varie (nidi di infanzia, colonie marine e montane,
ecc.). I dati fanno riferimento al 2022.
Andamento
del costo del lavoro nelle impese multinazionali estere nel 2022. I dati
relativi al costo del lavoro nelle imprese multinazionali estere in Italia nel
2022 offrono una visione approfondita delle differenze regionali nella
distribuzione degli investimenti e dei costi legati alla forza lavoro.
Analizzando i tre principali indicatori – costo del lavoro per addetto,
rapporto tra costo del lavoro e retribuzioni, e costo totale del lavoro –
emergono disparità significative tra le diverse aree del Paese, con il Nord
Italia che si distingue come area dominante rispetto al Sud e alle isole. Il
costo del lavoro per addetto rappresenta un indicatore chiave per comprendere
il livello di remunerazione e l’intensità di capitale delle imprese
multinazionali nelle varie regioni. In cima alla classifica troviamo la
Lombardia, con un valore medio per addetto pari a 67.477,82 euro, seguita dal
Lazio con 63.763,07 euro e dal Piemonte con 53.646,20 euro. Questi valori
riflettono la presenza di una forza lavoro altamente qualificata e settori a
elevata produttività, come la finanza, la tecnologia e l’industria avanzata. La
Lombardia, in particolare, funge da polo economico centrale, attrattivo per le
imprese internazionali grazie a un ecosistema ben sviluppato e a infrastrutture
di livello mondiale. Tuttavia, i numeri più bassi si concentrano nelle regioni
del Sud Italia, con la Calabria che registra il valore più basso di 37.567,54
euro, seguita dalla Basilicata con 39.424,34 euro. Questo divario indica non
solo una diversa composizione settoriale, ma anche una minore capacità del
Meridione di attrarre multinazionali con posizioni ben retribuite. Un altro
aspetto rilevante è il rapporto tra costo del lavoro e retribuzioni, che misura
il peso delle spese indirette – come contributi sociali, tasse e altri oneri –
rispetto alle retribuzioni lorde. In questo caso, le regioni con i rapporti più
alti, come Basilicata (158,18%) e Molise (158,68%), mostrano un costo del
lavoro significativamente più gravoso rispetto agli stipendi diretti percepiti
dai lavoratori. Questo potrebbe essere attribuito a inefficienze nei sistemi
fiscali o a una struttura economica meno favorevole. Al contrario, regioni come
Liguria (131,54%) e Calabria (138,17%) hanno rapporti più contenuti, che
potrebbero riflettere una struttura dei costi più equilibrata o la presenza di
settori con una minore incidenza di oneri indiretti. Passando al costo totale
del lavoro, i dati evidenziano ancora una volta l’enorme concentrazione
economica nel Nord Italia. La Lombardia domina con un costo totale pari a 37,78
miliardi di euro, un valore che supera di gran lunga quello di tutte le altre
regioni. Il Lazio, al secondo posto, si attesta a 10,82 miliardi di euro,
mentre il Piemonte e il Veneto seguono rispettivamente con 9,82 e 8,25 miliardi
di euro. Questi numeri riflettono la densità di imprese multinazionali che
operano in queste regioni e la loro rilevanza economica per il Paese. In netto
contrasto, regioni come Valle d’Aosta (110,6 milioni di euro) e Molise (207,9
milioni di euro) hanno una presenza marginale, sottolineando una distribuzione disomogenea
degli investimenti e dell’attività economica. Le differenze tra Nord e Sud sono
evidenti e pongono questioni importanti per il futuro sviluppo economico del
Paese. Il Nord, con Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, si distingue
per una rete infrastrutturale avanzata, la prossimità ai mercati europei e una
forza lavoro qualificata, rendendolo il principale polo attrattivo per le
multinazionali estere. Al contrario, il Sud Italia fatica a competere, sia per
la minore presenza di infrastrutture adeguate che per una struttura economica
meno diversificata e meno orientata a settori ad alto valore aggiunto. Questo
divario perpetua le disparità economiche e sociali tra le due macro-aree del
Paese. Un aspetto da considerare è l’efficienza economica delle regioni, che
potrebbe essere misurata osservando il rapporto costo del lavoro/retribuzioni
in relazione al livello di produttività. Le regioni con un rapporto più basso
potrebbero indicare una maggiore efficienza nei costi indiretti o un’ottimizzazione
delle risorse, mentre un rapporto più elevato, come quello osservato in
Basilicata e Molise, potrebbe segnalare un peso eccessivo delle spese
indirette, che limita la competitività economica delle imprese. Tuttavia,
l’attrattività di regioni come Lombardia e Lazio potrebbe anche essere dovuta
alla specializzazione in settori ad alto valore aggiunto, come la finanza, la
tecnologia e la manifattura avanzata, che generano salari più alti e attirano
maggiori investimenti. Per affrontare queste disparità, il Sud Italia potrebbe
beneficiare di politiche mirate a migliorare l’attrattività per le imprese
multinazionali, come investimenti in infrastrutture, agevolazioni fiscali e
incentivi per la formazione di una forza lavoro qualificata. Queste misure non solo
aiuterebbero a ridurre il divario tra Nord e Sud, ma potrebbero anche
promuovere una maggiore equità economica e sociale a livello nazionale. In
sintesi, i dati mostrano chiaramente un’Italia divisa, con un Nord fortemente
industrializzato e attrattivo per gli investimenti esteri, e un Sud che fatica
a tenere il passo. Le differenze nei costi del lavoro per addetto, nei rapporti
costo del lavoro/retribuzioni e nei costi totali evidenziano non solo la
diversa composizione economica delle regioni italiane, ma anche le opportunità
di sviluppo che potrebbero essere sfruttate per colmare il divario. Se
adeguatamente supportato da politiche mirate e investimenti strategici, il Sud
Italia potrebbe trasformarsi in una risorsa cruciale per il futuro economico del
Paese, contribuendo a un’economia più equilibrata e sostenibile.
Regioni |
Costo del lavoro/Addetti |
Costo del Lavoro/Retribuzioni*100 |
Costo del lavoro |
Lombardia |
67.477,82 € |
139,79 |
37.782.651.000,00 € |
Lazio |
63.763,07 € |
140,69 |
10.824.037.000,00 € |
Piemonte |
53.646,20 € |
144,26 |
9.820.151.000,00 € |
Veneto |
51.416,17 € |
139,36 |
8.252.706.000,00 € |
Emilia-Romagna |
55.457,81 € |
139,62 |
8.097.451.000,00 € |
Toscana |
54.483,40 € |
140,63 |
5.162.901.000,00 € |
Campania |
47.722,02 € |
145,75 |
2.555.562.000,00 € |
Liguria |
45.913,58 € |
131,54 |
2.529.471.000,00 € |
Friuli-Venezia Giulia |
47.783,87 € |
139,93 |
1.898.071.000,00 € |
Puglia |
41.117,03 € |
142,05 |
1.823.746.000,00 € |
Abruzzo |
46.173,53 € |
146,73 |
1.620.460.000,00 € |
Trentino-Alto Adige |
53.793,88 € |
138,77 |
1.583.100.000,00 € |
Sicilia |
45.376,82 € |
136,88 |
1.494.304.000,00 € |
Marche |
44.267,06 € |
139,54 |
1.155.990.000,00 € |
Sardegna |
40.071,72 € |
138,4 |
709.029.000,00 € |
Umbria |
42.295,99 € |
139,42 |
508.144.000,00 € |
Basilicata |
39.424,34 € |
158,18 |
442.144.000,00 € |
Calabria |
37.567,54 € |
138,17 |
221.085.000,00 € |
Molise |
45.894,04 € |
158,68 |
207.900.000,00 € |
Valle d'Aosta |
42.852,77 € |
140,78 |
110.603.000,00 € |
Clusterizzazione
con algoritmo k-Means ottimizzato con il metodo di Elbow. La clusterizzazione delle
regioni italiane in quattro gruppi ha prodotto i seguenti risultati. Il Cluster
0 comprende le regioni Lazio, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e
Toscana, caratterizzate da un costo del lavoro per addetto e un costo totale
del lavoro medio-alto, rappresentative delle aree economicamente forti ma non
al livello della Lombardia. Il Cluster 1 è formato unicamente
dalla Lombardia, che si distingue nettamente dalle altre regioni per il costo
totale del lavoro estremamente elevato e il costo del lavoro per addetto più
alto. Il Cluster 2 include regioni del Sud e delle Isole come
Campania, Sicilia, Puglia, Sardegna, Calabria, Basilicata e Molise,
caratterizzate da valori bassi sia per il costo del lavoro per addetto che per
il costo totale del lavoro, riflettendo economie meno sviluppate o con minore
attrattività per le multinazionali. Infine, il Cluster 3
raggruppa le regioni Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Abruzzo,
Trentino-Alto Adige, Umbria e Valle d’Aosta, che presentano valori medi o
medio-bassi nei parametri analizzati, collocandosi in una fascia intermedia tra
le regioni del Nord più forti e quelle del Sud.
Fonte: ISTAT
Link: www.istat.it
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